XXII

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Yuki

«Che intendi con "verità"?» ridacchiai con capendo.
«Chi è che ti tocca durante la notte, Yuki?»

Sgranai gli occhi al solo ricordo di qualche ora prima quando... solo a pensarci avevo i brividi.

«Hai parlato con Yaoyorozu» abbassai lo sguardo.
«Già, si da proprio il caso che sia la mia ragazza» già evidentemente parlavano. E anche tanto a giudicare dal suo sguardo.

«Senti, voglio vedermela da sola. Insomma questa è...»
«No, ora ci siamo dentro insieme, cara mia, non te ne uscirai così» ma cos'era tutta questa aggressività.

Cazzo, era la mia vita, si parlava della mia testa, lui non aveva nessun diritto su di me. Non era nessuno, l'aveva detto stesso lui che non significavo nulla per lui. Era un ipocrita ed il non mi sarei lasciata contagiare dalla sua ipocrisia.

«Allora senti, caro mio, da oggi ti esonero dal farmi da baby sitter. Posso cavarmela da sola. Cazzo ho diciotto anni e sono costretta a vivere qui dentro perché per pagarmi l'affitto ho quasi picchiato il tuo amico. Sinceramente hai fatto tutto da solo» no ricordo un unico momento in cui non abbiamo litigato.

Io e lui eravamo due grandi buchi neri che risucchiavano l'anima dell'altro e all'inizio l'adrenalina eccitava entrambi, ma ora ci stava stancando questo continuo risucchio.

«Io avrei fatto tutto da solo? Cazzo avresti anche potuto risparmiarti dal contraccambiare quel bacio se non mi avessi voluto con te»

«Non mettere in mezzo quel bacio ora, sto parlando del fatto che continui ad entrare nella ma vita senza che te lo chieda, Bakugo»

Sbuffò e portò lo sguardo in alto, le labbra erano curvate in un sorriso nervoso, collo portato indietro metteva in bella vista il suo pomo d'Adamo e le mani erano ben piazzate sui fianchi.

«Non ti sei mai chiesta perché io faccia tutto questo?»
«Certo che no» diamine, Yuki, tu proprio non ragioni quando parli. Io sono fermamente convinta che nel cervello di tutti ci sia un setaccio che lascia uscire le parole giuste e lascia dentro quelle che non portano a nulla di buono.

Nel mio cervello non c'è mai stato, né ora né in quel momento.

«Allora te lo spiego in modo chiaro» mi si avvicinò ed io scontrai contro un muro «Perché tu hai grandi potenzialità. Delle potenzialità che mi fanno paura perché sono più grandi delle mie e non voglio che tu finisca rinchiusa in un manicomio nella totale solitudine»

«Chi ti dice che io non abbia amici al di fuori di questa patetica scuola dove tutti sono ciò che in realtà non sono» gridai e ciò lo portò ad infuriarsi a sua volta.

«Perché tu stai sprofondando e non accetti l'aiuto di nessuno, aspetti che la fortuna sia dalla tua parte ma sono le persone che cercano d'aiutarti la tua fortuna. Non sei forte se soffri e hai bisogno di qualcuno che si prenda cura di te»

«Ma che cazzo ne sai tu di quello di cui ho bisogno io. Preoccupati di essere felice tu, piuttosto» commentai acida.
«Che vuoi dire con questo?» sibilò a denti stretti con poca pazienza.

«Che non credo che un ragazzo, seppur fidanzato, che scopa con chiunque gli capiti a tiro sia felice. Non credo che un ragazzo orgoglioso e con poca fiducia nel prossimo sia felice. Non credo che un ragazzo altezzoso e presuntuoso come te possa essere felice senza farsi un bel bagno nell'umiltà» rise acido e mi guardò con uno sguardo spaventosamente felice.

«Oltre alla parentesi sullo scoparsi tutti, hai descritto te stessa. Una patetica orfanella con problemi d'autostima che crede di essere forte ma che potrebbe distruggersi per terra con una sola folata di vento se solo non si riparasse dentro la sua amratura di infelicità e pazzia»

Stavamo giocando a chi si faceva più male. A chi resisteva di più agli atroci insulti dell'altro e a chi, alla fine, sarebbe corso dall'altro per il perdono. Ma non sarei stata io.

«Se la vedi così, allora, non vedo motivo per cui non dovrei dirti quello che succede effettivamente ogni notte che passo da sola in camera mia» così sarebbe fuggito e non mi avrebbe più calcolata.

«Arriva piano, in silenzio» mi fu difficile trovare il coraggio di confessare, ma se questo l'avrebbe portato via da me tanto valeva esporsi «Striscia lungo il letto, mi afferra le caviglie e poi fa scivolare le mania su tutto il mio corpo partendo dagli stinchi»

«Ed io cervo di scappare, la mia mente grida e l'intenzione è quella di fuggire, ma rimango lì a tremare, sono inerme, ormai è fatta. Certe volte mi parla, mi dice non valgo nulla, mi rinfaccia che neanche i miei genitori mi hanno voluta. Mi dice che sono solo una puttanella che nella vita non raggiungerà nessun traguardo»

Lo guardai negli occhi e vidi che qualcosa si era spezzato nel suo orgoglio da uomo alfa, ora provava pena per me.

«Dice che io in realtà godo quando mi prende in tutte le posizioni anche se grido perché si fermi e mi dice che a nessuno importa se grido. Posso farlo quanto mi pare, questo lo eccita ancora di più. Spinge dentro di me con una brutalità tale da farmi male e grido, grido talmente tanto da farlo in silenzio e nessuno mi sente.»

La sua mano accarezzò la mia guancia ed io abbassai lo sguardo, mortificata, schifata.
«Poi accendo la luce, mi guardo intorno, non c'è nessuno. Sono completamente vestita, non ho gridato e non gli ho fatto niente. Mi rimetto a letto e le voci iniziano a ridere e a prendersi gioco di me. Che non mi riesco a controllare. Che sono pazza. Ecco cosa succede. Ora che sei spaventato puoi scappare via»

Ma sorprendentemente mi abbracciò e le voci, che fino a quel momento mi avevano detto che sarebbe scappato, che non mi avrebbe mai più parlato, tacquero. Il mondo tacque. E quel mostro che fino a poco tempo prima mi guardava dall'angolo della stanza era scomparso.

Ora siamo noi due. E mi piace. Tanto.

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora