Hello / Goodbye (Parte 1)

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Simone - L'addio

"Finiti i compiti?"

Simone alza lo sguardo dalla pagina a cui è aperto il libro di storia — c'è il telefono sopra, ed è l'unico motivo per cui lo sta fissando, ma lo schermo se ne fotte dei suoi tentativi di telecinesi, e non si illumina. "Sì."

Il padre si siede accanto a lui al tavolo della cucina. Butta un'occhiata al telefono, ma è breve, e torna a guardare Simone. "Hai sentito Mimmo oggi?"

A posto. Se glielo sta chiedendo, non lo sa manco lui. "No. Ho pensato che forse è andato subito in carcere dopo il giudice."

Il padre si guarda intorno, per qualche motivo, poi si alza e va a chiudere la porta della cucina. "No. Non è in carcere."

"In che senso?"

Lui si risiede. "È a casa di Pantera. Per stanotte. Ho pensato — ho pensato fosse meglio che te lo dicessi io."

Il cuore di Simone salta un battito. Non era quello il punto? Che doveva tornare in carcere per non destare sospetti? Perché dovrebbe essere in pericolo se nessuno sa niente? A meno che la cosa non sia già uscita fuori... "Perché? È successo qualcosa?"

"Il giudice ha deciso — il giudice ha deciso che è troppo pericoloso che lui sia qui, visto che sta per testimoniare."

"Che vuol dire qui?"

Il padre fa una pausa. "A Roma."

Non ha senso. Quindi lo trasferiscono da un carcere a un altro? "E dove lo mandano?"

Il padre abbassa gli occhi. "Lo mandano — in protezione testimoni."

Simone sente, ma non capisce. O meglio capisce, ma non vuole capire. Vorrebbe urlare, ma gli esce solo, debolissimo, "che cazzo dici?"

"Non possono trovarlo, è per il suo bene — lo sai anche tu che sarebbe un rischio, no?"

Simone sposta la sedia per alzarsi, ma poi rimane seduto. Si sente come se gli fosse sceso tutto il sangue nei piedi, se si alza cade. "Ma non — non gliel'hanno detto. Tu — voi gli avete detto solo che se parlava usciva. Nessuno ha detto protezione testimoni." Altrimenti non l'avrebbe mai fatto, vorrebbe aggiungere, anche se non è vero. Ma ne avrebbero parlato loro due, si sarebbero preparati, sarebbe stato comunque meglio di questo. Questo sembra una trappola. Una specie di complotto per separarli senza preavviso.

Il padre annuisce lentamente, a Simone sembra uno di quegli psicologi nei film quando sono accondiscendenti con i pazzi. Simone lo vorrebbe scuotere. "Non lo sapevo neanche io. L'ha deciso il giudice stamattina."

Simone non gli crede. Manco per il cazzo. "Non è vero." Riesce ad alzarsi, alla fine, si allontana quanto può dal tavolo e poi si volta di nuovo a guardarlo. Lo indica. "Tu non gli avresti detto un cazzo comunque."

"Ma guarda che io non c'entro nulla. Io gli ho solo dato una mano."

"A voi interessava solo incastrare Molosso!"

"Basta, stai urlando."

Simone non se n'è nemmeno accorto, ma prende un respiro, e cerca di placare l'unico pensiero che sta emergendo su tutti, cioè quello di cominciare a lanciare delle cose. "Allora — se sta a casa di Pantera andiamoci."

"No. Ascoltami," il padre si alza anche lui, e gli mette le mani sulle spalle. Lo guarda fisso. "Abbiamo organizzato un incontro per domani. In un posto sicuro."

"Che posto?"

"Un posto sorvegliato. Pantera me lo dice domani. Noi ci andiamo, e voi vi potete salutare."

Il fato ci ha fatto (r)incontrare - Mimmo & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora