Capitolo 32

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BLUE

Quando vieni dal niente e sopravvivi alla morte, ti aggrappi a qualsiasi cosa e usi ogni forza pur di proteggere quel che vale la pena tenere e quel che ti fa sentire vivo. Anche se fa paura.
Il mio cervello impiega poco tempo a riconnettersi alla realtà abbandonando il sogno che mi stava cullando prima di percepire sulla pelle un cambiamento.
Apro lentamente le palpebre e non del tutto sveglia provo a voltarmi facendo molta attenzione a non farmi male, dato che ho ancora qualche dolore post-operazione.
Ritrovo il viso premuto sulla camicia che contiene a stento un petto solido. Il braccio muscoloso intorno alla mia vita si sposta sulla mia schiena.
«Dormi».
«Che ore sono?», chiedo. Non ho il coraggio di tenere gli occhi aperti. Non voglio che questa magnifica bolla scoppi.
«È ancora buio».
«Come mai sei qui?»
«Volevo dormire nel tuo letto».
Non lo contraddico, nonostante non sia effettivamente il mio. «È comodo?»
«Molto», mormora. «Hai avuto un altro incubo?»
«In realtà stavo sognando».
Sento la sua barba pizzicarmi la fronte prima del bacio premuto sulla tempia. «Qualcosa di bello?»
«Uhm», sposto le mani sulla sua schiena e strofino la guancia sulla parte in cui posso sentire il suo cuore battere con più vigore.
«C'ero anch'io?»
«Forse», rispondo mordendomi il labbro inferiore per non arrossire.
«Me lo racconterai più tardi. Ti lascio dormire», dice provando ad allontanarsi.
Il pensiero di ritrovarmi da sola in questo enorme letto sconosciuto mi fa sentire inquieta. Lo fermo. «Resta con me».
«Sicura?»
«In due staremo meglio».
Non risponde e il mio cuore soffre per l'attesa. Dopo poco, sento il fruscio dei suoi indumenti a indicarmi che si sta spogliando e i miei polmoni tornano a incanalare aria.
Passano solo pochi istanti prima di ritrovarmi tra le sue braccia e non sentire più quella brezza fastidiosa sulla pelle. Questa volta però non ci sono barriere a nascondermi la sua pelle calda e solida.
Mi accoccolo e libero un sospiro.
«Non sono sicuro sia stata una buona idea», afferma a denti stretti.
«Perché?»
«Perché sei perfetta tra le mie braccia. Il mio corpo sta andando a fuoco».
Le mie mani risalgono fino a raggiungere il suo viso. «Non è un peccato, sai?»
Abbassa la testa premendo un bacio sulla mia spalla. «Bruciare dal desiderio per te? No, hai ragione. È più di un peccato, Kelebek».
Sento sfrigolare la pelle. «Mi stai dicendo che a breve potresti tirarti indietro?»
«È un'opzione».
Le mie dita premono sulle sue guance. «Da non considerare».
I suoi occhi si ancorano ai miei e mi lascio sopraffare dalla serie di ondate che rischiano di farmi provare non farfalle bensì api nello stomaco.
Faron mi bacia la punta del naso. «Stai decidendo per me?»
«No, ti sto solo suggerendo la risposta giusta».
Sulle labbra gli affiora un sorriso. «Cosa mi stai suggerendo esattamente? Di strapparti di dosso questo completino intimo di seta e pizzo indossato appositamente per rendere dura ogni cosa?»
Le mie dita si spostano sulla sua nuca. «Uno, li indosso perché mi piacciono. Sono comodi per dormire. Due, non sapevo che ti saresti infilato nel mio letto e che ti saresti eccitato», cerco una scappatoia dalla vampata di calore liquido che sembra avermi iniettato nelle vene.
«Questa non è una giustificazione».
Abbasso il suo viso facendo pressione sulla sua nuca massaggiandogli la cute. «No?»
«Mi stai tentando, Kelebek. Sai bene che non concedo alcuna possibilità di uscirne illesi. Sei disposta a subire qualsiasi punizione?»
Rilascio il labbro dalla morsa dei denti. Lui segue il movimento come una fiera impegnata a studiare la sua preda.
«Io, tentarti? Per chi mi hai preso?», sfodero un sorrisino. «So che non funziona, perché dovrei provarci?», proseguo ancora.
Assottiglia la palpebra e il mio stomaco si strizza. «Sicura?»
«Se le punizioni ti fanno eccitare, allora potrei prendere in considerazione la cosa».
Deglutisce e lo fa a rilento, spostando la sua attenzione sulla mia bocca. «Cazzo», impreca a denti stretti prima di baciarmi in modo profondo, sempre più incandescente. Lo fa senza nessuna riserva, dandomi tutto, e al contempo, sottraendomi un pezzo d'anima.
Lo bacio anch'io allo stesso modo. Mi aggrappo alla sua bocca, al gusto del suo bacio avido. Mi aggrappo a lui. Lo faccio con tutte le mie forze. Perché voglio insinuarmi in profondità, a tal punto da incidermi dentro.
Ci allontaniamo di pochi centimetri. L'affanno evidente dal ritmico sfiorarsi dei nostri petti.
Il suo desiderio viene alimentato dal tocco delle mie dita sulle sue braccia. Sottopelle sento i suoi muscoli muoversi. Sul suo viso traspare qualcosa di pericoloso su cui non mi è utile soffermarmi, perché dovrei avere già imparato da tempo di non dovermi fidare di lui.
Il suo corpo copre il mio. Non mi impedisce di toccarlo. Quando lo faccio trattiene il respiro poi procede invadendo ed esplorando la mia bocca, viziandola con la sua abile lingua.
Il suo tocco mi fa bruciare. Provo a stringere le gambe ma ho sollevato e piegato le ginocchia e le mie cosce stanno premendo sui suoi fianchi mentre la mia biancheria intima fa da scudo al suo corpo.
Come se avesse capito l'effetto che mi sta provocando, mi morde appena il labbro inferiore facendo al contempo scivolare le mani lungo la mia schiena. Raggiunge le natiche, le riempie con i palmi e le strizza avvicinandomi a sé muovendo il bacino.
Mi aggrappo alle sue spalle, ansimando nella sua bocca.
«Devo... fermarmi», dice a malincuore.
Mi oppongo al suo rifiuto. «Non voglio che tu lo faccia, Far».
In risposta emette un verso, nasconde la testa nell'incavo del mio collo e sospira in modo brusco. «È ancora presto».
Nego. «Sappiamo entrambi che non è così».
Preme la fronte sulla mia. «Sai cosa mi stai chiedendo?»
Sollevo gli occhi. Nei suoi c'è confusione, paura, voglia e trepidazione. «Vuoi che implori?»
Rilascia un respiro secco. «Mi piacerebbe, ma renderebbe le cose ancora più difficili», ammette.
«Far, ti prego», inizio con voce maliziosa.
Chiude le palpebre e le strizza un paio di volte, continuando a scrollare la testa. «Smettila di torturarmi, Kelebek».
A ogni parola, lascia un bacio partendo dalla spalla fino a raggiungere l'angolo della mia bocca.
«Ti prego».
Non noto subito la tensione della sua mascella, presa come sono a punzecchiarlo.
«Kelebek», la sua voce esce come un lieve ringhio e ogni mia terminazione nervosa scatta sull'attenti.
«Fermati, sei ancora in tempo».
Mi vuole ma si sta trattenendo. Riesco a scorgere la tempesta selvaggia che infuria nel suo volto, nell'espressione controllata. Il polso mi accelera insieme all'eccitazione spinta dall'adrenalina.
Forse dovrei prendere il suo rifiuto come un suggerimento e ritirarmi. Ma non voglio farlo. Voglio colmare la distanza che c'è tra noi e ritornare al sicuro.
Perché tra le sue braccia io lo sono.
La mia pelle sfrigola sotto il suo tocco quando muovo i fianchi e lui di riflesso sta facendo lo stesso movimento stringendo appena i denti e serrando la mascella.
«Kelebek», pronuncia perentorio il mio nomignolo, insieme ad affanno e smania di sentirmi. Tutto ciò che sta immaginando di farmi è evidente in quegli occhi scuri e attenti.
La mia forza non vacilla. «Far», rispondo guardandolo da sotto le ciglia.
Sento il corpo attraversato da un'elettricità che non posso trattenere. Lui mi guarda e non ha bisogno di chiedere. So cosa vuole e sono pronta a dargli ogni singolo pezzo della mia anima, ogni centimetro del mio corpo.
La sua mano affonda sulla mia nuca e con una pressione maggiore mi fa inclinare la testa. Espongo la gola e la sua bocca la percorre in lungo fino alla clavicola tracciando un sentiero invisibile sulla mia pelle, prima di riempirla di baci e piccoli morsi che rilasciano continue scosse elettriche.
Le mie dita stringono sui suoi avambracci. Non sto cercando di allontanarlo, voglio solo che sia lui ad avvicinarsi, a divorarmi, un centimetro dopo l'altro fino a consumarmi.
Guarda giù, il modo in cui i nostri fianchi sono incastrati. Abbassandosi, mi solleva la parte alta del completo e percorre con la lingua le poche ed evidenti smagliature mentre la sua mano preme tra le mie cosce. La frizione generata dalle sue dita mi provoca una serie di spasmi e gemiti, oltre alla prova evidente di quello che mi sta provocando, tanto da portarlo a risalire e a tapparmi la bocca.
La sua mano si aggrappa al mio seno destro. Le dita prendono a giocare con il capezzolo sopra la stoffa.
«Sono fottuto», ansima poco dopo sfilandomi la parte superiore del completino di seta.
In ginocchio, osserva il mio seno nudo con occhi pieni di desiderio.
Non prova nemmeno a tirarmi giù gli slip. Aggancia i pollici ai lati e strappa il tessuto.
Trattengo il fiato quando si abbassa, mi piega di nuovo le ginocchia e con lentezza prende a baciarmi il petto, sfiorando con attenzione la nuova cicatrice. Scende giù facendomi tremare dal piacere. Con i denti, di tanto in tanto, mi graffia e io sussulto e ansimo in risposta. Pronuncio il suo nome come se fossi ubriaca. Faron si strofina contro di me e i miei fianchi spingono di riflesso verso di lui.
Non c'è niente di delicato o lento in quello che fa pochi istanti dopo. La sua lingua ruvida, calda e sicura, percorre avida l'intera lunghezza della mia apertura. Colpo su colpo, raggiunge il clitoride.
Il ritmo del mio cuore supera di gran lunga la tachicardia. Sento piccoli fuochi laddove la sua lingua lascia un segno dopo che le sue dita si arpionano sulle cosce divaricandole per poter avere un maggior accesso in quel punto delicato. Faron mi divora e lo fa come se fosse davvero affamato. La sua barba sfrega sulla mia pelle sensibile arrossandola. Il calore aumenta insieme al formicolio a ogni colpo deciso.
Faron non segue uno schema e questo mi fa agitare e serrare un po' le cosce sulla sua testa.
Ciò non sembra importargli, piuttosto diventa insistente. Suoni gutturali e profondi gli riecheggiano nel petto fondendosi ai miei gemiti sempre più alti, i quali ben presto riempiono la stanza insieme agli ansiti e ai bisbigli causati dall'estasi.
È così piacevole sentire tutto ciò, da volergliene strappare ancora, mentre il mio corpo si prepara all'arrivo di un orgasmo. I fianchi cominciano a roteare e a premere contro il suo volto. Il piacere è sempre più intenso a ogni nuova spinta delle sue dita e a ogni nuova carezza da parte della sua lingua ruvida e sapiente.
Le sue mani mi afferrano per tenermi ferma, rendendo gli attimi prima della caduta una vera agonia.
«Non ho sentito». Si stacca con uno schiocco e sussulto mentre dalle pieghe cola del liquido che prontamente raccoglie con l'indice giocandoci per poi infilarmelo dentro.
«Voglio...», ansimo.
«Cosa?»
«Voglio di più!», strillo. «Ti prego, Far».
Comincia a muovere la lingua e le dita seguendo la mia richiesta, e a un tratto non riesco più a concentrarmi. Vengo travolta da una scossa che mi lascia abbagliata e sconquassata tra le lenzuola. Soprattutto senza fiato, perché l'orgasmo arriva così in fretta da non riuscire a bloccarlo.
Non sto provando nessuna forma di imbarazzo. Non di fronte a quello che vedo riflesso nelle sue iridi scure.
Mi domando se sarà sempre così. Se mi sentirò sempre tanto in bilico con lui.
«Tutto bene?», chiede notandomi imbambolata.
«Alla grande», replico ebbra sfiorandogli il sopracciglio per farglielo riabbassare. La cosa mi fa ridacchiare perché non ho mai usato un'espressione tanto stupida. Questo, di rimando, fa sciogliere i suoi muscoli tesi.
Nel frattempo si è sollevato. Non volendolo lontano, lo avvicino per un abbraccio.
Lo sento tremare e ricambiare la stretta, mentre le mie dita accarezzano la sua schiena.
Le sue labbra, cercano le mie con circospezione, quasi come se fosse possibile rifiutare uno dei suoi baci capaci di riassestare un mondo intero. Inalo il suo profumo e chiudo gli occhi permettendo al mio corpo di plasmarsi al suo.
Sposta la bocca lungo il mio collo e la pressione tra le mie gambe aumenta mentre sento la sua lingua lasciare un percorso verso quel punto sensibile sotto l'orecchio.
La mia pelle nuda si ricopre ancora una volta da brividi. Scivolo giù e lui atterra su di me facendo molta attenzione.
Cerco la sua bocca mentre le nostre dita si intrecciano. Lui ansima, fermandosi con affanno e smania, preme la fronte sulla mia.
«Far...», non riesco a smettere di pronunciare il suo nome.
Lui appare scompigliato e fuori di sé a ogni minuto che passa. «Mi stai chiedendo troppo», borbotta. «Dimmi di non... farlo».
Sembra spaventato dalla sua forza, ma mi fido di lui e glielo dimostro percorrendo il suo petto fino a raggiungere la V scolpita per abbassargli il bordo dei boxer con un movimento sicuro, così tanto da farlo contorcere visibilmente. Mugolo al contempo tracciando una lenta carezza sul suo membro mentre lo guardo incenerirmi con gli occhi spalancati e le narici dilatate.
Mi afferra il polso, allontanandomi dalla sua erezione. Intreccia le nostre dita e spinge le nostre mani in alto, sulla mia testa. Mi inarco e la sua mano libera afferra la mia natica spostandosi sul retro della coscia per sollevarla e premerla sul suo fianco.
«Sicura?»
«Come un attacco di cuore», rispondo a fior di labbra.
Lui emette un verso brusco e senza darmi il tempo di un respiro, con un movimento deciso, mi penetra.
Vorrei liberare i polmoni ma tengo per me l'urlo di piacere che mi si abbatte addosso mentre mi affonda dentro prendendo un ritmo spietato.
A ogni singola spinta, si assicura che sia posizionato nella giusta inclinazione e vada a sfregare un punto preciso dentro di me. Soprattutto si assicura che io stia bene.
Chiude gli occhi, inspira e spinge prima di baciarmi e assorbire il mio gemito. «Mi sei mancata», sussurra.
Stringo le cosce intorno ai suoi fianchi. «Dimostramelo».
Faron Blackwell mantiene sempre le sue promesse.

Brutal - Come graffio sull'animaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora