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Tre anni dopo

Yuki

«Tutto chiaro? Arrivi da lui, lo minacci e se non ti da i soldi lo spacchi in due» Yu Masaki mi studiò dietro gli occhiali da sole, fra i denti uno stuzzicadenti, era ben vestito e mi guardava speranzoso.

«Tutto chiaro, capo, ci vediamo più tardi» scesi fuori dalla macchina e mi sistemai il capello sulla testa. Mi strinsi nel lungo e largo cappotto nero di pelle che avevo da quando ne avevo memoria. Riscaldai le mani fra di loro, entrambe fasciate da dei guanti di pelle che lasciavano scoperte le dita. Gettai la sigaretta a terra e mi sgranchii il collo.

«Che lo spettacolo inizi» mi avvicinai al ragazzo, era di spalle, indossava l'uniforme di una scuola. A giudicare dall'età probabilmente quella della U.A, aveva i capelli biondi, alle orecchie portava le cuffiette, rideva con un altro ragazzo, che invece aveva dei capelli rossi sparati in aria.

A capitaneggiarli c'era un altro ragazzo questa volta biondo cenere, più alto degli altri due e completamente disinteressato agli argomenti dei due ragazzi.

Mi avvicinai al ragazzo che Masaki mi aveva indicato e lo tirai contro il muro, gli altri due mi fissarono ed erano sul punto di attaccarmi, ma tirai fuori un coltellino che puntai al collo del ragazzo.

«Denki Kaminari, giusto?» mi rivolsi a lui, annuì tremante «Sono qui a nome di Masaki. Allora, mi è stato detto che sei indietro con la consegna del prestito e se non mi dai i due centoni ora credo che dovrò spaccarti le mani»

«Entrambe?» biascicò in preda alla paura, le gambe gli tremavano e si appoggiava al muro per rimanere in piedi «Così non puoi più prepararti una canna» lo guardai sadica.

«Pikachu, si può sapere che hai fatto?» gli domandò l'altro biondo, sull'attenti.

«Deve dei soldi al mio capo, si è fatto dare un po' di erba e non l'ha pagata. Non è così?» il biondo annuì ancora, trovò la forza di portarsi le mani nelle tasche e tirò fuori il portafoglio, lo afferrai e guardai dentro «Qui ci sono solo cinquanta dollari, Kaminari. Non va bene, metti me in una brutta posizione»

«Io dovrei avere altri cinquanta» disse il rosso dandomi la banconota.
«Ne mancano altri cento, ti spezzerò solo una mano allora...»

«Aspetta...» disse l'altro biondo, afferrò il portafoglio e tirò fuori cento dollari «Tieni, e non venire più a cercarci» mi misi i soldi in tasca e inizia a camminare all'indietro mantenendo il contatto visivo con il biondo.

«E chi ci vuole più avere a che fare con voi» sporsi un braccio lungo la strada e in pochi secondi aprii la portiera della macchina che mi passò dietro e ci entrai «Ecco a te, capo»

Masaki mi diede cinquanta dei duecento dollari e si mise il resto intasca «Dove ti porto?» mi chiese con lo sguardo fisso sulla strada. Feci spallucce, dopotutto non è che avessi un gran che da fare se non i suoi lavori da esattrice.

«Yuki, pensavo ad una cosa» mi disse guardandomi dallo specchietto retrovisore «Che ne dici di iniziare l'università?» ridacchiai, convinta che la sua fosse una battuta. Purtroppo non rise.

Masaki era uno dei ragazzi grandi dell'orfanotrofio, a diciotto anni aveva ottenuto l'eredità dei genitori e nella vita prestava i soldi alla gente per poi farseli ridare e se non lo facevano in tempo entravo io in ballo, li picchiavo se non me li davano o mi prendevo i soldi se ce li avevano.

Questa cosa andava avanti da circa tre anni e fra noi si era instaurato un rapporto molto più profondo di quello fra un capo ed un sottoposto, per me era più un fratello maggiore, e lui mi considerava una sorellina e sapeva perfettamente cosa ne pensavo della scuola.

«Sto parlando seriamente, Yuki. Sappiamo entrambi che di buono non hai solo un sinistro micidiale» scossi il capo accendendomi una sigaretta per scaricare la tensione.

«Ne abbiamo già parlato, io non mi metterò a studiare. Non ho il diploma e poi non mi va. Ho il lavoro con te»

Accostò in un posto abbandonato e si girò verso di me. Si tolse gli occhiali da sole e mi guardò serio «Non puoi vivere solo con i miei cinquanta dollari e qualche incontro di boxe qua e là. Ti hanno anche cacciata dall'orfanotrofio, vuoi davvero vivere così?»

Gli occhi castani del mio amico mi pregavano di ascoltarlo, di farmi aiutare. Però io ero una testa dura, abbassai il capo ed espirai il fumo «Sposerò qualche riccone» mi inventai. 

«Yuki» mi fissò serio, sentii una parte di me crollare. Da lui non mi sarei mai aspettata la paternale, lui che aveva abbandonato la scuola molto prima di me e che si era dato alla malavita. Era proprio l'ultimo che poteva incitarmi a uscire dal fango, poiché era stato lui a trascinarmici dentro.

«Per te è facile, non sei stato rifiutato. Non ti sei nemmeno messo in gioco, se è per questo» sospirai, il fumo annebbiò la vista di entrambi «Ci vediamo domani» uscii dall'auto e feci finta di non ascoltare i suoi richiami lontani.

****

Camminavo per le strade di Tokyo senza una meta, con una birra nella mano sinistra ed una sigaretta nella destra. Guardai il cielo buio e privo di stelle e mi chiesi se avrei mai avuto la possibilità di vederne uno bello come la notte stellata di Van Gogh, un giorno.

E mentre fantasticavo sulla notte, sulla sera e sul futuro, notai un edificio in fiamme, dei pianti provenire dalla parte alta e delle persone che gridavano: «Un bambino è rimasto dentro» oppure «Gli eroi stanno arrivando»

Poveri illusi, gli eroi non arrivano mai in tempo

Mi intrufolai nel palazzo e seguii il suono degli strepiti del bambino, lo presi in braccio e corsi il più veloce possibili al di fuori dell'edificio. La mamma mi si gettò contro afferrando il bambino, mi guardò e mi abbracciò «Grazie, grazie mille» disse fra i singhiozzi.

«S-si figuri» mormorai. Da lontano vidi gli hero arrivare, così andai via, lasciando la situazione ai professionisti.

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora