Settembre 2024
«Tutto bene tesoro?» accarezzo i capelli di Martina, stranamente silenziosa, che annuisce senza alzare gli occhi da terra. «Sicura?» le tengo la manina e l'accompagno davanti ai cancelli della scuola.
«E se i bambini qua sono tutti cattivi?» mi chiede improvvisamente terrorizzata.
«Sono sicura che non sarà così.» provo a calmarla, sorridendo.
«Mamma io non voglio andare a scuola! Possiamo tornare domani?»
«Amore, rimandare non fa passare la paura. Io sono sicura che andrà tutto bene. Possiamo almeno provare a conoscere i bambini, no?» le dico e nel frattempo arriviamo davanti al portone.
«Io non voglio entrare.» si attacca alle mie gambe.
«Che ne dici se chiedo alla signora se posso accompagnarti in classe?» le propongo e lei annuisce stringendo forte la mia mano. «Tesoro, vieni con me o mi aspetti qua?»
«Vengo con te.» mormora guardandosi intorno terrorizzata. Annuisco e vado dalla signora che sta sulla porta.
«Salve, lei dovrebbe entrare in terza elementare ma non conosce nessuno... solo per stamani potrei accompagnarla in classe?»
«Certo, vada pure. Sa già dov'è?» annuisco ed entro insieme a Martina. Proseguo lungo un corridoio dipinto di giallo, ed arrivo ad un aula con un cartello tutto colorato che presenta la scritta III a.
«Eccoci arrivati Mimì.» mi affaccio sulla porta e guardo i bambini che stanno seduti ai loro banchi.
«Ciao! Tu devi essere Martina.» la maestra ci vede ed esce immediatamente dall'aula avvicinandosi alla bambina. «Salve.» mi porge la mano.
«Salve.» gliela stringo.
«Vieni! I tuoi nuovi compagni non vedono l'ora di conoscerti!» allunga la mano verso quella di Martina che la prende riluttante.
«Mamma!» mi chiama, lascia la mano alla maestra e si stringe a me.
«Amore, io torno a prenderti tra qualche ora. Non preoccuparti che andrà tutto bene, d'accordo Ciucciola?» mi abbasso davanti a lei e le sussurro queste parole. «Dammi un abbraccio gigante e un bacio che ci vediamo dopo.» mi getta le braccia al collo ed io l'abbraccio forte. Le sbaciucchio il collo e finalmente si convince ad andare con la maestra.
Lascio la scuola e monto in auto. Sospiro, e combatto con me stessa per non tornare dentro e portarla a casa con me. Quegli occhietti impauriti che mi imploravano di portarla via non mi escono dalla testa, e mi fanno sentire tremendamente in colpa.
Lo squillo del cellulare mi interrompe così rispondo senza nemmeno guardare chi sia.
«Pronto.» mormoro.
«Asia sono io... che succede?» la voce di Ignazio mi arriva scocciata.
«Niente!» mi metto sulla difensiva, senza nemmeno rendermene troppo conto. «Che c'è?»
«Dovevi essere in studio mezz'ora fa! Si può sapere dove cazzo sei?! Dobbiamo parlare del progetto!» sbotta.
«Ho appena portato Martina a scuola! Arrivo. Ce li ho dieci minuti?!» ribatto sempre più nervosa.
«Vedi di darti una calmata Asia!» urla.
«Sentimi bene! Non mi urlare così.» urlo anche io.
«Vaffanculo Asia.» e chiude la chiamata.
«Vaffanculo tu!» impreco picchiando il palmo della mano sul volante. Metto in moto e guido fino allo studio mentre delle lacrime mi scendono senza controllo sulle guance e il respiro si fa sempre più corto. Improvvisamente una catena di pensieri prende il controllo di me. La morte di Valeria, io che le porto via i suoi bambini, Martina che ha pianto tutta la notte, mia madre, Ignazio, tutto il male che ci siamo fatti in America.
Improvvisamente la sensazione di non riuscire a respirare prende il sopravvento, è come annullasse tutti i contatti con la realtà. Come se di colpo non fossi più in grado di distinguere ciò che è reale da ciò che non lo è. Così il respiro si affanna ancora di più, e più cerco di calmarmi, meno ci riesco dando vita ad un circolo vizioso.
«Asia.» la voce mi arriva alle orecchie ovattata, lontana, addirittura meccanica e irreale. «Asia va tutto bene?» davvero lo stanno chiedendo?! Non si rendono conto dell'espressione facciale? Degli occhi vuoti, spaventati.
In questo momento mi sento sola e incompresa in mezzo al mondo intero, come se nessuno fosse in grado di comprendere cosa stia succedendo davvero.
Altre parole arrivano ovattate alle mie orecchie, percepisco una voce familiare ma a cui non riesco a dare un nome, ma è solo quando vengo alzata di peso e fatta scendere dalla macchina che il mio corpo riconosce – ancora prima del mio cervello – che a farlo è Ignazio. Il suo profumo è confortevole. Sento il cuore farsi un po' più leggero a sapere che non sono sola.
«Piccola guardami.» mi prende le guance tra le mani e mi gira il viso in modo che possa guardare i suoi occhi.
«Io...» annaspo. Ci sono così tante cose che vorrei dire ma non riesco a dire nemmeno una parola.
«Asia. Va tutto bene.» sussurra stringendomi tra le sue braccia. «Ci sono io.» sussurra al mio orecchio e mi abbraccia forte. «Va tutto bene.» ripete come una litania, cullandomi lievemente. «Vieni amore.» mi mette un braccio intorno alle spalle e mi fa entrare in studio di registrazione. «Vi voglio tutti fuori dai coglioni, lasciatemi mezz'ora da solo con lei.» esclama e mi porta nella stanza in cui registrano, chiude la porta e le tendine e si siede sul divano con me in braccio. «Dimmi cosa è successo.»
«Niente... ero solo nervosa e mi si sono accavallati tutti i pensieri.» non mi va di dirgli che lui ha aggiunto del carico a tutto ciò che già c'era. Ci rimarrebbe male e abbiamo discusso per delle cazzate.
«E come ti ho risposto al telefono non ha aiutato vero?!» mi accarezza una guancia con il pollice.
«Martina non voleva andare a scuola... ha pianto tutta la mattina prima di andare in classe. Mi ha stremata.»
«Continui a sentirti in colpa perché ti chiama mamma?»
«Mi sono sentita sopraffatta.» ignoro la sua domanda. «Improvvisamente mi si sono accavallati tutti i pensieri. Martina che piangeva, i sensi di colpa verso Valeria... a volte mi chiedo cosa abbia io di sbagliato! Perché i miei genitori non mi hanno mai voluta?» sussurro riprendendo a singhiozzare.
«Piccola non dire così...» mi fa posare la testa sul suo petto e mi accarezza blandamente i capelli.
«Ma è la verità! Mio padre se ne è andato e non si è più interessato a noi e mia madre mi avrebbe venduta per qualche dose se non fossi riuscita a scappare.» ammetto in un momento di sconforto.
«Di cosa stai parlando?»
«Di niente. Tranquillo.» chiudo gli occhi e rimango seduta sulle sue cosce con la testa posata sul petto.
«Va meglio piccola?» mi chiede dopo qualche minuto.
«Si...» mormoro. Stare con lui mi ricarica. «Vorrei non aver così bisogno di te.»
«A me invece piace sapere che hai bisogno di me.» mi prende il lobo dell'orecchio tra le labbra e lo mordicchia. «Io ci sono per te, sempre.» mormora sospirando.
«Come ti sei accorto che ero fuori in macchina?»
«Gianluca è uscito a chiamare Eleonora e ti ha vista. Ha detto che piangevi e respiravi male. Ti ha chiamata ma non gli rispondevi così mi ha avvertito.»
«Okay...» oddio che imbarazzo.
«Fregatene bimba. Sono Gianluca e Piero...» mi accarezza il mento e mi fa alzare la testa. «Non devi vergognarti.» mi scalza.
«Non mi va di farmi vedere debole.»
«Nessuno ti giudica debole perché hai avuto una crisi di panico!»
«Io non ho avuto una crisi di panico.» alzo di scatto la testa.
«Si, l'hai avuta! Ma non c'è niente di male. Può succedere.» mi stampa un bacio sulle labbra e mi fa un piccolo sorriso. «Te la senti di andare di là piccola? Possiamo fare la riunione, oppure possiamo andare a casa, metterci sul divano e coccolarci fino a che non dobbiamo andare a prendere i ragazzi a scuola.» afferma con un'espressione furba.
«Per quanto mi piaccia la seconda opzione, abbiamo dei doveri.» mi alzo.
«Che palle! Odio quando sei così diligente!» sbuffa e mi da una sculacciata.
«Ahia!» mi strofino la parte colpita che mi frizza.
«Esagerata! Quando scopiamo te le do più forti!» me ne da un'altra e scappa.
«Stai zitto!» urlo e lo seguo. «Eccomi! Scusate per il pietoso spettacolino di prima.»
«Non preoccuparti! Piuttosto, come stai?» domanda preoccupato Gianluca, mi viene incontro di fretta e mi abbraccia.
«Ora sta bene.» esclama Igna fulminandolo con lo sguardo. «Puoi anche mettere giù quelle manacce.» cerca di buttarla sullo scherzo ma lo conosco benissimo. È geloso.
«Stai calmo! Nessuno te la tocca.» Piero lo prende beatamente in giro mentre Gianluca si stacca da me.
«Sedetevi dai!» Barbara rimette ordine.
«Allora Asia, accetti di occuparti della parte diciamo televisiva per almeno i prossimi due anni?» nessuno osi dire che Michele sia uno che non va dritto al punto...!
«Si...» deglutisco. Sarà un lavoro enorme.
«Bene.» lui e Barbara mi fanno un sorriso compiaciuto e dopo aver discusso di altre questioni, sciolgono la riunione permettendoci di tornare a casa.
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Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano
Fanfiction-Continuo di "Como estrellas", necessaria la lettura per comprenderne a pieno le dinamiche.- Abbiamo lasciato Ignazio ed Asia separati, entrambi sicuri e decisi di voler voltare pagina, per il bene di tutti. Ma cosa succederebbe se improvvisamente l...