"allora? Tu sapevi di Jorge e non mi hai detto niente?"
"cosa avrei dovuto dirti Martina? Cosa sarebbe cambiato?" il suo tono cercava sempre di superare il mio.
"io...io sarei tornata"
Iniziai a sentirmi presa in giro, ero delusa anche dall'unica persona che credevo fosse sincera con me. Se solo avessi saputo ciò che stava succedendo all'unica persona che mai avevo amato, sarebbe andato tutto diversamente e lui di certo non avrebbe attraversato quell'inferno.
"non avresti potuto fare nulla...quando una persona intraprende quella strada non può che fare la fine di..."
"papà no. Non dirlo neanche."
"era per questo che non volevo che tornassi. Continui a giustificarlo."
"che tu lo accetti o meno, io non lo lascio. Siamo già stati troppo tempo lontani e poi si è disintossicato"
"e tu cosa ne sai?Come mai ne sei così sicura?"
Tanti dubbi si insidiarono dentro la mia mente mentre non sapevo davvero cosa rispondere.
"ti ha mai detto chi l'ha seguito nel processo? Ti ha mostrato qualche documento di qualche centro?" aspettava che io dicessi qualcosa "allora? vedi che è esattamente come dico io...lui è il solito stronzo, Martina"
Sentii un groppone in gola.
"non è vero" dissi con la voce spezzata
"tua mamma deve sapere che lo stai vedendo. Magari ti terrà più sotto controllo...altrimenti torni a New York"
Non dissi nulla. Andammo da mia madre.
La trovammo intenta ad apparecchiare insieme a David. Mio padre le disse tutto senza creare litigi, lei mi lanciò solo un paio di occhiatacce e io iniziai a sentirmi persa.
E se mio padre avesse avuto ragione? Se continuavo a giustificare Jorge inutilmente? Se lui mi stesse mentendo?
A tavola c'era parecchia tensione e finito il pranzo mi dileguai in camera fino a che non sentii provenire da sotto alcune urla. Era la voce di mia madre e quella di Jorge. Scesi di corsa.
"signora, ho bisogno di vedere Martina per favore"
"tu non vedi nessuno, va via da casa mia prima che chiami la polizia"
"che succede?" arrivai davanti a loro.
"Martina, finalmente io..."
"fa come ha detto" lo interruppi bruscamente lasciandolo attonito. Gli indicai la porta per rimarcare il concetto. Avevo bisogno di tempo e di spazio e dovevo far vedere a mia madre che avevo capito.
Lui abbassò la testa andandosene. Vidi il suo sguardo spegnersi.
"finalmente inizi a capire...non è mai troppo tardi" disse mia madre girandosi e sparendo in camera sua. Io sentii squillare il telefono e vidi tanti messaggi di Jorge.
- ti prego, parliamo
- devo starti lontana...o ritorno a New York
- io non posso perderti un'altra volta Martina, non potrei sopravvivere
- smettila
- per favore, non sparire
- non sparisco...ma ho bisogno di tempo per capire alcune cose
- tutto il tempo che vuoi, ma ti prego non andare
Non risposi, chiusi lo schermo lanciando il telefono sul comodino. Iniziai a piangere. Non mi capacitavo che quel dolore fosse tornato e che non sapevo assolutamente come uscirne. Sapevo che non sarebbe durata. Succede sempre così, la felicità ti sfiora e quando fai per stringerle la mano, rimani con un pugno di mosche.
Credo che ad un certo punto della vita, ci si chieda se al dolore ci si abitui. Se in qualche modo, quella sofferenza quando accade non ti tocchi più. Come se si cercasse un'amara rassicurazione, dove speri che tutto ciò che stai provando smetta di toccarti. Eppure, nonostante dei giorni riesci a nasconderti dentro una bolla, dove prendi colpi su colpi, in silenzio e le ferite non bruciano poi così tanto ; poi arriva quel momento in cui questa protezione scoppia.
E allora ti rendi conto che al dolore non ti ci abitui mai del tutto, perché ritorna e lo senti, le lesioni che pensavo si fossero assopite, invece ritornano a bruciare più forte, come se ci avessi buttato del sale.
A quel punto arrivai alla conclusione che no, al dolore non ti ci abitui mai del tutto.
Aprii la finestra e guardai fuori per riuscire a respirare dopo quel pianto soffocante. Mi misi a cavalcioni sul davanzale e scesi lentamente. Avevo bisogno di andare in un posto diverso da quelle quattro mura o sarei impazzita.
Arrivai in spiaggia, quella nascosta dove andavo sempre a rifugiarmi. Mi sedetti su uno scoglio con gli occhi chiusi lasciando che il vento mi accarezzasse e spazzasse via la pesantezza del mio cuore.
Guardai l'orizzonte e poi qualche scoglio più in là vidi ciò che mi spezzò definitivamente.
Jorge era lì, beveva qualcosa e allo stesso tempo ingeriva pasticche come un forsennato.
Scommetto ancora ora di aver sentito una fitta al petto e poi un solo desiderio: scomparire.
Angolo autrice.
Avevo dimenticato di pubblicare questo capitolo che vi preannuncio essere uno degli ultimi di questa storia che mi ha parecchio coinvolta emotivamente. Spero vi piaccia.
Grazie a chi vota, legge e commenta! ❤️
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Il cuore non dimentica [Jortini]
FanfictionOgni polo positivo, ha il suo corrispettivo polo negativo e per quanto provi a tenerli lontani e per quanto sembrino respingersi, si ricongiungeranno in un modo o nell'altro. Nonostante le sollecitazioni esterne o interne che li portano a distaccars...