Capitolo venticinque.

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Dopo aver passato i controlli e essere arrivata sulla pista per salire sul mio volo privato vidi Cristine aspettarmi sulla porta con un sorriso raggiante.

"finalmente la rivedo signorina Stoessel" alzai gli occhi al cielo

"Martina, ti ho detto di chiamarmi Martina" la abbracciai e presi posto.

"dovremmo riuscire a decollare tra una decina di minuti, vuole che le porti qualcosa?"

"se c'è un succo d'arancia" 

Nel frattempo aprii il PC per scaricare un film da vedere durante il volo e mi sforzavo di non pensare a tutto ciò che era successo dal mio arrivo a questa mia nuova ed ennesima partenza.

Notai il mio telefono squillare, era Camilla.

Cosa voleva? Io e lei avevamo preso le distanze e perché mi chiamava proprio adesso?

Non risposi.

Allacciai la cintura e socchiusi gli occhi mentre l'aereo iniziò a muoversi sulla pista per mettersi in posizione per il decollo. 

Iniziai a sentire il peso di quella decisione, ma andare avanti non era una colpa e tanto meno mi rendeva una persona insensibile e disumana.La verità era che per quanto male potesse fare chiudere certi capitoli, era di gran lunga più doloroso restare aggrappata a qualcosa che non esisteva più e che non faceva che consumarmi. Ci voleva coraggio ad ammetterlo, ma era necessario. Tutto aveva smesso di funzionare e l'unica cosa che poteva salvarmi era mettere un punto e andare a capo.

Cristine si accomodò al suo posto e mise anche lei la cintura. Stava succedendo di nuovo e questa volta sarebbe stato permanente.

Non credevo che avrei più visto Los Angeles, i suoi tramonti, il suo sole, le sue feste, le sue luci notturne, la sua vitalità.

Feci per mettere la modalità aereo e vidi alcuni messaggi di Camilla.

- Martina dove sei? Ti prego rispondi.

- Jorge sta male. 

Il telefono squillò di nuovo e feci segno a Cristine di dire al comandante di bloccare il decollo.

Camilla mi disse di essere andata in ospedale per una visita e di aver visto Jorge arrivare in pronto soccorso e perciò nonostante tutto aveva pensato di avvisarmi.

"signorina, non possiamo" mi disse Cristine e iniziai a non capirci più nulla

"è una questione importante, è un'emergenza" sentii un nodo alla gola

"vado a riferire"

Presi tutte le mie cose e mi preparai a scendere. Per fortuna ritornammo al Gate e scesi di corsa. Non sapevo cosa stesse succedendo, ma dovevo andare. 

Lizardo ancora nei paraggi mi portò di corsa in ospedale. Entrai nel pronto soccorso immaginando i peggiori scenari con il cuore che batteva all'impazzata. Saperlo da solo e in pericolo era stato un richiamo più forte di tutto il male.

Trovai Camilla che mi indicò la sala traumi in cui era. Era steso su una barella e i medici gli facevano un massaggio cardiaco. Riuscii solo ad intravedere il suo volto perché mi chiusero la porta in faccia dicendo che non potevo entrare.

"NO" urlai non riuscendo più a sentire nessun rumore intorno a me e mi gettai per terra in preda al terrore e alla disperazione. 

Mi sembrò per un attimo di rivivere quanto accaduto con Ruggero. 

"non prendertelo ti prego" dissi con gli occhi al cielo e fui raggiunta da un'infermiera che mi invitò ad alzarmi e mi portò su una sedia.

Mi sentivo assente. Non sapevo cosa stava succedendo e iniziai a sentirmi in colpa. Gli stessi sensi di colpa di quando vidi il corpo senza vita del mio migliore amico.

Se gli avessi parlato, se non lo avessi lasciato solo probabilmente ora non saremmo in questa situazione. 

"ti prego non lasciarmi" dissi tra me e me e tra i sospiri affannati di un pianto fuori controllo. I singhiozzi mi spezzavano il torace, mi facevano bruciare i polmoni, il cuore, gli occhi e non riuscivo a darmi tregua.  Come potevo calmare tutto quel dolore che traboccava dal mio corpo? 


Nessuno mi diceva nulla ed ero in completa balia di tutte le peggiori emozioni. Ingoiavo il dolore, ancora una volta continuavo ad avvelenare il mio corpo e sarei crollata in maniera più intensa della volta precedente. 

Sarebbe mai finito tutto questo? Ma possibile che ne avevo sempre una? Che continuavo a collezionare solitudine e squarci e urla. Mi sentivo davvero un casino e la cosa peggiore è che continuavo a pensare che l'unica persona che mi volesse nonostante il casino che era probabilmente stava andando via per sempre. Lui in fondo, diceva di poter rimanere anche la buio per causa mia.  

Non sapevo chi chiamare, ritrovarmi da sola faceva schifo, non avere nessuno da cercare mentre crollavo mi disarmava. Pensai al suo corpo steso lì e alla mia completa inutilità in questa situazione. Quell'inutilità che dopo la morte di Ruggero era presente in ogni singolo giorno della mia vita.

Presi la testa tra le mani e provai a respirare a lungo e con più calma. 

Vidi passare un medico nel corridoio in cui ero. 

"ha bisogno di qualcosa?" 

Provai ad asciugarmi il volto inutilmente.

"sa dirmi cosa è successo ad un paziente che era in trauma due? La prego"

"mi aspetti qui" mi sorrise e si girò per tornare indietro.

Arrivò dopo una decina di minuti. Si sedette vicino a me mettendomi una mano sulla spalla.

"è in condizioni critiche...signorina lui..."

"cosa? che è successo?"

"è arrivato in overdose di eroina" spalancai gli occhi " sono riusciti a stabilizzare il battito, ma essendo l'eroina un sedativo del sistema nervoso centrale, agisce sui centri respiratori e può comportare il coma" 

Sentii il mio respiro bloccarsi.

"si sveglierà?"

"non lo sappiamo, può lasciarci il contatto e la aggiorneremo sui risvolti, ma non ha senso che lei resta qui"

"posso vederlo?" dissi sottovoce

"non al momento, è stato portato in terapia intensiva...è grave, molto grave, è opportuno che si prepari al peggio"

La verità è che al peggio io ero ormai sempre stata abituata e avrei tanto voluto che qualcuno prima o poi mi avrebbe potuto sorprendere con il meglio. 






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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 29 ⏰

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