Si allontanò da me e aprì la porta, guardava in basso e non mi concedeva il privilegio di guardarlo negli occhi, quegli occhi stupendi e profondi.«Torna ai dormitori, non abbiamo lezioni il pomeriggio, oggi» non dissi più nulla, feci come mi disse e corsi via.
Lo odiavo. Odiavo il fatto che fosse dappertutto, che si prendesse cura di me ma che comunque facesse lo stronzo. Odiavo che si interessasse a me e alla mia passione per Rocky e odiavo che non mi dicesse perché gli interessasse tanto.
Aprii la porta della mia camera e la prima cosa che feci appena chiusa fu colpire il sacco da boxe che avevo chiesto di istallare all'interno della camera.
C'era un televisione enorme, io ne avevo richiesta una qualunque a cui avrei potuto collegare il videoregistratore per le mie cassette di Rocky.
La signorina Sato le aveva in uno scatolone nel semiinterrato dell'orfanotrofio, e poiché quello era il mio posto sicuro, più volte mi era capitato di curiosare e di trovare anche quelle cassette, probabilmente il mio unico bene terreno.Infatti quelle cassette, nel ventunesimo secolo, costavano un polmone. E le mie erano lì, totalmente gratis.
Inserii la cassette nell'apposito accesso ed il film iniziò.
A metà mi venne fame, così stoppai la registrazione ed andai nella cucina della sala comune.Alcune ragazze erano lì a chiaccherare. Maledissi il mio stomaco in un milione di modi, ma poi constatai che se ero riuscita a mettere K.O un uomo di due metri che pesava 90 chili, sarei riuscita anche a prepararmi un panino con delle ragazze che mi guardavano.
«Ciao, Kamitsu» mi salutò una ragazza totalmente rosa, dagli occhi neri con le iridi dorate. Era bella, beata. Nessuna cicatrice sul viso, nessun livido.
D'un tratto sentii vergogna nell'avere un evidente occhio nero. Ma continuai il mio cammino a testa alta.
Quella scuola stava diventando solo una portatrice di insicurezze che di miglioramenti.
Strinsi i pugni e feci un cenno del capo a tutte le ragazze.
«Ti abbiamo vista parlare con Bakugo... Non vogliamo ferirti, ma lui sta con Momo» mi disse una ragazza dai capelli castani.«Sapete, mi sorprende che qualcuno lo sopporti. Ditemi, avete già dato una medaglia a questa Momo?» domandai mentre preparavo il mio pranzo.
«Ci stai dicendo che non ti piace, kero?» la voce della ragazza rana era molto nasale e lei era una tipa schietta. Mi stava simpatica, in qualche modo.
«Non mi dispiacerebbe se accidentalmente un pianoforte gli cadesse in testa, sì» le ragazze ridacchiarono ma io no. Ero seria, spaventosamente seria.
Mentre preparavo il panino tentai nel migliore dei modi di non far notare le bende sulle nocche delle mie mani. Dopotutto le mani di quelle ragazze erano sorprendentemente lisce e le unghie lunghe e ben smaltate.
Mentre le mie... Diciamo solo che non avevo mai visto una boccetta di smalto.
E la cosa peggiore era che i guanti erano in camera mia, sul mio letto, a godersi l'immagine stoppata di Rocky e Adriana sulla pista da pattinaggio.
«Cielo! Ma cosa ti è successo alle mani?» domandò la ragazza castana indicando le bende intrise dal sangue.
«Non è niente di importante, ragazze» abbozzai un sorriso forzato mentre riponevo gli ingredienti al proprio posto «Tra una paio di giorni sarò come nuova»
«Senti Kamitsu-chan, io sono una ragazza molto schietta e volevo chiederti: come mai hai quel livido sull'occhio? Qualcuno ti ha fatto del male?»
Ridacchiai scuotendo il capo «Prima di venire qui facevo incontri clandestini di boxe, l'ultimo l'ho fatto ieri sera. Come ho detto fra un paio di giorni mi vedrete come nuova» afferrai il panino e mi diressi verso
dormitori «Ci vediamo a cena»Mi salutarono ma ormai ero già lontana. Feci un morso de panino e, per la prima volta in vita mia, mi sembrò di mangiare cibo e non spazzatura.
Quello era vero prosciutto, quello era vero pane, quella era vera philadephia, insomma, non erano ingredienti scadenti e scaduti con cui avevo imparato ad arrangiarmi.
Mentre oltrepassavo il corridoio una porta si spalancò, una ragazza dai capelli neri portati in alto da una coda, e dalle tette enormi, uscì dalla camera di Bakugo.
«Ciao Kamitsu» mi sorrise, io la salutai un freddo gesto della mano e lei corse via verso la sua camera. Mentre la mia... Be' la mia era quella difronte.
«Non ti darò nessuna spiegazione» brobottò il biondo mentre io cercavo -disperatamente- le chiavi nelle tasche.
«Non mi importa della tua vita...» biascicai in cerca di quelle strafottutissime chiavi «Ma dove cazzo..»«Cerchi queste?»
Io lo odio, con tutta me stessa. Vi prego, fategli cadere un pianoforte in testa, così potrò morire felice.
Mi faceva perdere la testa, sempre. Ci conoscevamo da meno di due giorni e già sognavo di non averlo mai conosciuto.
Nella mia vita erano pochi le persone che odiavo: la maestra dell'asilo che disse che Lori -un bambino più piccolo dell'orfanotrofio a cui ero particolarmente legata- aveva qualche disturbo e che la signorina Sato avrebbe dovuto farlo visitare per capire se avesse dovuto avere il sostegno, e poi circa tre mie compagne dell'elemetari che mi avevano presa in giro per anni poiché i miei genitori mi avevano abbandonata.
Ed ora lui, ma io sapevo perfettamente che era reciproco, probabilmente io ero sulla cima della sua lista nera. Ma a me non importava, alle ragazze -in qualche strano modo- ero simpatica, i ragazzi mi stavano alla larga perché Kaminari aveva raccontato loro del lavoro che facevo prima di entrare lì e poi c'era Bakugo, che nonostante mi odiasse, mi seguiva ovunque.
«Sì, vuoi darmele?»
«Che c'è lì dentro?» chiese indicando il mio panino.
Ma questo è proprio un genio del cambiare discorso.«Te lo dico se mi dai le chiavi» me le lanciò e con un tintinnio metallico caddero nella mia mano sinistra «Prosciutto e philadelphia»
Poi infilai le chiavi nella toppa ed entrai, ma non sentii la porta chiudersi, non sentii neanche quella di Bakugo farlo.
Sentii un passo, poi un altro ancora, la porta chiusa e una mano sulla mia spalla.
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Qualcuno (Bakugo x Oc)
Fanfiction"Scusa, se ti dico certe cose, ma a qualcuno devo dirle e l'unico qualcuno che conosco sei tu" Yuki non ha mai avuto paura ed è convinta di non riuscire a provarla, inoltre è convinta che nulla possa essere peggio di quello che ha passato. Quando la...