Capitolo undici.

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Trovai David in cucina la mattina successiva e poco dopo scese anche mia mamma. Sarebbero partiti per il fine settimana e mi chiesero anche di andare con loro, ma non ne avevo voglia.

Sarebbe stato un weekend romantico e non mi andava certo di fare la terza incomoda con mia madre e il suo compagno. Mi imbarazzavo solo a pensarci.

"ieri sera sei rientrata tardi, abbiamo sentito il portone" mi disse David e mi si gelò il sangue nelle vene.

Mia madre non doveva sapere niente, non adesso.

Ancora non sapevo bene nemmeno io cosa fosse successo, non potevo permettermi che altra gente mettesse il naso nelle mie cose già fin troppo contorte.

"non avevo sonno e ho fatto due passi qui in giro" tagliai corto

"ad un certo punto mi è sembrato di sentire una voce...eri con qualcuno?" chiese lei.

"no, probabilmente te lo sei sognata" risi nervosamente per poi bere il mio caffè.

"sicura di non volere venire con noi?"
"si mamma, ho da fare qui e ho già detto a Cami che andrò da lei"

Era una bugia, ma qualcosa dovevo inventarmi. Dopo la colazione andai a prepararmi per andare a lavoro, provavo a non pensare a lui, ma dopo quel bacio tante cose si erano accesse di nuovo in me. Ero parecchio confusa, non sapevo se potevo fidarmi delle sue parole e dei suoi gesti.

Durante la giornata fui parecchio presa dai clienti e le ore passarono in fretta, la sera sarei uscita con Cami.

"che cosa mi stai dicendo?" iniziò ad urlare nel pub "l'hai rivisto?"

"Camilla si...io...ecco" non sapevo come spiegarmi senza essere giudicata o fraintesa.

"tu non sai cosa stai facendo, Martina. Sai che si dice che sia diventato pazzo? Che dopo di te non ha mai più toccato una ragazza? Che i genitori lo hanno cacciato di casa? Sai che si droga?" continuava ad elencare cose terribili che non facevano che ferirmi.

"anche Ruggero si drogava" lo dissi con una freddezza che impressionò anche me.

"e guarda che fine ha fatto" la sua risposta fece ancora più male "Martina, devi allontanarti da lui"

"ma..." non mi dava il tempo nemmeno di controbattere

"se lo scoprisse tua madre?" sospirò "cazzo, non mi ha raccomandato altro prima che tornassi"

"cosa? che ti ha detto?"

"di tenerti lontano da lui e da tutto quello che poteva riportarti a lui. Capisco il vostro amore da ragazzini, ma ora guarda la tua posizione e poi guarda la sua. Non puoi pensare che possiate stare bene insieme e che tutto torni come prima"

"Jorge ha bisogno di me"

"Jorge ha bisogno di disintossicarsi prima di morire come il vostro amico"

Non riuscii a rispondere a quella frase, feci un bel respiro e finii il mio panino con hamburger, bacon e maionese e lei buttò giù la sua birra.

"non volevo ferirti" provò ad accarezzarmi.

"sta tranquilla" strinsi i denti. E per la prima volta sentii che Cami non poteva capirmi. Probabilmente nessuno poteva farlo. E questo era stato uno dei motivi per cui quattro anni fa scappai.

Avevo paura che nessuno capisse le mie paure, i miei silenzi. Avevo paura, dopo il litigio con Jorge e la scomparsa di Ruggero, che nessuno riuscisse più a capire la mia necessità di contatto, i tanti baci, gli abbracci, le richieste di attenzioni e rassicurazioni.  "Quanto ti manco?" "Mi vuoi bene?" Quasi come un intercalare. Come fossero dei piccoli punti, dei piccoli salvataggi. Come quando modifichi il file, poi premi salva. Così io ogni tanto avevo bisogno di salvare, essere sicura che non si potesse tornare più indietro di quel salvataggio. Avere la sensazione che se fosse scoppiato il sistema, avrei avuto un'ultima versione alla quale appoggiami.

Il cuore non dimentica [Jortini]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora