Simone si sente un po' stupido a fare le poste a Mimmo fuori dalla libreria, poi fermo impalato sul marciapiede di fronte per non essere visto prima del tempo e con un mazzetto di rose in mano... La gente che passa e lo guarda tra il curioso e l'impietosito, giustamente, e la sicurezza che ha avuto nel fermarsi al chioschetto lo sta abbandonando. Forse i fiori sono un po' troppo. Cioè, forse ha travisato. E ci starebbe, ma prima o poi lo deve scoprire, e quando sono insieme lui e Mimmo sembra che riescano a parlare di tutto tranne del fatto che — tranne quello. E quindi tanto vale buttarsi. Tanto poco male se gli dice di no. Ci rimarrà amico. Pure conoscente gli va bene, finché continuano a vedersi.
Simone lo guarda attraverso la vetrina. Appare e scompare, a volte con dei libri in mano, a volte con dei clienti al seguito. Sorride e chiacchiera un sacco, e quando è da solo fischietta. Si ritrova a sorridere anche lui. È bellissimo vederlo fare le sue cose, anche se non si accorge di Simone. Sapere che è lì e che sta bene è quasi abbastanza.
Ogni tanto lo vede che controlla il telefono, e Simone si chiede se è perché non gli ha risposto quando gli ha chiesto che fai, perché mica poteva dirgli che stava scegliendo i fiori per lui. E ora non gli può dire che lo sta aspettando, sennò la sorpresa non vale. Anche se si sente male a lasciarlo col consegnato. Adesso si scrivono spesso, e anche se per chat non si dicono quasi niente, ed è bellissimo. L'ultima cosa che guarda Simone prima di dormire e la prima quando si sveglia è la loro chat. La rilegge continuamente, solo perché adesso può. Mimmo comunica principalmente tramite foto di Pirro e adesivi di gatti — gatti con cuori dopo che si mettono d'accordo su quando e dove vedersi, e gatti arrabbiati quando deve studiare o fare cose in libreria. Simone li ha salvati tutti.
Arrivano le sei — Simone è arrivato mezz'ora prima, giusto per sicurezza — e poi passano, e Mimmo ancora non esce. Non si vede nemmeno più. Simone sospira. Non pensa ci sia altra scelta che rispondergli, se non vuole entrare. Sono appena uscito da uni, scrive. Tu? Esci?
Il messaggio gli arriva dopo qualche secondo, io quasi, sto aiutando T con un ordine al computer, e una faccina che alza gli occhi al cielo.
Ok, quindi non ci può volere molto. Anche se da quello che Simone ha capito, il capo non è troppo tecnologico. Manda a Mimmo un gatto infastidito, si rimette il cellulare in tasca e continua ad aspettare. È calato il sole da un pezzo e fa freddo. Sembra quasi che anche le rose stiano rabbrividendo, raggrinzendosi. Simone le guarda e pensa che è un peccato che al buio non si veda bene che colore sono — tra il rosa e l'arancione, tipo color tramonto. Non sa se le rose di questo colore significano qualcosa, ma il rosso gli sembrava banale. Le rose di base sono banali, però almeno sono un messaggio diretto.
Mimmo esce dopo altri dieci minuti — Simone lo sa perché tiene gli occhi fissi sull'orologio — e lo nota subito. Fa un sorrisone, alza la mano per salutarlo, e poi vede le rose, e la faccia gli si illumina. Attraversa la strada senza nemmeno guardare a dovere. "Simò!"
Simone, per l'ennesima volta, si deve ricordare che non è — ancora — il suo ragazzo, e non lo può — ancora — baciare per salutarlo. "Ciao." Gli è sparita ogni traccia di saliva dalla bocca. Tende i fiori a Mimmo e riesce solo a balbettare, "ti ho preso questi." Grazie al cazzo.
Lui li riguarda, poi li prende. "Grazie," fa, adesso un po' imbarazzato. Arriccia gli angoli della bocca in un piccolo sorriso. "Lo sai che — nessuno me li ha mai presi?"
In realtà neanche a Simone. Anzi, sì. Quando si è laureato. Ma non era la stessa cosa. "Ti volevo chiedere — se ti andava di uscire." Calca l'ultima parola sperando che si capisca cosa intende, e cioè più di uscire come sono già usciti ultimamente. Ma quando Mimmo non risponde subito, deve aggiungere, "cioè, uscire uscire."
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Il fato ci ha fatto (r)incontrare - Mimmo & Simone
Teen Fiction"Mi aspetti?" Simone non ha fatto altro.