7 - La prima cosa bella

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Ginevra

La mattina dopo mi alzo con occhi gonfi, luci scure trapelano dalle tende chiuse. Nando mi chiama per dirmi che non ha bisogno di me. Potrei pensare che mi abbia graziata per ciò che c'è scritto su quel foglio ancora appoggiato nel tavolo di legno della mia cucina.
Mi chino sulla mia piccola collezione d'oro sparsa sul pavimento, "la prima cosa bella" balza ai miei occhi. Lo inserisco e la casa prende improvvisamente vita.

A volte penso che se non ti avessi incontrato adesso non sentirei questa mancanza al centro del petto. Ma come diavolo è potuto succedere che io affidassi la mia tranquillità emotiva ad uno sconosciuto?

Perché è così semplice affidarsi a dei sconosciuti?

Se non avessi suonato quel pezzo e non mi fossi nascosta dietro quell'albero. Se non mi fossi presentata a quella stupida festa per Giulio. Ti ho visto osservarmi. Ho lasciato che i capelli scivolassero a coprire il viso. Sono scappata, per tornare a respirare. Il nostro primo incontro accovacciati è mai esistito?

Facciamo che tu non hai mai alzato lo sguardo, e hai illuminato il mio buio. Facciamo che i tuoi occhi non si sono piano piano allargati fino a vedermi. Facciamo che io non ti ho trovato interessante. Facciamo che non sono arrossita. Facciamo che non mi hai letto così bene come pensi di aver fatto. Facciamo che non ci siamo detti nulla. Che questo anno sia passato senza di noi.

«E se fossimo due persone giuste al momento sbagliato?» Lo hai detto con gli occhi appena ci siamo staccati e la paura ha invaso tutto. Non ci si dimentica dei baci non dati figuriamoci di quelle dati. Ho immaginato la tua voce accarezzare la Gi curvare dolcemente nella n e lasciare che la e morisse nella punta della lingua. Non ci sono mai state confidenze fra di noi tali da chiamarci noi. Eppure vibra il cuore, si scuote lo stomaco. Non ho mai avuto una vita in cui riconoscermi e a questo punto non so nulla della tua. Eppure sei finito qua in mezzo a sto casino che sono.

Lascio che i pensieri mi sfiniscano. Lascio che buttino giù le mie barriere. Cerco dentro di me risposte a domande che non ho il coraggio di farmi e riparto.

Ho controllato più volte che tu non arrivassi e quando l'ora si era fatta troppo tarda sono entrata da Nando trafilata. Ho consegnato un biglietto. La sua faccia contrariata non mi ha dato sicurezza. Eppure ha preso la busta, la sua bocca non ha proferito parola ma si è chiusa in una linea dura.

«Se si dovesse ripresentare consegnagliela, per favore.»

Facciamo che faccio finta che oggi non è il trentaquattresimo giorno dopo noi. Facciamo che non penso al fatto che tu non ci sia al nostro tavolino.

Poche parole a comporre una risposta.

La descrizione di questi attimi rimarrai sempre tu, senza me. Ginevra

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