Capitolo sei.

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Guidai con gli occhi lucidi fino a Beverly Hills e mi sembrò di rivivere quella notte in cui presi l'auto di Jorge dopo la nostra brutta litigata per andare all'aeroporto e non tornare più. La lasciai nel parcheggio del LAX.

Arrivai, in casa non c'era nessuno, decisi di fare una doccia calda per cercare di scacciare via i pensieri, ma tutto sembrava inutile. Continuavo ad avere quella visione nella testa che mi tormentava e non mi lasciava tranquilla.

Mia mamma mi disse che non sarebbe tornata per cena e stare da sola di certo non mi aiutava.

Parlai un po' al telefono con Simon e Alison che erano insieme a Central Park e mi raccontarono gli ultimi aggiornamenti della grande mela e poi decisi di scrivere a Sebastian. Lui in fondo era stato carino con me, perché avrei dovuto continuare ad ignorarlo? Non ne avevo motivo.

- spero che tu non sia di turno in caffetteria...ti va di fare un giro?
- è il mio giorno fortunato. Sono libero e Martina Stoessel mi invita ad uscire, non posso crederci. Tra venti minuti sono da te

Mi preparai di fretta. Indossai un pantalone cargo nero e un top bianco corto che lasciava la schiena scoperta. Raccolsi i capelli in una treccia lasciando qualche ciocca uscire morbida e aspettai Sebas sulla strada che fu super puntuale. Nel frattempo mi scrisse Camilla per uscire, ma le dissi che ero già occupata e lei iniziò a prendermi in giro.

Salita in auto, Sebastian mi salutò con un bacio sulla guancia e mi disse che mi avrebbe portato in un bel posto.

Arrivammo all' Osservatorio Griffith dove potevi cenare avendo tutta Los Angeles ai tuoi piedi. C'ero stata una sola volta  con mio padre poco prima del mio diploma, in una delle sue veloci visite.

"allora come vanno gli impegni?" mi chiese

"il lavoro procede molto bene. Il mondo del management qui a LA è una sicurezza e la compagnia che mi ha assunta è molto seria perciò sono soddisfatta" sorrisi

"in che zona hai lo studio?" io gli feci vedere direttamente le foto che lo lasciarono a bocca aperta

"tu invece che hai fatto dopo il liceo?" cercai di interessarmi a lui che mi spiegò di aver preso una laurea in letteratura americana che però non gli aveva offerto grandi prospettive se non fuori da LA e che però lui non voleva partire.

"ti ho sempre ammirata sai, a prescindere dai motivi per cui sei andata via, ma proprio perché ti sei allontanata...io non ce la farei. Sento che andandomene mi perderei tante, troppe cose"

"la mia è stata una scelta di petto, quasi forzata, altrimenti non lo avrei fatto"

"doveva essere diventato davvero qualcosa di insostenibile allora" concluse e io non risposi perché la cena stava arrivando a tavola e perché non volevo che tutti i nostri discorsi portassero a quello che era successo.

Mi chiese molte cose di New York, io gli raccontai degli amici, delle cose da vedere e da fare e la serata fu parecchio piacevole. Nonostante questo, però, continuavo a pensare di aver visto Lodovica e averla praticamente ignorata.

Pensare a quella mia reazione metteva in discussione le ragioni del mio ritorno, mi faceva sentire tremendamente sbagliata ancora una volta. La fuga, in tutte le sue sfaccettature, era diventata la mia arma di difesa.

"ti va di fare due passi prima di tornare?" attirò la mia attenzione. Io accettai e andammo in centro a camminare.

"e l'amore? l'hai trovato a NY?" pensai che fosse davvero strano a chiedermelo, ma in fondo non era così. Era una tipica domanda di uno a cui interessavo e che di certo non pensava al mio passato in quel momento.

Ma cosa avrei dovuto e potuto rispondergli?

Potevo forse dirgli che era una sfera della mia vita che non consideravo? Che era stato un periodo in cui i miei sentimenti stavano solo in silenzio?

Potevo forse dire che nonostante il male che mi aveva fatto io continuavo a volere solo le sue mani, i suoi occhi, le sue parole? Mi avrebbe preso per pazza. Sapevo che era tutto tremendamente sbagliato, ma era quello che sentivo e non potevo farci assolutamente niente.

Se solo lui non avesse rovinato tutto quella notte, probabilmente tante cose le avremmo superate insieme e ora non dovrei spiegare nulla a nessuno.

"mi sono concentrata sulla carriera" fu la prima cosa che mi venne in mente "e tu? come sta il tuo cuoricino?"

"ho avuto un paio di relazioni non andate a buon fine e ora sto bene così...insomma, non che non voglia nessuno" capii dove voleva arrivare "aspetto quella giusta"

Quello giusto.

Quante volte ripetevo a Ruggero queste parole per parlare di Jorge dopo il nostro primo incontro. Era stato il primo che mi aveva dato delle attenzioni speciali, il primo per cui il mio cuore aveva iniziato a battere sul serio.

Mi assentai dalla conversazione con Sebastian e lui se ne accorse.

"vuoi che ti riaccompagni?" mi chiese

"si grazie, sono un po' stanca"

Non disse altro, mi portò a casa e corsi a letto ringraziandolo. Non ero certamente stata di compagnia.

Non riuscivo a prendere sonno, controllai l'orario e chiamai Lizardo.

"Signorina, mi dica" rispose al telefono con voce assonnata

"ho bisogno di andare in un posto"

In men che non si dica arrivò alla mia porta per accompagnarmi al cimitero.

Avevo bisogno di quiete perché la mia testa faceva tanto, troppo rumore.
Avevo bisogno di silenzio e di un po' di tempo con il mio migliore amico.

Angolo autrice.
Ecco a voi la doppietta del giorno. Credo che questa storia sarà una delle più rapide mai scritte, ma sappiate che ci sono in cantiere anche tante altre cose.

Passate dalla mia amica Jortini033 perché se io ho deciso di farvi piangere, lei ha deciso di farvi sclerare con ogni capitolo. E jortini_esxiste e RossellaMallardo0 ormai lo sanno bene😂❤️

Il cuore non dimentica [Jortini]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora