Non piangere

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Dopo aver mandato il messaggio, Mimmo rimette il telefono a faccia in giù sul comodino e si rintana sotto le coperte un'altra volta. Gli sembra di essere tornato ai primi giorni a Pisa, la sensazione di vuoto è la stessa. Sta con il terrore che gli arrivi un messaggio da un momento all'altro che gli dica che non è più al sicuro. Ha avuto perfino paura quando Tancredi è andato in libreria quella mattina: e se l'hanno trovato, se sanno dove lavora, se non vedendolo attaccano lui? Non se lo perdonerebbe mai. Ma avvisarlo, ammettere di avergli mentito per anni... è impensabile, al momento.

Quindi rimane sotto le coperte, bloccato. Nella camera degli ospiti di Tancredi, il letto sa di lavanda per il detersivo che usa. A Mimmo ricorda le mattine delle elementari quando restava a casa perché aveva la febbre e non faceva nulla tutto il giorno. Stavolta ha Pirro sotto le coperte assieme a lui.

Quando sente la porta aprirsi e chiudersi sussulta — Tancredi è già tornato? Sono solo le quattro. Si alza, un po' imbarazzato che lo trovi a letto, voleva almeno farsi una doccia prima che arrivasse. Pirro scende dal letto e lo segue in corridoio, e quando Mimmo vede Tancredi sente il sudore freddo sulla fronte. Non sa cosa esattamente, ma c'è qualcosa che non va. Si sta togliendo le scarpe e sembra assente, non l'ha neanche chiamato. "Uè." Tenta, ma non gli esce col solito tono. "Sei tornato prima?"

Lui lo guarda come se lo notasse solo ora. "Ciao." Va in cucina, e si lascia cadere su una sedia. Ha ancora il cappotto addosso e si rigira le chiavi in mano.

Mimmo lo segue. "È successo qualcosa?" La mente va direttamente al peggio. E se — e se veramente — ?

Ma Tancredi scuote la testa. Scosta la sedia accanto alla sua dal tavolo come per farlo sedere. Mimmo si siede, sta cercando di non tremare dalla paura. "Tancrè, è — è venuto qualcuno?"

Lui ignora la domanda. "Sei in pericolo?" Gli chiede. "C'è un motivo serio per cui non torni mai, vero?"

Mimmo deglutisce. Gli viene la pelle d'oca su tutto il corpo. Sente le lacrime pizzicargli gli occhi. "Tancrè," gli esce solo. A fatica. "Mi devi dire chi è venuto, me lo devi descrivere." Ha visto le foto del fratello di Molosso. "Era biondo, alto? Dimmelo. Per favore. Che ha detto?"

"Nico," lo interrompe Tancredi, brusco. "Era quel pirla con cui ti stavi vedendo. Mi rispondi, per favore?"

"Ah." L'ansia se ne va, ma solo per un momento. Ritorna subito quando si rende conto che Simone deve aver detto qualcosa, qualcosa di grosso, se Tancredi gli sta dicendo così. Pirro gli mette le zampe in braccio e Mimmo gli mette una mano sulla testa. Non sa da dove iniziare.

"Non mi voglio fare i cazzi tuoi," continua Tancredi. "Voglio solo capire. Non ti devi preoccupare, qualsiasi cosa sia la risolviamo. Ti fidi, no?"

"Mi fido," risponde subito lui. Lo guarda. La risolviamo. Mimmo non sa come dirgli che non c'è soluzione. Se ci fosse stata, non si sarebbero mai conosciuti. "Io —" Deglutisce. "Non posso tornare. Non posso andare a Roma, né a Napoli."

"Lo so, ci ero arrivato. Eri in brutti giri? Ci stava anche quello là?"

"No, Simone?" Mimmo scuote la testa. Prende un respiro. "No. No. Simone — Simone mi ci ha levato." Così Tancredi non capisce un cazzo, Mimmo pensa. Ma non vuole che pensa che Simone è cattivo. "Io — quando stavo in prigione, c'avevo questo... compagno di cella. Si chiamava Molosso." Non dice il nome ad alta voce da un sacco di tempo. Solo a pronunciarlo, gli vengono i brividi. "Era — vabbè, è ancora un boss." Non ha il coraggio di guardare Tancredi, si sente troppo male. Troppo sporco. Guarda Pirro invece, e lo continua ad accarezzare. "Quando stavo in semilibertà mi faceva fare i suoi giri. Roba di pizzo, poi glieli portavo alla moglie. Ma la scuola mi cercava, e io non tenevo a nessuno, non tenevo manco — una bici, un motorino. Con la metro ci mettevo un sacco di tempo, e non sta manco da tutte le parti. Simone mi aiutava."

Il fato ci ha fatto (r)incontrare - Mimmo & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora