Ginevra
Quando Giulio è triste canta e non smette, nemmeno per dire una cosa importante. Ed è quello che sta facendo adesso dopo che suo fratello è uscito da questa stanza. Canta, non si ferma, si gira, mi sorride e continua di nuovo. Evita il mio sguardo. Evita le mie domande silenziose. Pulisce, sparecchia, beve, lava i piatti, canta e beve di nuovo. Abbiamo passato troppo tempo insieme per non sapere che lo fa quando qualcosa gli si agita dentro. I sorrisi finti, quelli di Giulio, li conosco bene. Beve quando è nervoso, canta quando è triste. E l'accoppiata non è mai positiva. Lo vedo nei suoi occhi che stasera non sa come sentirsi. Si avvicina mentre sto scrutando di nuovo le foto appese alla parete in cucina. Possibile che io non mi sia mai accorta di Andrea durante questa vita passata insieme? Effettivamente è tanto più grande di noi. E poi, questa ragazza nelle foto chi è?
«Non mi sono mai accorta di tuo fratello. Non ne ho un ricordo tangibile.»
«Se ne è andato presto da casa.»
«E non è mai tornato?»
Lui si gira verso di me, smettendo di trafficare e mi punta gli occhi addosso. Spigoli terrificanti sostituiscono il suo sguardo.
«Vuoi sapere altro radice?»
Dondolo sui piedi e mi giro verso la foto. Giulio ha capito dove voglio far defluire le chiacchiere ma non sembra disposto a cedere.
«Lei è la moglie di Andrea.»
«E dov'è adesso?»
«Non c'è.»
Questa rivelazione mi toglie il fiato. Per tutto ciò che non è stato ma poteva accadere. Nessuno ha mai menzionato una moglie. Ricordi sbiaditi si affacciano nella mia testa. Giulio che ogni estate va via due settimane, la città di Londra nei suoi racconti.
«Parlavi sempre di lei quando rientravi da Londra.»
«Si, parlavo di Maddalena.»
«Mi sento così stupida...» soffio fuori.
«Stupida per cosa?» chiede curioso.
«Ero gelosa del tuo tempo con questa sconosciuta che non ero io.» il mio sguardo si appunta sugli spigoli profondi del suo viso.
Alexa continua la sua play list sdolcinata, ed «Anche fragile» riempie la stanza. Giulio, felino, si avvicina e mi abbraccia, inizia a muoversi, a dondolare a tempo di musica.
«Io un confine non lo so vedere sai che non mi piace dare un limite, un nome alle cose lo trovi pericoloso e non sai come prendermi, mi dici ma non so se ti credo" sussurra al mio orecchio.
Il cuore inizia a martellarmi potente nel petto e lui con la cassa toracica premuta sulla mia schiena deve sentirlo, ha uno sguardo strano addosso, diverso da quello che conosco. Mi giro, metto una mano sul suo petto per allontanarlo e guardarlo bene negli occhi.
«Che c'è Giulio?»
«Questa casa mi mette addosso nostalgia per le cose senza coraggio.»
«Che vuoi dire?»
«Ho voglia di baciarti Ginevra, ma domani mattina mi odierai per averlo fatto. Per aver valicato un confine che rimarrà sempre qui, tra te e me.»
Lo dice avvicinandosi ancora più a me.
«Ho sempre voglia di baciarti, lo sento al centro del petto la voglia che nasce, tenta di farsi strada e non trova via di fuga. Di questo parlavo con Maddalena. Sempre e solo di te. E solo con lei.»
Mi gira, mette l'indice sul mio zigomo, segue i lineamenti della confusione che nasce sul mio viso. Rimango ferma, ammutolita, inquietata da questa confessione. Non per la paura che lo faccia ma per la sfrontatezza del suo essere.
Lui si allontana, mi guarda di nuovo, tutta. Mi sento nuda. Poi in silenzio sale al piano superiore.
«Giulio...» riesco a malapena a dire. Lui scuote la testa e lascia tutte le parole non dette in sospeso tra noi.
Le lacrime invadono i miei occhi. Mi allontano dalla cucina, prendo il chiodo e vado all'esterno. Aria fredda mi pizzica la pelle. Mi avvicino al lago e mi accovaccio per calmarmi tutta.
In silenzio, con il respiro pesante e gli occhi impauriti. Tiro fuori le sigarette, lascio che quel male entri dentro e calmi il sangue impazzito.
E' in quel momento che lo sento. Passo, dopo passo raggiungermi, mettersi seduto di fianco a me ed aspettare.
Andrea.
Non so quanto tempo passa. Il tempo è relativo quando cerchi di raccattare un respiro e di tornare lucida. Lui è ancora qui, si è messo a sedere, come la prima volta che ci siamo conosciuti.
Tenta di farsi strada tra i miei pensieri ma glielo impedisco.
«Che è successo?»
Faccio segno con la mano di chiudere la bocca.
La luna si riflette sul lago silenzioso, non fosse per la situazione e la compagnia, sarebbe un bel posto in cui ritrovarsi a riflettere.
«Cosa ti fa pensare che io voglia condividere con te ciò che mi succede?»
Lo sguardo stupito mi fa credere di averlo colpito. Ma la sua espressione muta così veloce che non vi è più traccia di sorpresa.
«Al momento qui ci sono io. E se vuoi posso limitarmi ad ascoltare.»
«Limitati al silenzio.»
«Ginevra...»
Sposto lo sguardo su di lui.
«Ginevra un cazzo Andrea.» La prima volta che pronuncio il suo nome a voce alta è un pugno allo stomaco. Stupido stomaco.
«Non so se sono più sconvolta dalla rivelazione di Giulio sui suoi sentimenti o sul fatto che tu abbia una moglie e abbia giocato per un anno con me.»
Vedo il suo sguardo allargarsi, inspirare dal naso e girare gli occhi verso il lago senza ribattere. Lo guardo di sottecchi, è veramente tanto che siamo seduti qui, eppure non accenna ad andarsene, non accenna a parlare. Il suo sguardo punta all'infinito, senza focalizzarsi su nulla.
«Non voglio che sappia di noi.» pronuncio alzandomi. Si risveglia e pensa bene di puntare lo sguardo verso di me, infuocandomi dalle gote al collo. Andrea è un bellissimo uomo, silenzioso certo, tetro, a tratti inquietante, ma sono i suoi occhi a parlare per tutte le cose che non dice.
«E' mai esistito un noi?»
Mi provoca, lo guardo storta.
«Che significa?»
Il suo sguardo è inamovibile.
«Abbiamo preso il caffè, ci siamo praticamente parlati pochissimo, scambiati un bacio e un libretto universitario. Io adesso non so come funzioni, ma non credo che questo faccia di noi un noi.»
Non lascia il mio sguardo. E sono sicura che le stia vedendo, le lacrime, che vanno giù, prendono spazio e respiri, davanti a lui.
Allunga una mano, mi scanso.
«Sei una contraddizione continua, Andrea.»
Scuote la testa.
«Cosa sono per te un gioco?»
«Un bellissimo pericolo, qualcosa da cui scappare.» pronuncia a bassa voce.
Adesso, da ridere viene a me, mi guardo intorno e faccio marcia indietro attraverso gli alberi.
Stupido stomaco. Lo sento seguirmi.
Stupido stomaco. Lo sento avvicinarsi.
Mi prende una mano. Non mi giro. Mi dileguo e scappo lontano.
STAI LEGGENDO
Ginevra
Short StoryQuesta non è una storia d'amore. Questa è una storia di indecisione eterna. Questa è una storia nata e conclusa. Confusionaria e breve. Non abbiate molte speranze. La bellezza di Ginevra, Andrea, l'ha percepita nei suoi occhi. Vacui, spenti, vuoti...