Esame

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La settimana prossima Mimmo ha il suo primo esame. Martedì.

Simone ormai passa più tempo a lettere antiche che nella sua facoltà — o a casa, se è per questo. Ma Mimmo a quanto pare ha deciso di studiare a casa sua, o di Tancredi, perché non c'è mai. È giovedì e Simone non l'ha visto, manco nel cortile, manco per strada nei dintorni.

Alla fine decide di mettersi nella biblioteca, così almeno studia, o comunque si costringe a stare seduto davanti a un libro per più di dieci minuti consecutivi.

La cosa buona di fare un dottorato è che nessuno ti rompe il cazzo se non fai niente per settimane intere. Ed è anche la cosa cattiva, perché sei il solo responsabile del tuo fallimento, poi, e Simone indiscutibilmente sta fallendo. Non fa quasi nulla da quando ha ritrovato Mimmo, e adesso che l'ha perso ancora meno.

La biblioteca, comunque, è bellissima. Dentro c'è una chiesa — cioè quella che era una chiesa. Nella navata centrale ci si può sedere a studiare. Simone si mette proprio lì. Nessuno lo caga, e pensa — riderebbe se la situazione fosse diversa — che così può pure approfittare a pregare.

A Mimmo sicuro piace questo posto. Non ci sono mai venuti insieme. Non hanno nemmeno più parlato di Gesù e cose varie da quando si sono rivisti, ma Simone ricorda che Mimmo credeva. Una mezza cosa. E faceva il chierichetto. Simone ogni tanto se l'è immaginato. Credibile.

Chissà se nelle chiese sconsacrate c'è ancora Dio.

Se Dio esiste.

Dio, se esisti, pensa, ma non dice, unendo le mani sul libro chiuso — non vuole sembrare un pazzo, anche se da piccolo credeva che pensare solamente le preghierine non le facesse valere — fa' che Mimmo mi perdoni e mi chiami e torniamo insieme. L'amen, però, lo sussurra. Poi si sente in colpa e aggiunge altri pensieri. Fa' che a mio padre non si rompano di nuovo le vene nel cervello — o erano arterie? — oppure le arterie, e fai anche stare bene mia madre, mia nonna, Anita, Manuel, Laura... Sta saltando qualcuno, forse. Dei coinquilini non gli importa ancora più di tanto, quindi non si spreca. Salutami anche Jacopo se lo vedi. Vabbè, per forza lo vedi. È morto a tre anni.

Poi magari lui è gay e con Dio non ci dovrebbe nemmeno parlare. Ma nel dubbio...

Amen, ripete, e si caga sotto un attimo quando una ragazza alza lo sguardo su di lui. No, non l'ha visto.

"Ciao Nì!" Fa una voce dietro di lui, un po' troppo alta per essere dentro una biblioteca, o una chiesa. "Ce l'hai fatta!"

"Scusa, c'hai ragione." Biascica qualcuno in risposta. Simone gira così veloce la testa che quasi gli si stacca. Mimmo. "So' stato — dovevo recupera'. Grazie, eh."

Sta vicino all'ingresso, in piedi con un quaderno in mano insieme a un tizio che Simone non ha mai visto. Non ha fatto caso a Simone, oppure finge di non vederlo.

Dio, evidentemente, c'è.

Simone subito si alza, cammina verso di lui. Mimmo gli lancia un'occhiata spaurita, come se Simone fosse un cane rabbioso. Saluta il tizio in fretta e furia, quasi lanciandogli appresso il quaderno, e poi esce, stringendo la cinghia della borsa.

Simone deve correre. I suoi passi sono l'unico suono che rimbomba nella biblioteca, e ha lasciato tutto là, pure il cappotto, ma non gli importa. "Mimmo!" Urla, appena è fuori dalla porta. È già arrivato all'angolo, sta per scomparire di nuovo. "Mì, aspetta!"

Lui si gira, allora, con gli occhi sbarrati, e si guarda intorno. "Allucc n'atu poc, Simò, nun t'ann sentit chill in fond a là," e fa un gesto dietro Simone. "A' vuò frnì, sì o no?"

Il fato ci ha fatto (r)incontrare - Mimmo & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora