Pure venti

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L'anno prima

"I thought about something." Gli fa Cameron. Hanno appena imbarcato i suoi bagagli e stanno mangiando in aeroporto, aspettando che annuncino il suo volo. A Eataly, perché è giusto che la sua esperienza all'estero finisca con classe. "Why don't you come with me?"

A Simone va di traverso il boccone. Gli lacrimano gli occhi per lo sforzo di non tossire. "With you?"

"Yes." Cameron strabuzza un po' gli occhi, come se per lui fosse ovvio. "I mean, not now. Just — you can look into colleges, finish abroad. Or you can do your PhD. There's this really cool programme at Penn's, I'm considering it myself."

Simone guarda dentro la sua focaccia gourmet come se ci potesse trovare una risposta adeguata. Non hanno mai parlato di questa possibilità, anche se sono stati exclusive dall'inizio — la parola l'ha sempre fatto un po' ridere — e, in effetti, non si stanno lasciando. Non hanno manco mai parlato di come gestirsi la relazione con ottomila fusi orari di differenza, e adesso Simone comincia a intuire perché. "I mean — that would be — cool."

Cameron inclina un po' la testa per guardarlo meglio. Fa un mezzo sorriso triste. "You don't like it."

"No, no, I do," si affretta a dire Simone. "It's just — a big thing. You know. I've never been that far from home."

Non è sicuro che sia quello il motivo, ma è curioso, pensa, che sia stato il suo primo pensiero. Soprattutto visto che spera di non stare a casa tra un anno.

"I think you'd like it. No dad, no Manuel..."

Simone sorride. Cameron e Manuel hanno delle interazioni comiche. Manuel in inglese sa giusto hello e goodbye, quindi si ostina a parlargli in romano, pretendendo che Cameron lo capisca. Quando non capisce, la sua soluzione è alzare la voce e gesticolare più di quanto già non faccia. Secondo Manuel è assurdo che Cameron non abbia imparato l'italiano in sei mesi con Simone, soprattutto perché Cameron insiste col dire che anche lui è un quarto italiano. Aò, t'ho detto de passamme er pane, come se dice pane in inglese, Simò? E digli pure che è 'n' rimbambito. "I'm listening."

"I do have a nonna, too. You can borrow mine if you miss yours."

"But is she fabulous?"

Cameron schiocca la lingua. "Of course she is."

Simone dà un altro morso al panino, più per prendere tempo che per altro. "I'll look online."

Lui annuisce, e sembra più speranzoso. "I'll send you links."

A Simone prende un po' a male a guardarlo sparire oltre le porte automatiche dei controlli. Ma quando le persone dietro entrano, dopo di lui, lo vede ancora lì. Fa ciao a Simone con la mano, e gli sorride. Non ha nemmeno pianto quando si sono salutati. Forse è davvero sicuro che reggeranno botta, o che Simone andrà da lui.

Simone ha pianto.

Rimane lì anche la seconda volta che si aprono le porte, ma Cameron se n'è andato.

Simone controlla il cellulare. Ha una foto sua e di Cameron — appunto — come sfondo. Fatta nello specchio del bagno di casa di Simone, si lavano i denti insieme. Sono molto belli; glielo dicono tutti, e Simone è d'accordo. Quando è con Cameron fa dei sogni ad occhi aperti assurdi, e quasi tutti finiscono con loro che comprano una villetta in qualche suburb — tanto sono tutti uguali — e un macchinone e un labrador — a volte un golden retriever — e poi fanno dei bambini con una madre surrogata che sarà troppo cool per fare la madre, ma con cui rimarranno amici, e che manderà cartoline ai bambini da ogni parte del mondo. A Natale manderanno come biglietto d'auguri una foto di famiglia super kitsch. Tutti e quattro con i maglioni coordinati.

Il fato ci ha fatto (r)incontrare - Mimmo & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora