Andrea
Giulio continua a parlarmi da quando, in silenzio, tutti, ci siamo avvicinati alle jeep. I ricordi mi sbattono addosso, fanno a cozzi nel mio stomaco. La nausea sale. Il respiro si accorcia e lo stomaco si chiude.
Come ho fatto a non accorgermi che lei è la bimba con cui Giulio è cresciuto?
E' veramente passato così tanto tempo dal mio allontanamento?«Possiamo passare da Nando? Devo farmi cambiare il turno.»
Il mio sguardo si sposta su Ginevra. Annuisco e in pochi minuti siamo davanti al bar. Entriamo tutti e tre. Chissà cosa deve passare per la mente di Nando quando ci vede. Le grandi mani e il viso corrucciato non hanno tradito emozione. Ginevra gli ha fatto cenno di seguirla nel ripostiglio retro e per cinque minuti il solito silenzio ci ha avvolto.
«Nando ci fai tre caffè?» ha sospirato stanca Ginevra rientrando nel locale. Accavallando le gambe nello sgabello parte del vestito le è scivolato lungo la gamba ed il mio sguardo le si è incollato addosso.
«Quindi Nando lasci libera la mia Ginevra o devo combattere per lei?» Giulio ha sfoderato un sorriso a tutta faccia.
«Lascia stare ragazzino, ho barattato, come mio solito.» la voce roca di Nando mi ha ridestato dai pensieri. Il caffè nero davanti a me e le risate dei due sulle orecchie.
Poco dopo ci siamo lasciati dietro il bar. Siamo entrati silenziosi in macchina. Ginevra al mio fianco, Giulio dietro.
In uno scatto involontario, sperando di spegnere i pensieri, ho acceso la radio. Sento le loro chiacchiere soffuse e mi stupisco di quanto lei sappia ridere bene.
«Perché la chiami radice?» dico a Giulio guardandolo dallo specchietto.
Vedo Ginevra irrigidirsi.
«E' un soprannome.» scrolla le spalle Giulio.
«Vorrei essere una radice. Trovano sempre la forza di venire fuori dal buio. Scavano, scavano, e riescono a distruggere anche il marciapiede più duro.» risponde in un soffio Ginevra alla mia destra.
«E' una teoria interessante,» dico toccandomi la barba, «anche se molte radici e pochissime altre lottano per venire in superficie.»
«Infatti lei è una radice di un pino.» ride Giulio e lei si gira per fargli la linguaccia. Penso che sia così diversa, così tranquilla con chi conosce.
Mi giro un secondo. I nostri sguardi si toccano piano. Leggo timore, terrore. Me ne dispiaccio. Non volevo farle avere paura di me, ma lasciarle addosso un bel ricordo. Nella tasca della mia giacca i suoi biglietti, non ancora letti, bruciano.
Quando scendo dall'auto e tocco finalmente la terra ferma, tutto inizia nuovamente a girare nel verso giusto. Il profumo del lago mi calma. Le onde leggere toccano la riva, il vento che accarezza e la luna che spia. Apro la porta di casa e lascio che loro entrino per primi.
Giulio ci abbandona quasi subito per la cucina.
Rimango nel soggiorno ad osservare Ginevra, in silenzio, che a sua volta osserva la mia vita. Non fiata.
«Sai a volte ho pensato che non ci fossimo mai incontrati. Che mi ero sognata tutto. Quindi ho cercato di distruggere in ogni modo le prove della tua esistenza, ma dentro di me, hai continuato ad esistere.» rimane girata verso la libreria. «Vuoi sapere cosa penso?»
Rimane in mezzo al soggiorno in attesa di un mio segno.
«Si, certo.»
«Non hai avuto il coraggio di ammettere che ci siamo piaciuti ma non ci siamo tenuti.»
La sua franchezza mi spiazza. E la paura che Giulio sia solo ad un corridoio di distanza mi terrorizza.
«Ginevra è molto più complicato di così.»
«Ma tu in tutto questo tempo te lo sei domandato perché non abbiamo mai approfondito? I rapporti umani se voluti nascono. Invece io e te ci siamo impegnati nel tenerci e schivarci costantemente. Cazzo non è normale.»
Si toglie il chiodo e lo appoggia sul divano. Rimane in piedi di fronte a me. E' bellissima con questo abito azzurro.
«E questa situazione mi sta togliendo il fiato, perché quello di là è il mio migliore amico, quello che per prima mi ha messa in guardia. E tu, tu, sei suo fratello.»
Continuo a guardarla e a lasciarmi investire. Lei si chiude con le braccia pronte a darle forza.
Con lentezza tolgo la giacca, la appendo e tornando verso di lei sfilo i suoi biglietti dalla tasca del pantalone. Li tengo in bilico tra due dita verso di lei che li prende e li nasconde dentro il pugno della mano.
«Ed è per questo che io non li posso proprio leggere straniera.» sussurro vicino al suo orecchio. Prendo le scale e vado dritto in camera mia.
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Ginevra
ContoQuesta non è una storia d'amore. Questa è una storia di indecisione eterna. Questa è una storia nata e conclusa. Confusionaria e breve. Non abbiate molte speranze. La bellezza di Ginevra, Andrea, l'ha percepita nei suoi occhi. Vacui, spenti, vuoti...