Yuki«Okay, ci siamo» sussurrai prima di bussare alla porta della classe 3A.
I miei "Compagni" mi avevano già conosciuta la sera prima, ma nulla impedì loro di stupirsi quando il sensei annunciò che ci sarebbe stata una nuova studentessa, e Kaminari ebbe un colpo appena misi piede nella classe.
«Io pesavo che fossi qui per scopare con Bakugo, non per essere una nostra compagna» esordì. L'opinione altrui era sempre stata l'ultimo dei miei problemi, che mi credessero una puttana non era importante.
Per ciò non diedi peso alle parole del biondo, lo ignorai e mi sedetti all'unico banco in ultima fila vuoto: quello vicino Bakugo.
Il suo amico dai capelli rossi non era in classe e, per quanto avessi potuto capire in qualche ora, Bakugo non aveva altri amici oltre lui. Così, era solo.
Mi fulminò con lo sguardo appena mi sedetti, ma non disse nulla. La cosa che mi piaceva di quel riccio arrogante, era che non parlava molto. Un tipo taciturno.
Molto meglio di Kaminari che, appena il prof iniziò la lezione, fece una spiegazione dettagliata di come io e lui ci conoscessimo alla sua -poverissima- compagna di banco.
Nessuno fece finta di non star guardando nella mia direzione. Verso i miei lividi e i miei graffi. Verso il mio cappotto talmente largo da arrivarmi poco sopra le caviglie e il mio capello che era passato di moda troppo tempo prima.
«Ho riflettuto sulle tue parole di ieri sera» mormorai, Bakugo mi lanciò un'occhiata e lo presi come uno sprono per continuare a parlare «Non credo che dipenda da un fatto di amicizia, piuttosto da un fattore di coraggio. Insomma, mai vista una persona codarda parlare con un pazzo?»
«Se ami una persona metti da parte tutto. Anche la paura» borbottò guardando fuori dalla finestra. Fissava intensamente un albero di pesco e avrei tanto voluto sapere cosa gli piacesse tanto.
Cosa ci fosse che io non potessi vedere.
Del mondo io non è avessi potuto vedere molto: la speranza, la determinazione, la pace con se stessi.Erano sensazioni che non mi sarei più permessa di provare. Forse Bakugo le provava, forse cercava qualcosa nel cielo che nessuno poteva vedere: la libertà, la spensieratezza.
«Signorina Kamitsu, cosa ne pensa?» strabbuzzai gli occhi e cercai aiuto nel biondo, ghignò e si mise più comodo sulla sedia.
Ed ecco ancora le mani tremanti e le gambe molli.
«I-io... Ehm... Allora sono abbastanza certa che... Ehm...»«Quello che la mia compagna sta tentando di dire è che per lei non c'è bisogno di sorridere per essere davvero felici. Non è vero?» mi stava parando il culo? Cioè Katsuki Bakugo mi stava parando il culo?
«Stiamo parlando della felicità» mi sussurrò all'orecchio, poi si alzò e indicò la porta nel chiedere di andare in bagno, il prof annuì e poi riportò l'attenzione a me.
«Credo che la felicita sia solo la percezione della realtà di tutti noi. È felice la persona che vede la realtà in modo... positivo» biascicai senza incontrare lo sguardo di nessuno dei miei compagni «E credo che queste persone siano davvero le persone da considerare forti. Non importa come colpisci, ma come resisti ed incassi i colpi della vita. Non l'ho detto io, ma Rocky in Rocky Balboa»
Non ero mai stata una ragazza timida, ma quei ragazzi mi intimorivano. Sentivo che se avessi alzato lo sguardo verso quelle sottospecie di cipolle sarebbero scoppiati a ridere.
Tuttavia, la mia non era un'espressione afflitta e timida, ma incazzata e furiosa, perché non avrei dovuto provare paura. Nei confronti di nessuno. Mai.
Bakugo tornò in quel preciso momento. Più fiero che mai, l'attenzione di tutti volò irrimediabilmente su di lui.
L'attenzione di tutti, tranne che la mia. Ero troppo impegnata a contorcermi le mani avvolte nei guanti.
«Bella risposta, continuiamo...» da lì non ascoltai mezzaparola di quello che disse, ma fui certa che nessuno riuscì a dire qualcosa che superasse il mio intervento.
****
«Grazie» sussurrai quando tutti furono fuori dalla classe per andare in mensa.
Bakugo neanche mi guardò, emise un leggero "Tsk" e poi andò via, verso i dormitori.
Io, invece, andai nella palestra della scuola, avevo sentito alcuni miei compagni parlarne.
Quando arrivai era completamente vuota, c'erano tanti attrezzi per l'allenamento, ma io mi concentrai sullo stupendo sacco da boxe appeso al soffitto.
Al pungiball nero che mi stava pregando di avvicinarmi e ai pesi che guardavo con la bava alla bocca.
Mi avvicinai al pungiball ed iniziai a dare una serie di pugni, fu la prima volta che sorrisi in quella scuola.
Presi un tappetino da yoga e ci saltellai sopra mentre davo un paio di pugni all'aria. Non era il massimo, ma avevo imparato ad arrangiarmi.
Avevo le cuffie nelle orecchie ed ero completamente isolata dal mondo.
Infine, mi avvicinai al sacco e gli assestai dei pugni, ovviamente non avevo i guantoni, solo quei guanti miseri che avevo raccattato in qualche cestino dell'immondizia quand'ero piccola, per ciò le mie nocche erano completamente ricoperte di sangue.
Mi sentii felice, con quelle attrezzature assolutamente non decadenti, con quel silenzio, con quella solitudine, ero sola con il mio sport.
Ma poi una cuffietta non fu più nel mio orecchio e delle labbra inspiegabilmente soffici si appoggiarono sulla mia pelle e gridarono: «L'hai sentita la campanella?!»
Mi allontanai e mi misi la mano sanguinante sull'occhio.
«Aio» mormorai.Bakugo mi stava fissando acigliato, mentre io lo fulminai con lo sguardo.
«Avresti potuto essere più delicato» mi tolsi anche l'altra cuffia e le attorcigliai in tasca.«In realtà ti ho chiamato più volte appoggiato lì infondo» indicò l'entrata della palestra «Ma non mi hai sentito, così eccomi qui»
Mi accorsi che non stava guardando me, ma le nocche intrise dal sangue, poi fece scorrere lo sguardo sulla mia camicetta intrisa dal sangue e dal sudore e per questo si era attaccata al mio corpo diventando trasparente.
Mi voltai immediatamente e afferrai un asciugamano e mi asciugai il sudore che m'imperlava il viso, in seguito mi infilai il cappotto.
«Andiamo, è suonata»
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Qualcuno (Bakugo x Oc)
Fiksi Penggemar"Scusa, se ti dico certe cose, ma a qualcuno devo dirle e l'unico qualcuno che conosco sei tu" Yuki non ha mai avuto paura ed è convinta di non riuscire a provarla, inoltre è convinta che nulla possa essere peggio di quello che ha passato. Quando la...