Capitolo 20

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Alex osserva distrattamente le gocce di rugiada che ricoprono le vetrate dell'ingresso.

Dopo ben tre mesi, quello è il primo giorno in cui Henry potrà tornare in sella ad Orione per riprendere la loro routine abituale, quindi il suo ragazzo è già in campo pronto ad allenarsi.

Alex ricorda ancora gli istanti concitati dopo che l'altro ha tirato un pugno ad Enrique, spaccandogli un labbro.

Ricorda lui e Philip che scattano in avanti per bloccare Henry prima che possa fare qualcosa di avventato, ricorda la polizia che chiude le manette attorno ai polsi di Enrique e l'investigatore che gli spiega i dettagli della sua indagine.

Il suo nome completo è Enrique Gonzales Snow ed è il nipote del proprietario della scuderia rivale.

Volevano farla pagare ad Henry per averli sconfitti durante una partita del campionato e così Enrique si era finto un ragazzo bisognoso di lezioni, in modo da poter memorizzare i dettagli della loro scuderia e i loro spostamenti.

Alex sente ancora la rabbia montare se ripensa al fatto che quel tizio ci ha persino provato con lui, probabilmente credendo di attuare una doppia vendetta nei confronti di Henry.

Ci sono volute delle ore affinché il suo ragazzo riuscisse a ritrovare l'autocontrollo e solo la sicurezza che Enrique sarebbe rimasto in prigione a vita è riuscita a calmarlo del tutto.

Alex scuote la testa scacciando quei pensieri, poi si sistema nervosamente il colletto della camicia che indossa.

È abbastanza agitato quel giorno ma allo stesso tempo è anche determinato a portare a termine il suo piano.

Percorre lentamente il viale alberato che fiancheggia il cortile della casa, poi imbocca il sentiero a sinistra fino a ritrovarsi di fronte ad una piccola collinetta ricoperta di candide magnolie bianche.

Di fronte a lui si erge una lapide di marmo grigio incastonata nell'erba fresca.

In memoria di
Arthur James Fox
Devoto marito e padre amorevole.
Ti ameremo per sempre.

Recita, a grandi lettere, l'iscrizione sulla pietra. Alex si inginocchia ai piedi della lapide, incurante della rugiada mattutina che gli bagna i jeans, e poi posa delicatamente un mazzo di fiori su di essa.

Prende un bel respiro, allungando la mano destra per posarla su uno dei bordi della pietra.

«Ciao Arthur. È la prima volta che vengo qui a parlarti e mi sembra ancora strano farlo perché sento come se stessi violando un luogo sacro.»

Confessa piano, sentendosi uno stupido a parlare da solo.

«Ma sono qui per una ragione precisa... Hai un figlio meraviglioso che mi ha fatto innamorare di lui dal primo istante in cui mi ha chiamato cowboy con quella sua finta aria supponente.»

Ridacchia ricordando il loro primo incontro.

«Henry è gentile, altruista, determinato, testardo, ha un cuore enorme e spesso si chiude nel suo guscio protettivo, ma lo amo anche per questo. Anzi lo amo nonostante questo. Ha cambiato la mia vita in un modo che non pensavo potesse mai accadere e non potrei immaginarmi il resto di essa senza di lui.»

Alex si ferma, fa un altro respiro profondo e traccia con i polpastrelli il nome di Arthur.

«So che forse non ha molto senso parlare ad un defunto che non può rispondermi, ma tu resti la persona più importante della vita di Henry perciò, oggi, sono qui per chiederti simbolicamente il permesso e l'onore di concedermi in matrimonio la mano di tuo figlio.»

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