capitolo 20

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Matteo se ne andò insieme a mia madre e suo padre.
Avrei passato la giornata da sola.
E magari avrei potuto sfruttare il tempo in solitudine per riflettere sul da farsi.
Il cielo sopra Milano era bellissimo, continuavo a fissarlo dal terrazzino di camera mia, perdendomi completamente nei miei pensieri, mentre inspiravo dal filtro di una Winston.
Era così rilassante, ma quando ripensavo a quanto accaduto con Matteo, tutto si faceva improvvisamente buio
Iniziavo subito ad andare in paranoia totale, riflettevo su come avrei potuto risolvere il tutto, ma sembrava completamente impossibile.
Guardai l'ora: erano le 10:30.
Non sapendo cosa fare, decisi di chiamare Francesca.
Avevo bisogno di confidare questo peso che mi portavo dentro.
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"Non posso crederci" mi disse Francesca sconcertata "Guarda, sono allibita quanto te tesoro. Non so davvero che dirti" continuò con tono nervoso.
"Tranquilla, avevo solo bisogno di dirlo a qualcuno. Non mi aspetto consigli o altro, so che è complicata come situazione" risposi io rassicurandola.
"Aspetta, com'era il nome di quella?"
"Ma chi" dissi io, appoggiandomi alla ringhiera del balcone.
"Il nome di quella che ha nominato Vincenzo nei messaggi".
"Noemi...credo" risposi io confusa.
"Aspetta amo, forse so chi è".
A quelle parole sobbalzai, poteva essere un'informazione importante.
"Io sto con Giuseppe da 5 anni, quindi esco con Matteo e Vincenzo da un po'. Ricordo che una volta Matteo mi presentò questa Noemi, credo fosse la sua fidanzata" spiegò Francesca.
"E poi? Si sono lasciati?" chiesi nervosamente io.
"Poi lei iniziò ad uscire con noi, ma solo per qualche mese. Improvvisamente sparì. Ma ricordo bene che Giuseppe mi disse che Matteo e Vincenzo avevano litigato.
Infatti Vincenzo smise di uscire con il gruppo per un po' dopo quella lite".
Avevo gli occhi sgranati, mi mordevo le unghie e tutto mi si fece improvvisamente più chiaro.
"Grazie mille Francesca, ci sentiamo dopo, scusami ma adesso ho da fare".
Francesca mi salutò, ed io chiusi la chiamata.
C'era altro sotto, e io mi sentivo sempre più impaziente.
Pian piano stavo iniziando a mettere insieme i pezzi, e non potevo più aspettare.
Dovevo scoprire tutto il più presto possibile.
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16:30
Più passava il tempo, e più ero convinta di voler parlare con Vincenzo.
Mi sentivo impotente dinnanzi a tutta quella storia, ma volevo comunque provare a risolvere tutto con le mie mani.
Anche perché se non l'avessi fatto io, le cose sarebbero rimaste tali, e il mio rapporto con Vincenzo sarebbe andato in rovina.
Lui non si faceva sentire dalla notte precedente, e io sentivo il bisogno di parlargli farsi sempre più vivido.
Avrei potuto chiamare, ma avevo paura di disturbarlo.
E con un messaggio su Whatsapp non mi sarei riuscita a spiegare.
Aprii Instagram, e vedendo una sua storia, ci cliccai subito.
Era un video di lui nello studio, l'aveva messo negli amici stretti.
Stava registrando un pezzo, e aveva messo il luogo dove si trovava.
Andai a controllare.
Il video era di pochi minuti prima, e lo stabilimento distava poco più di mezz'ora da casa mia.
Inizialmente esitai per qualche secondo, ma poi mi dissi che dovevo prendermi qualche rischio se volevo risolvere le cose.
Mi vestii velocemente, con le prime cose che trovai nell'armadio, indossai il borsello e uscii di casa, prendendo le chiavi dell'auto di mia madre.
Arrivata in garage, entrai nel veicolo sbattendo la portiera, misi in moto e partii, impostando nel navigatore il luogo che avevo trovato sulla storia di Vincenzo.
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Arrivai dopo più o meno 20 minuti.
Scesi dall'auto inchiavandola, per poi cercare con gli occhi l'auto di Vincenzo nel grande parcheggio di fronte al palazzo.
Dopo pochi secondi finalmente la vidi, e mi tranquillizzai.
Mi diressi verso l'entrata dello studio, che si riconosceva bene tra gli altri palazzi: quest'ultimo era l'unico ben tenuto, mentre gli altri erano tutti vecchi edifici abbandonati.
Mentre mi avvicinavo, iniziavo a sentirmi gli occhi addosso.
Quella non era una bella zona, e iniziai a sentirmi leggermente preoccupata.
Inizialmente non vidi nessuno, ma quando fui a pochi passi dall'ingresso, tre uomini si misero davanti alla porta, circondandomi.
"Ragazzina, chi cerchi?" disse uno dei tre, squadrandomi.
"Cerco Vincenzo" risposi io, stringendo ansiosamente la cinghia del borsello.
I tre si misero a ridere, uno di loro scuoteva la testa.
"Sono tante le ragazze che cercano Paky" disse poi uno di loro "Non puoi stare qua, vattene dai".
L'uomo mi prese per il braccio per mandarmi via, ma l'altro signore con lui lo chiamò, fancendogli cenno di lasciarmi.
Si bisbigliarono qualcosa all'orecchio, e poi si volsero verso di me.
"Come ti chiami?" disse uno guardandomi.
"Lucrezia" risposi io nervosa.
Loro annuirono, e mi accompagnarono all'entrata.
Era stato Vincenzo a parlargli di me?
Non mi interessava, al momento avevo delle cose da risolvere.
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Salii le scale del palazzo, seguita dai tre bodyguard.
Arrivammo a una porta, dove entrarono prima loro, dicendomi di aspettare fuori.
Sentii che uno dei tre uomini pronunciare il mio nome, e poi dopo qualche istante, mi fecero cenno di entrare.
Giuseppe, Samuel e Luca erano lì, seduti a fumare, mentre Vincenzo registrava un pezzo.
Salutai gli altri, che mi fecero accomodare su un divano, posizionato al centro della sala.
Inizialmente Vincenzo non mi notò, ma poi quando i suoi occhi incrociarono i miei, si tolse immediatamente le cuffie e uscii dalla sala di registrazione.
"Stacca un secondo" disse facendo un cenno con la mano al producer.
Mi guardò negli occhi, scuotendo la testa.
"Ma che ci fai qua? Sei sola?" disse prendendomi per le spalle, sembrava preoccupato.
"Si Vincenzo, devo parlarti e non riuscivo ad aspettare. Così ti ho raggiunto" dissi io, cercando di fargli capire l'importanza della faccenda.
Vincenzo guardò i ragazzi, in cerca di qualche tipo di approvazione.
Samuel annuì, mentre gli altri due mi sorridevano, provando ad incoraggiarmi.
Così, Vincenzo mi prese per mano, e mi accompagnò fuori.
Ci accomodammo in una saletta di fianco allo studio.
Vincenzo chiuse la porta dietro di sè, e si girò verso di me.
Prima che potessi riuscire a dire qualcosa, Vincenzo si girò verso di me, e mi afferrò per le spalle.
"Ma si scem? Qua è un brutto posto. Non dovevi venire"  disse in tono arrabbiato, mentre gesticolava con le mani.
Poi però, vedendo i miei occhi spaventati dalle sue urla, si fermò di colpo, lasciando la presa.
"Scusa ammò" disse iniziando a girovagare per la stanza con le mani in faccia per il nervoso "È che mi preoccupo per te".

cuore con le ali || PAKYDove le storie prendono vita. Scoprilo ora