Capitolo 13

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*POV Ignazio*

Oziare nel letto, tenendo il corpo caldo e piccolo di Asia contro il mio è decisamente una delle mie attività preferite. Averla tra le mie braccia riesce, finalmente, a calmare quella sensazione di smania che mi ha attanagliato le viscere – e mani e piedi – fino a poco tempo fa.
Respirare il suo profumo – che nella parte laterale del collo si fa più intenso –, impazzire per quella fragranza di rosa, mischiata ad un odore che non sono mai stato in grado di identificare, se non come il suo. È sublime respirarla.
Vederla dormire così, abbracciata a me, arresa a quello che vogliamo entrambi, arresa a noi due, mi fa percepire il cuore stretto in una morsa, portandomi a riscoprirmi più innamorato che mai, sempre ammesso e non concesso che ci sia stato un solo momento in cui non ho sentito tutto questo per lei. Al di là della rabbia, dell'odio e del rancore. Non odi una persona di cui non ti importa niente.
«Mi fai il solletico con la barba.» sussurra con la voce rauca, tipica di chi si è appena svegliato, quando le struscio il mento nel collo.
«Ben svegliata.» le lascio un bacio proprio sotto l'orecchio, orgoglioso di essere riuscito nel mio intento, quello di svegliarla.
«Quanto ho dormito?» si volta verso di me facendomi ritrovare di fronte il suo bel visino. Mi concentro sugli occhi di quel colore così particolare e strano. Sia verdi che marroni, tanti ne ho visti di occhi nella mia vita, ma mai come i suoi. Sarà forse che nessuno è come lei. Sono estremamente espressivi gli occhi di Asia, ti raccontano cosa le succede persino quando lei non vuole raccontare. Sono sensibili, disposti subito a bagnarsi quando qualcosa la ferisce o la fa emozionare, tutto di Asia passa dai suoi occhi. Nessuno dei ragazzi, eccetto Martina, ha ereditato il suo colore.
«Igna? Ti sei incantato?» ridacchia facendomi ritornare con i piedi per terra.
«Hai degli occhi bellissimi.» le ripeto, per la millesima volta da quando ci siamo conosciuti.
«Ancora?» sgrana i protagonisti della mia accurata esaminazione, incredula. «Sono dei banalissimi occhi nocciola.» sminuisce il tutto, come solo lei sa fare.
«Non c'è niente di banale in te.» ammetto prima catturare la sua bocca carnosa e rosea nella mia. Mugola e si sdraia di schiena sul letto, permettendomi di sovrastarla con il mio corpo. Porta una gamba intorno alla mia vita e mi consente di accarezzare la sua coscia nuda, dal ginocchio fino all'elastico degli slip che le toglierei molto volentieri se solo non sentissi i ragazzi parlottare. Così, leggermente frustrato con uno sbuffo che mi lascia le labbra, scendo dal suo corpo. «Ho prenotato al ristorante! Fanno anche la pizza!» cerco di distrarmi ottenendo solo la sua risata.
«Ridi, ridi... tanto mica ce l'hai tu il problema!» sospiro. «Malefica sei!»
«Dai alzati!»
«Disse quella che ha ancora il culo nel mio letto.» sghignazzo e con uno scatto mi alzo correndo in bagno. Urge una doccia fredda.
Quando torno in camera, con addosso solo i boxer, trovo Asia con un paio di jeans e una camicetta bianca con le maniche corte che le evidenzia le tette.
«Che ti metti?» chiede con finta noncuranza.
«Questi.» tiro fuori un paio di jeans slavati e larghi e una fruit nera.
«Che tipo di ristorante è?»
«Ho capito.» sbuffo e scelgo un jeans un po' più elegante e una maglietta meno comoda ma più adatta.
«Meglio.» mi da un bacio sulla guancia e mi lascia vestirmi mentre va dai nipoti. La sento parlare con i gemelli e scegliere i vestiti insieme a Martina. Quando esco dalla camera – circa quindici minuti dopo – trovo i gemelli pronti sul divano e che smanettano sui telefoni, mentre Asia sta cercando di convincere Martina a farsi fare la coda.
«Non voglio!» si impunta la mini–Asia.
«Tesoro, a giugno fa caldo qua a Bologna, fatti fare almeno una treccia.» la bimba sbuffa contrariata ma alla fine cede, senza smettere però di indossare quel broncio adorabile.
«Eccolo! Il tipico broncio delle signorine qua presenti!» le prendo scherzosamente in giro.
«Io non metto il broncio.» si imbroncia Luli.
«Oh si che lo metti Lucre.» ride sua zia.
«Tu invece no, vero?!» in risposta mi fa la linguaccia.
«Andiamo va'!» cambia discorso e si sistema la borsa sulla spalla.
«Andiamo ragazzi.» annuiscono ed escono di casa. Io sistemo i cani, chiudo la porta di casa, inserisco l'allarme e li raggiungo.
Una manciata di minuti dopo siamo seduti al ristorante, per fortuna ad un tavolo in disparte, piuttosto nascosto da occhi indiscreti.
Tra una chiacchiera e l'altra finiamo la cena. Vado a pagare e usciamo dal ristorante, Martina non ha smesso un secondo di parlare, entusiasta di tutto ciò che la circonda, mentre i gemelli ogni tanto abbassavano lo sguardo ed Asia... beh, Asia ha detto poco o niente ma, come al solito, i suoi occhi hanno parlato al posto suo. Non riusciva a togliersi quel mezzo sorrisetto dalla faccia.
«Facciamo due passi?» chiede Lucrezia toccandosi la pancia. «Ho mangiato troppo.» spiega, poi.
Sia io che Asia annuiamo facendo sbuffare Martina.
«Io non mica gana di camminare.» si lamenta.
«Si dice voglia, Mimì.» la corregge Mattia.
«Va beh, gana o voglia è lo stesso. Non ce l'ho.» lo guarda male e poi viene a farmi gli occhioni dolci. «Zio, mi prendi in braccio?» sbatte le ciglia lunghe e storge la testina, come posso anche solo pensare di dirle di no?
Così, ignorando le occhiate stupite dei gemelli e di Asia, la prendo in braccio, posandomela sul fianco.
«Grazie!» esclama felice. «Mi piace avere uno zio! È fico essere presi in braccio.»
«Sei un'approfittatrice!» Lucrezia le punta il dito contro.
«Sei solo gelosa perché tu sei troppo grande per essere presa in braccio.» le risponde con sufficienza. Hai capito la piccoletta...
«State buone.» sghignazzo.

«Asia...» sussurro, le mani posate sul suo culo, al di sotto di questi pantaloncini che non coprono proprio nulla.
«Ignazio.» mi sorride, con le mani sulle mie guance e torna a baciarmi, senza scendere dal mio corpo.
Porto le mie mani dietro la sua schiena per slacciarle il reggiseno e poter godere finalmente di quello che c'è sotto. Mi stacco da lei solo per permetterle di togliermi la maglietta che di solito indosso per dormire e riprendo subito a baciare la sua pelle morbida e profumata.
«Era quello che bramavo di più.» mormoro. Le mie mani continuano ad alternarsi tra le sue natiche e il suo seno morbido e sodo al tempo stesso.
«Che cosa?» geme nella mia bocca, quando le premo un capezzolo tra l'indice e il pollice.
«Poterti avere nel mio letto, certo che domani mattina sarai ancora qua.» le divoro le labbra, eccitato all'inverosimile.
«Mi piace essere qua.» ammette gemendo. Le sfilo in fretta i pantaloncini e gli slip e poi mi disfo dei miei boxer, tutto senza farla scendere da me. «Prendo la pillola, e l'ultimo rapporto che ho avuto senza preservativo l'ho avuto con te.» sussurra mordendosi le labbra dopo avermi visto prendere la bustina argentata dal comodino.
«Con me?!» chiedo incredulo. L'ultimo nostro rapporto senza preservativo risale a 7 anni fa.
«Si... e mi fido di te.»
«Lo sai che non faccio niente senza preservativo, e poi faccio le analisi ogni tre mesi.» la guardo negli occhi. «Lascio stare?» chiedo un'ulteriore conferma, muovendo la bustina del preservativo tra le dita.
Quando annuisce mordendosi le labbra mi disfaccio immediatamente del preservativo e le alzo leggermente i fianchi per penetrarla, lentamente, assaporando quanto sia calda, e scivolosa, solo per me.
«Cazzo.» geme, gettando indietro la testa con gli occhi chiusi.
«Sei bellissima.» ansimo al suo orecchio trascinandola sopra al mio petto. Le accarezzo la schiena nuda, con la voglia irrefrenabile di baciarle il corpo dal capo ai piedi, dovendomi però, accontentare – si fa per dire – del suo collo e del suo petto.
Le mordo la pelle profumata sotto l'orecchio, ripetutamente, la tiro tra i denti, non posso farne a meno. È come se sentissi la necessità di staccare un pezzo di lei per poterlo tenere per sempre con me.
Geme, quando do una spinta più angolata, geme e mi stringe le spalle.
«Non ti lascerò andare mai più.» le mordo le labbra, continuando a spingere dentro di lei.
«Non ho nessuna intenzione di...» le si blocca la voce, all'ennesima spinta. «Farlo...» sospira quando infilo la mano tra i nostri corpi e la stimolo con le dita. Sono vicino e voglio che lo sia anche lei. «Ignazio...» implora, con una nota di disperazione nella voce l'attimo prima di raggiungere – entrambi – l'apice del piacere.
«Oddio...» mormora con la testa nel mio collo mentre le alzo il bacino quel poco che basta per uscire da lei.
«Che c'è?» sussurro accarezzandole la schiena.
«Mi sento bene, tu mi fai sentire bene.» mormora e questo – conoscendo Asia – vale quasi più di un "ti amo".
«Farò di tutto per farti sentire bene il più a lungo possibile.» sussurro, mentre sento la pace invadermi e il sonno prendermi con se.

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Buon Natale a tutti voi!
Spero che anche questo capitolo, nonostante sia un po' più corto degli altri vi sia piaciuto!
Un bacio.

Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora