capitolo dodici

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FABIEN

Se avesse saputo che fare il poliziotto a Fourcès avrebbe significato avere a che fare con tre vecchi scatenati, ci avrebbe pensato due volte prima di accettare quel ruolo: ogni giorno quei tre riuscivano a combinarne una nuova e, puntualmente, finiva con una piccola rissa.

I lavori da Sophie li tenevano impegnati per buona parte della giornata e lei era bravissima a gestirli, il problema era quando uscivano dalla proprietà Hamon e potevano fare del loro peggio.

Addentò il panino mentre rileggeva l'ennesimo rapporto che sarebbe stato schedato sotto il nome dei tre e mugolò di piacere: aveva avvisato Sophie che non sarebbe passato dalla fattoria per finire di sistemare il cancello della rimessa e, poco dopo, lei era comparsa nel suo ufficio con quel panino e una manciata di biscotti fatti in casa.

Prosciutto, Reblochon, pomodori e una strana salsa verde ma che si accordava da dio con tutto il resto.
Finì velocemente il resto del panino, addentando i biscotti e passando all'altro rapporto: Roy aveva di nuovo visto qualcosa nella sua galleria e gliel'aveva fatta perlustrare per ogni centimetro, facendogli anche cambiare la disposizione di mobili e quadri.

Non fosse stato per gli evidenti attacchi d'ansia, era quasi certo che quell'uomo lo stesse usando ogni volta che voleva dare un tocco di novità al suo esercizio.

Lasciò andare un nuovo sospiro, alzandosi dalla scrivania e sistemando i rapporti nel piccolo archivio, sapendo benissimo che sarebbero rimasti lì finché non fosse giunto il momento di renderli carta straccia, come quasi tutto quello che riportava delle disavventure di Fourcès.

Alla gendarmeria francese poco importava delle marachelle di un trio di vecchi, a ben vedere.

Si infilò la giacca di pelle e si tolse pistola e distintivo, mettendoli al sicuro nell'ufficio: una cosa che aveva iniziato a fare quando, una mattina, si era svegliato e aveva trovato sua nonna fare le prove del cosplay di Colombo davanti lo specchio con la sua arma fra le mani.

Si chiuse la porta dietro di sé e si avviò dall'altra parte della piazza, raggiungendo il locale di Eloise: le chiacchiere e il profumo di caffé erano ciò che lo accolse non appena entrò dentro, assieme agli improperi del trio combinaguai di Fourcès.

Li ignorò, concentrandosi sulla donna che gli dava le spalle e stava chiacchierando con Eloise: quel giorno Sophie aveva i capelli sciolti, che le cadevano lungo la schiena e risaltavano sulla maglia bianca e di qualche taglia più grande, i fianchi erano fasciati dai jeans e lui si domandò, come ogni volta che la vedeva, cosa indossasse sotto.

Era un tarlo, un demonio che si era impossessato di lui da quando aveva raccolto gli indumenti della donna dal fango e aveva scoperto che genere di biancheria intima indossasse.

Immaginarla con il seno stretto nelle coppe rosso borgogna e un microperizoma era diventato la sua fantasia preferita ogni volta che si dava piacere.

Un'immagine che, però, lo faceva sentire in colpa ogni volta che la vedeva, in pratica ogni giorno.

Si avvicinò, posandole una mano sulla schiena e sfiorandola leggermente, guardandola voltarsi e sorridergli: "Buonasera, detective" cinguettò con un'espressione birichina in volto che lo fece ridacchiare, mentre si metteva a sedere anche lui.

"Da quanto volevi dirlo?"

"Da un po'" commentò Sophie, bevendo un sorso di birra dalla bottiglia e inclinando il capo, guardandolo in volto: "Com'è andata oggi?"

Fabien fece un cenno a Eloise e, quasi immediatamente, una bottiglia fredda di birra si materializzò davanti a lui: "Ho evitato che Garcia saltasse al collo di Vincent e Roy ha avuto l'ennesimo attacco d'ansia."

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