III

78 9 1
                                    


Yuki

«Credi che mi importi qualcosa?» gli sussurrai a mia volta, poi puntai lo sguardo sui due.

Mi asciugai il sangue che scorreva dal naso.
«Piaciuto l'incontro?» borbottai mentre mi toglievo le bende dalle mani.

«Più o meno» il vecchio mi stava già antipatico, più del biondo.
Mi guardavano entrambi come se fossi una scimmia che allatta un cucciolo di tigre.

Che avevo di sbagliato? Perché gli sguardi di tutti erano costantemente su di me? Cosa c'era di tanto anormale in una ragazza che della vita ormai se ne sbatteva.

In qualcuno che aveva perso la voglia di avere un sogno troppo presto, che aveva fatto a patti con la vita ed era giunta al compromesso che non avrebbe vissuto in modo troppo eccentrico per una morte degna.

Li squadrai anch'io, non sembravano tipi di quei posti, loro erano dei damerini ricchi e senza problemi. La loro aria non meritava di essere respirata da dei poveracci come me e gli altri pugili chiusi lì dentro.

«Come mai?» domandai, il dottore arrivò e iniziò a visitarci. Il mio avversario era quello messo peggio, per ciò iniziò da lui.

Io ne approfittai per indossare una tuta ed una maglietta sopra il top e i pantalonici che avevo indossato per l'incontro.

Poi il dottore passò a me, mi controllò il naso e le nocche della mani, mi mise alcuni cerotti sullo zigomo e sul labbro inferiore.

«Non è bello vedere un talento come il tuo sprecato per degli incontri di pugilato» il dottore ci lasciò, non ci disse cosa ci fosse che non andasse e non ci consigliò di correre al primo pronto soccorso.

Non mi era mai importato di farmi vedere a seguito in un incontro, il viso tumefatto m'importava ben poco, i soldi erano quello che cercavo.

Per mangiare, per stare al caldo, per vivere. Per essere finalmente felice.

«Non è neanche bello vedere due eroi forti e ricchi come voi due qui, in una palestra di pugilato clandestino» afferrai il mio borsone avviandomi verso l'uscita.

Sarei tornata a casa, avrei dormito fino 4.30 del mattino e poi mi sarei allenata, avrei compiuto i lavori per Masaki, mi sarei concessa un paio di birre e giù di incontri.

Come una qualunque normale, monotona, giornata degli ultimi 3 anni.

«Abbiamo una proposta per te, Yuki Kamitsu» annuii, non mi importavano le loro proposte e mi sembrava di aver già detto a Bakugo che potevano cercare qualcun altro da abbindolare.

Io non ero una stupida disperata in cerca di soldi.
Io ero una orgogliosa stupida disperata in cerca di soldi. E capirete l'enorme differenza.

«Che ne diresti di entrare eccezionalmente al terzo anno alla U.A?» mi cadde il borsone dalla spalla, sentii tutti i miei antenati concentrarsi dentro di me.

Sapete, come in quelle scene dei film in cui il protagonista si incazza talmente tanto che il mondo potrebbe scoppiare solo per colpa sua, che la sua rabbia potesse sconvolgere l'intera trama del film.

Mi sentii così, perché nulla avrebbe potuto farmi arrabbiare, infuriare, incazzare, come quella proposta.

Ispirai, rammuchiai la rabbia nell'angolo più remoto del mio cervello. Cercai di controllare la mia reazione e sorrisi in modo aspro.

«Tre anni fa» feci un passo verso entrambi «Mi avete detto che nella vostra classe per eroi “non c'era posto”, avete rifiutato la mia offerta. Ed ora che mi avete visto dare un paio di pugni a quel pugile di merda, vi sentite in diritto di poter farmi quest'offerta? Andatevene, ho di meglio da fare»

«Devi accettare per forza» per la prima volta fino a quel momento Bakugo parlò, era di una serietà spaventosa. Ma che importava a quei due se avessi accettato o no?

La mia vita era solo ed esclusivamente nelle mie mani, e poiché le mie erano le mani di una poveraccia che non aveva tempo di sognare, non potevo accettare. Non se avessi voluto vivere sotto un tetto, almeno.

«Che vuoi dire?» sibilai a denti stretti, qualunque cosa fosse uscita dalla sua bocca non mi avrebbe convito. Nulla mi avrebbe fatto cambiare idea, neanche se mi avessero minacciato di uccidere il tizio che mi vendeva tacos gratis vicino l'orfanotrofio -l'unica persona a cui importava qualcosa di me.

«Che se non accetti ti denuncieremo per aggressione» strabbuzzai gli occhi, alquanto spiazzata da quell'affermazione.
«Questi incontri sono legalizzati, firmiamo un contratto prima di...»

«Stiamo parlando dell'aggressione a me, Kaminari e Kirishima, di questa mattina»
«Non avete...» e prima che potessi finire la frase Bakugo mi fermò con la sua voce, ferma, calma, ma al contempo intimidatoria e feroce.

«Il nostro amico Sero era dietro di noi, si stava facendo il laccio e l'avevamo lasciato indietro. Quando hai messo Kaminari al muro e hai tirato fuori il coltellino, gli ho fatto cenno di filmare la scena» aveva un sorrisetto compiaciuto sul volto, e la mia pazienza iniziò ad andare a farsi benedire.

«Chi mi dice che non state bluffando?» il vecchio afferrò il telefono dalla tasca e mi mostrò il video. Sbuffai, mi portai le mani sugli occhi in un cesto nervoso.

«Gesù...» biascicai, «Va bene, quando devo iniziare?»

Avresti potuto resistere di più

La vocina insopportabile che nasceva dal retro del mio cervello aveva ragione, ma nessuno avrebbe più voluto che combattessi con lui se avesse saputo che avevo la fedina penale sporca.

E poi, nel caso sfortunato fossi andata in prigione, chi mi avrebbe pagato la cauzione? Nessuno. Sarei rimasta in carcere per chissà quanto tempo e ne sarei uscita completamente povera e con la reputazione sporca.

Meglio sei mesi con dei ragazzini puzzolenti che qualche anno con donne altrettanto puzzolenti e strambe

«Puoi farlo già da oggi, inizierai domani» sbuffai. Mi sistemai il borsone sulla spalla e poi dissi: «Datemi due minuti, prendo la mia roba e torno» corsi negli spogliatoi, afferai quel paio di mutande pulite che mi rimanevano, qualche dollaro sparo qua e là e tornai dai due eroi.

«Molto bene, ora ho il giro di pattuglia. Bakugo, accompagna tu Kamitsu»

Oh perfetto, proprio la mia persona preferita.

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora