Che male c'è

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Mimmo non si stancherebbe mai di fare l'amore con Simone. Nelle settimane che seguono, gli sembra di essere stato creato apposta per fare quello. Per baciarlo, pure, per addormentarsi mentre lo abbraccia, per accarezzargli i capelli quando si addormenta lui.

La pelle di Simone è più morbida di come se la ricordava. Mimmo scopre che gli piace mordergliela piano, quando stanno entrambi nudi sotto le coperte. Non è tanto per il sapore, quanto per sentire che Simone è là con lui, è vero, tangibile, Mimmo non se lo sta immaginando. Simone ride quando lo fa, cerca di allontanargli la testa con le mani, ogni tanto ci riesce, gliela lascia, e poi Mimmo torna a morderlo.

Gli ruba i vestiti quando stanno a casa di Simone. Gli fa ridere il concetto che da quando aveva diciassette anni fino a che non ha dovuto comprarsene di nuovi, ha indossato i vestiti di Simone senza saperlo. Tutte quelle camicie e tute sportive che Dante gli ha portato, e che ha ancora, sono di Simone. E adesso Mimmo non può che portare avanti la tradizione, anche se i vestiti ce li ha, ma quelli vecchi non funzionano più per sentire Simone addosso — questi sono decisamente più idonei.

Gli vanno grandi di spalle, e le maniche di alcuni gli scendono sulle dita. Quando intravede la sua immagine allo specchio si sente cretino, con i capelli in disordine e la faccia rossa e il sorriso a trentadue denti — ma è troppo occupato a essere felice per fregarsene.

La sua cosa preferita è quando fingono di studiare, non importa se da lui o da Simone. Va avanti per mezz'ora, a volte anche un'ora intera: Simone al computer, lui sui libri oppure a prendere appunti sulla registrazione di una lezione che si è perso. Di solito è Mimmo quello che a una certa si scoccia e invoca una pausa per primo. Raggiunge Simone dovunque lui sia seduto, se è alla scrivania gli tira un po' la sedia indietro, se è a letto gli leva il computer dalle gambe. In entrambi i casi gli si siede in braccio, mentre Simone protesta che era arrivato a un punto importante, e per colpa tua fallirò il dottorato.

Mimmo si sente un po' egoista, ma non gli potrebbe fregare di meno, e anche i suoi esami gli sembrano lontani, una cosa che può fare domani, perché oggi può avere Simone, e prima gli sembrava impossibile come opzione. Se lo merita, crede.

Gli lecca un po' le labbra, si abbassa con la faccia sulla sua abbastanza per inalare l'odore del dopobarba prima di baciarlo. Se Simone non ha ceduto prima, a quel punto lo fa quasi subito, e gli mette le mani attorno alla vita per reggerlo bene, poi gliele infila sotto i vestiti, su per la schiena o sotto al culo, dipende dalla giornata.

Mimmo sorride nel bacio: vince quella piccola battaglia tutte le volte.

Scopre anche che nonostante sia pigro, a lui piace troppo svegliarsi prima di Simone. Gli sembra di avere più tempo, in quel modo, anche se lui dorme e non stanno facendo niente. Mimmo lo guarda, perché prima non lo poteva fare e adesso può, ogni volta che gli va. Può passargli il dito su tutti i lineamenti e memorizzarli come se fosse cieco, solo con il tatto: non lo fa solo perché significherebbe svegliarlo.

Gli annusa l'incavo tra la spalla e il collo — lì l'odore di Simone, non quello del dopobarba, dello shampoo o del bagnoschiuma, si sente di più. Sa di bucato pulito, come tornare a casa dopo che ti sei preso la pioggia fuori. Mimmo non ha mai visto né tantomeno acceso un camino, ma immagina sappia anche di quello. Di libro un po' vecchio che apri e leggi sulla poltrona, fuori ancora piove e ti sei fatto una tisana. Simone sa semplicemente dello scenario più confortante che Mimmo riesce ad immaginare, forse perché lo è lui stesso.

"Amò," gli sussurra sulla pelle, quando inizia a suonare la sveglia quella mattina. Ne ha cento, una cinque minuti dall'altra. Non si sveglia mai alla prima, e non sente mai Mimmo che lo chiama. Meglio così, non l'ha ancora chiamato amò in faccia. "Ti devi sveglià."

Il fato ci ha fatto (r)incontrare - Mimmo & SimoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora