XII

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Yuki

«Si ma non è così male»
«Con te, magari, ma non con il resto del mondo» borbottai appoggiandomi al davanzale e accendendomi una sigaretta.

«Non esagerare» mi passò il joystick ed io rifiutai.
«Non ho mai giocato» espirai il fumo fuori dalla finestra e lui si portò le mani davanti alla bocca.

Mi si avvicinò, buttò la mia sigaretta giù dalla finestra e mi fece sedere a terra dandomi il telecomando.
«Ora impari a giocare a Fortnite»

Successe tutto talmente in fretta che il mio sguardo era ancora puntato sulla finestra.
«Ma... Dico una fumata in pace, in questa scuola, si può fare?!»

«Non hai più tempo per fumare, soldato, devi giocare. Su» incrociai le gambe e cedetti all'insistenza di Kirishima.

Prospetto che sarà un lungo pomeriggio.

****

Bakugo

Pensare che mi odiasse mi consolava. Insomma, gran parte delle ragazze che frequentavo in realtà avevano solo ed esclusivamente voglia di scoparmi.

Ed io, nonostante fossi cosciente del fatto che indebolisse le gambe, le accontentavo. A volte con piacere altre con meno.

Ma lei, non avrei mai avuto il coraggio di scoparla.
Sarebbe stato contro ogni mio codice etico.
Lei andava contro ogni mio codice etico.

Lei fumava, io non l'avevo mai fatto.
Lei si accontentava del nulla per vivere, io se non avevo l'acqua calda facevo il pazzo.

E le differenze ce n'erano a milioni. Ad iniziare dai nostri sguardi. Il mio era colmo di rabbia e determinazione, non farò finta di non sapere che avevo dei problemi con la rabbia, mentre i suoi erano... Freddi. Ma talmente impassibili da sembrare quelli di un animale troppo concentrato sulla caccia che sulle proprie emozioni.

Lei era così, era troppo concentrata a vivere in un mondo di merda come il nostro, per provare emozioni.
I suoi erano gli occhi di una tigre. Un tigre affamata e impassibile.

In quel momento stavo camminando verso camera di Momo.
Non l'avevo mai voluta la ragazza, ma Kirishima diceva che avevo bisogno di qualcuno che si prendesse cura di me.

Ma io stavo bene con me stesso, con la mia determinazione e con la mia solitudine.
Inoltre non avevo mai amato fare del male alle persone, e quella povera ragazza ne aveva ricevute di delusioni dal sottoscritto. A partire dagli innumerevoli tradimenti.

Ma, nel momento in cui uscii dalla camera e mi chiusi la porta alle spalle, dalla stanza di fronte la mia, partirono delle urla.

Urla di una voce che avevo imparato a conoscere troppo, troppo bene.

Sentii il telecomando delle televisione venire lanciato per terra e lei che gridava: «Non riuscirò mai a fare niente! La mia vita non ce l'ha un fottuto senso. Cazzo. Cazzo. CAZZO»

Sentii dei colpi contro il muro.
Tentai di aprire la porta, invano.
Diedi delle spallate alla superficie di legno mentre le urla si facevano più forti e le parole più spaventose.

«Perché cazzo non muoio! Ammazzami, ammazzami, ti prego. A me fa male questa vita»
La porta cedette ed io mi ritrovai Kamitsu che si lanciava contro il balcone.

Feci in tempo ad afferarla per le spalle prima che si gettasse di sotto.
Lei si divincolò e mi spinse via con una forza che non le apparteneva.

«Lasciami! Mi fai schifo! Mi fate tutti schifo. Ma qual è il mio problema» si accasciò a terra e si tenne forte i capelli fino a far diventare le mani bianche.

Nella stanza fece capolino Kirishima, mi spostò e la guardò. Le si inginocchiò davanti e le fece posare la mano sul suo petto possente.
«Va tutto bene, Yuki. Calmati. Andrà tutto bene» la tenne a sé e lei pianse sul suo petto.

Capelli di Merda mimò con le labbra «Vai via». Allora oltrepassai la porta distrutta in terra e feci il corridoio verso camera di Momo.

«Hey, come va?» mi chiese sorridente. Probabilmente  la mia espressione tradì ogni risposta avessi potuto darle.
Ero sconvolto, non mi era mai capitato di vedere una scena come quella. Qualcuno che perdeva la testa di quel modo.

E dire che l'avevo vista poche ore prima che sorrideva a Capelli di Merda e faceva i fatti suoi, sembrava felice, eppure, in quel momento...

«Katsuki ma che hai? Stai tremando» scossi il capo e l'abbracciai.

Forse non l'amavo e forse non provavo nulla di romantico per lei, ma ne avevo bisogno. Dell'affetto, intendo, di quel calore particolare che in pochi possono darti e lei me l'avrebbe dato.

«Hai mai visto la persona più forte che conosci crollare?»
«Katsuki sei tu la persona più forte che conosco e credo proprio che tu, in questo momento, stia crollando»

Per me, quella Tigrotta, era la persona più forte che conoscessi. Non avevo mai visto qualcuno vivere nella merda con la stessa classe con cui ci viveva lei.

Non credevo che qualcuno così freddo, così impassibile a qualsiasi situazione, potesse cadere così rovinosamente come lei.

E mi chiesi come Capelli di Merda fosse riuscito a meritarsi il consenso di starle accanto. Perché lei non faceva avvicinare nessuno, tranne il rosso.

Fu scioccante vederli a cena chiaccherare e scherzare -o almeno Kirishima, lei sorrideva ogni tanto- come se un paio d'ore prima non fosse successo nulla.

Come se fosse tutto nella norma, come se non fosse successo nulla di spaventoso poco prima.
«Sai Kamitsu, non ho mai visto qualcuno così riservato come te, kero» disse la ragazza rana.

La mia attenzione passò immediatamente a loro, nonostante stessi dicendo a Momo cosa “le avrei fatto” dopo cena.

«Non mi piacciono le attenzioni» rispose piatta. Non c'era nessuna sfumatura di tristezza, rabbia, sarcasmo, nella sua voce.

«Sai Tigrotta forse dovresti considerare uno psicologo, fa bene parlare con qualcuno»
«Parli con me? Perché gradirei mi chiamassi Kamitsu» sembrava che utilizzasse le emozioni solo con me. Certo, la sua era rabbia allo stato brado, ma sempre meglio dell'indifferenza.

«Nah, Tigrotta è molto più originale» alzò gli occhi al cielo e continuò a mangiare, ci fu un silenzio generale e poi tutto ritornò come prima.

Io che non calcolavo lei e lei che non calcolava me. Così spaventosamente ordinario.

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora