XXI

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Bakugo

Il problema era che il mondo era pieno di fallimenti e lei era l'ultima persona che potesse considerarsi un fallimento.

Lei era pazza, schizzata mentale, ma lo era in modo talmente calmo da renderlo normale.

Forse, però, non conoscevo quello che succedeva nella sua testa, forse quella calma spaventosa era frutto di un rifiuto di sé che ora la stava portando a piangere.

«E cosa vuoi fare?» le chiesi stringendola a me, non l'avrei lasciata e sentirla singhiozzare contro il mio petto mi fece provare una strana stretta al cuore.

«Non ne ho idea» si strinse contro di me e avrei voluto fermare il tempo, perché, tolte le sue lacrime, quello era il momento più intimo che avessimo mai avuto e questo mi stava provocando una strana sensazione alla bocca dello stomaco.

«Forse dovremmo dirlo ad Aizawa» mormorò. Ispirai il suo odore e pensai che non avrei voluto che se ne andasse.

Mi allontanai, non volevo sentire tutte quelle sensazioni.
«Forse è la cosa migliore, ora è meglio che vada» strinsi la parte superiore del naso con due dita e chiusi gli occhi.

«Bakugo ma che ti prende» fece un passo avanti ed io indietreggiai.

«Senti, Tigrotta, a me non importa nulla di te. Tu l'hai capito questo, vero?» era una bugia bella e buona, ma quella sensazione strana alla bocca dello stomaco mi dava un fastidio non indifferente e non volevo che diventasse più forte.

Non volevo soffrire in sua presenza e forse il meglio per entrambi era che lei se ne andasse.

«Pensavo che tu...»
«Pensavo ebbe cent'anni di galera, questo lo sai?» recitare la parte dello stronzo insensibile non mi era mai pesato. Avevo la faccia da cattivo ragazzo e apparentemente il mio carattere poteva richiamare quello di un qualunque badboy dei libri o dei film.

Per ciò sin dall'infanzia mi ero costruito un personaggio tutto mio e nessuno era mai riuscito a far cadere le mie difese, facevo lo stronzo anche con il mio migliore amico.

Ma lei, con la sua testa calda, mi aveva fatto scattare qualcosa dentro che nessuno prima d'ora aveva fatto.

Tirò su col naso e assunse un'aria autoritaria.
«Hai ragione, dovrei andare anch'io» così mi voltò le spalle ed entrò nei dormitori.

Fu un bene, non avrei mai dovuto immischiarmi negli affari di una pazza. Forse era meglio se lasciavo fare a Kirishima.

Non è mai facile amare una persona fragile, soprattutto se cambia carattere ogni due per tre.

Bisogna essere spaventosamente forti per non lasciarsi sopraffare dalle paura di colei che sta soffrendo e magari, dicendole le proprie paure, si può trovare il modo di rimuovere.

Solo che si deve essere predestinati per riuscire in questa impresa ed io e lei non l'eravamo. E non lo saremmo mai stati.

****

«Katsuki, tesoro svegliati» i miei occhi erano abbagliati dalla luce forte del sole che filtrava dalla finestra.

Mi guardai intorno, le pareti erano tappezzate di rosa, le lenzuola stropicciate e c'erano una manciata di preservativi usati per terra.

Al mio fianco Momo mi guardava sorridente.

Il minimo dopo cinque scopate in una notte.

«Abbiamo saltato lezione»
«Se vuoi andarci, vai pure»
«Oh, grazie tesoro» disse dandomi un abbraccio ed un bacio a stampo.

La mia ragazza non si presentava a lezione solo per emergenze senza soluzione e stava male se non ci andava solo perché io l'avevo trattenuta. Non riusciva a godersi l'attimo.

«Senti, ehm... come ci sono arrivato qui?» Momo si infilò il reggiseno e si voltò.
«Eri sbronzo e mi hai detto: "Scopami finché non mi addormento" e l'abbiamo fatto cinque volte, non contando preliminari e sesso orale»

Dio, è per questo che non bevo mai, l'alcol mi dà poteri assurdi.

«Sono stanco morto» sbadigliai mentre la corvina si infilava la gonna.

«Anche io, ma ora vado a lezione, non vorrei perdermi le spiegazioni di Ectoplas» prese la cartella e prima che uscisse la richiamai.

«Che c'è?» mi domandò appoggiandosi allo stipite della porta.
«Alla festa non mi hai più detto cosa ti ha confessato Kamitsu»

«Oh, sì, hai ragione» si sedette sul bordo del letto e si morse il labbro, come se fosse indecisa se dirlo o meno «Prometti che non dici a Kamitsu che sono stata io a dirtelo» annuii e lei fece un grande respiro prima di iniziare.

«All'inizio l'ho preso come uno scherzo ma poi, quando ti ho visto tanto preoccupato...»
«Tsk, non sono preoccupato per lei»

«Scherzi? Senti non voglio iniziare questioni, lasciami finire. Dice che ha un mostro sotto al letto che la notte fa... cose strane» mi raddrizzai sul letto e mi sporsi verso Momo per incitarla a parlare.

«Certe volte le parla ed altre volte la... tocca, lei ha utilizzato questo termine. E più lei si scansa più lui la costringe. Ora, non so se sia una cosa vera oppure no, ma io mi preoccuperei»

Non sapevo come reagire a tutte quelle informazioni e tante domande mi riempirono la testa: in primis perché la sera precedente non me l'aveva detto? E poi, perché si era aperta con Momo e non con me e Kirishima?

«Grazie, piccola, sei stata d'aiuto» le piantai un bacio sulla fronte e mi infialai i vestiti di corsa per poi dirigermi verso la scuola.

Dovevo parlarne con lei, né con Kirishima né con Aizawa, ma con lei e con quella stupida aria da Rocky Balboa che si atteggiava ad avere.

Ma lei non era come Rocky, insomma quell'uomo ne ha passate nella vita ed è finito a vivere in un buco, lei non può fare questo. Non può ritrovarsi ad avere un ristorante tappezzato di foto della sua moglie morta.

Sì, ho visto tutti e sei i film e non voglio che Yuki faccia quella fine. Non per causa mia e di Kirishima che non siamo riusciti ad aiutarla a dovere.

Spalancai la porta della classe senza bussare e, nonostante i richiami del sensei, mi diressi verso l'ultima fila ad afferrare la Tigrotta e trascinarla fuori ignorando i suoi strepiti.

«Si può sapere che vuoi?»
«La verità»

Qualcuno (Bakugo x Oc)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora