IV

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Yuki

«Ti facevo più resistente» interruppe il silenzio il biondo. Lo guardai, la luce fioca della luna gli illuminava il volto. Era piuttosto bello, per uno che della gentilezza non voleva saperne.

«Io ti facevo più irascibile» una vena iniziò a pulsare sulla sua tempia.

«E con questo che vorresti dire?!» ruggì, mi accesi una sigaretta e borbottai un “Niente”, prima di rimanere completamente in silenzio.

Si offrì i tenermi il borsone e declinai l'offerta. Sin da quand'ero piccola avevo contato solamente sulla mia indipendenza, non avevo bisogno di un ragazzo qualsiasi per tenermi il borsone.

Tuttavia, notai che il mio “No” suscitò in una reazione impercettibile, ma che io -che se non avessi dato importanza ai dettagli probabilmente non sarei stata l'unica pugile che non si è mai rotta il naso- notai: i muscoli della sua mascella guizzarono e la sua espressione si accigliò.

Il tragitto continuò silenzioso, nelle vie più buie mi avvicinai leggermente al biondo, che non credo se ne accorse.

Arrivammo davanti l'edificio immenso che avevo visto per la prima volta 3 anni prima, mi bloccai, me mani tremarono -ancora- e le mie gambe sembrarono non volerne sapere di camminare.

«Avanti, comparsa, che ti prende?» domandò accigliato, si appoggiò all'entrata, la sua possenza era spaventosa.

Non mi sarei mai immaginata di varcare quel cancello, mi ero ripromessa che non l'avrei mai fatto. E allora perché ero lì? Perché non me la davo a gambe?

La risposta era nitida nella mia testa, mi rimbombava nella scatola cranica come la voce del cantante in un concerto, tuttavia non l'avrei mai ammesso. Mai a voce alta, almeno.

La verità è che del profondo non me ne vado perché io voglio entrarci lì dentro

Ad un tratto sentii il pavimento mancare sotto i miei piedi e due fonti di calore appoggiate sulla mia vita e dietro le mie ginocchia.

Bakugo mi stava tenendo a sposa. Katsuki Bakugo mi stava portando all'interno dell'edificio in cui avrei passo il resto del mio anno, come se ci fossimo appena sposati.

Katsuki Bakugo stava facendo... COSA?

«Lasciami brutta copia di un riccio!» gridai, mi sembrò di risvegliarmi da una sorta di trance. Notai ancora il movimento dei muscoli della sua mascella e i suoi occhi sembrarono incupirsi, però non rispose, continuò a camminare.

«Andiamo sono troppo pesate, non sei mica Rocky Balboa» continuai a strepitare fra le sue braccia e lui saldò la sua prese fulminandomi con lo sguardo.

«Non dire cazzate, sei più leggera di una piuma, e se anche non fosse sei troppo scioccata per camminare, almeno io faccio esercizio e tu non rivivi un trauma. Siamo tutti contenti, ippip urrà!»

Mi stava paragonando ad uno dei suoi stupidi esercizi da hero? Mi prendeva in giro? Continuai a cercare di liberarmi ma Bakugo tenne duro e così dovetti rinunciare.

Mi lasciò solo quando arrivammo davanti la porta della sala comune, c'erano tutti i suoi amici. C'era chi giocava a Go, chi guardava un film in TV, chi chiacchierava, chi si limonava e chi guardava il cellulare.

Appena facemmo capolino nella stanza -e ormai Bakugo mi aveva già messa giù-, lo stesso ragazzo dai capelli rossi di quella mattina si voltò verso di noi.

«Oh Bakugo sei tornato! Hai portato le pizze?» poi si accorse di me, in realtà io non guardavo lui, ero troppo impegnata a squadrare l'ambiente circostante.

Tenni saldo il borsone sulla mia spalle e mi accesi un'altra sigaretta.

«Oddio! Ma io te li ho dati i solidi!» Kaminari attirò la mia attenzione, mi voltai verso di lui e lo fulminai con lo sguardo.

«Ti pare che sono qui per te? Leggermente narcisista da parte tua, non trovi?» lo interrogai avvicinandomi, si coprì il viso con le braccia come segno di difesa, ma io lo superai per affacciarmi alla finestra.

Alto, troppo alto, non posso neanche scappare. Perfetto.

Mi avvicinai nuovamente a Bakugo e mi avviai nei corridoi.
«Accompagnami in camera mia» gli ordinai espirando il fumo.

«Non darmi ordini» ruggì superando la mia figura minuta mentre si faceva largo nei corridoi, era enorme. Assurdo come un uomo potesse essere così... Ingombrante.

L'intero corridoio era riempito dalla sua possenza, quando mi bloccai lo vidi girarsi verso di me.
«Che c'è? Non ti prendo un'altra volta in braccio» biascicò.

«Pensavo ad una cosa» lo ignorai guardandomi intorno, ogni porta con su scritto il nome del possessore della camera, le luci tristi e bianche, i corridoi omologhi «Sembra un ospedale psichiatrico»

Alzò gli occhi al cielo continuando a camminare, io lo affiancai poco dopo «Non scherzo, eh»
«Sei mai stata in un ospedale psichiatrico?» qui tentava un po' troppo.

Eravamo arrivati al punto in cui avrebbe potuto farmi certe domande? Non era assolutamente nessuno. Quel... biondino troppo creduto.

«Non sono affari tuoi» gettai la cenere della sigaretta a terra e sentii il suo sguardo incombere su di me «Se perdi la testa nessuno più ti vuole, vero?»

Ma da dove cazzo mi uscivano certe domande? Ma poi, secondo la mia testolina bacata, lui cosa stracazzo poteva saperne di come ci si sente quando impazzisci e nessuno vuole starti vicino?

«Che domanda idiota» borbottò continuando a camminare.
Ma dove cazzo finisce questo corridoio di merda?!

«Vuoi un tiro?» gli indicai la sigaretta, non mi guardò neanche. Non mi concesse il privilegio di fissare quegli occhi color rubino, di una bellezza unica e rara.

«Ripeto: che domanda idiota» si fermò davanti una porta verde, la targhetta segnava già il mio nome.

Dio, davano già per scontato che avrei accettato? Cosa gli ha fatto credere che non avrei accettato la denuncia?

Stavo per aprire la porta, gettare il borsone non so dove, non salutarlo e chiudermi la porta alle spalle. Ma prima che potesse chiudersi, Bakugo la fermò, mi guardò e, titubante, disse: «Dipende dalle persone»

Inarcai un sopracciglio, non capendo, e lui sbuffò alzando la testa al cielo «Dipende dalle persone, se sono veri amici rimangono, se non lo sono ti abbandonano e fanno finta di non aver mai passato del tempo con te»

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora