Fratelli

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Mia madre e Brandon erano tornati prima da quel viaggio di lavoro in Italia. Ma non li avevo ancora salutati.

Dopo quella sera a casa di Noah tornai dai Carter ma non rivolsi la parola a nessuno, seppur mi dispiacesse. Quanto meno per Aaron e Cloe.

Mile, fortunatamente, non l'avevo ancora incontrato. E direi anche un "per forza" dato che sono stato rinchiuso nella mia stanza tutto il giorno.

Non avevo voglia di fare, vedere o parlare con nessuno e niente. Noah non mi aveva neanche scritto un messaggio. E neppure Kyle. Nessuna chiamata. Non avevamo mai e poi mai avuto una litigata del genere e questa mi stava pesando veramente troppo.

« Axel, tesoro, devi provare a mangiare qualcosa » parlavano un po' mia madre e qualche volta Ellen da dietro la porta, con la voce ovattata.

Ma preferivo isolarmi. Era il mio metodo di difesa quando qualcosa andava storto. L'ho sempre fatto. E infatti mio padre diceva sempre che fosse sbagliato, e che è sempre meglio chiedere aiuto. Ma neanche dopo la sua morte cambiai questo mio stupido modo di fare.

Da sempre chiudermi in me stesso fu l'unico metodo utilizzato per difendermi, come un riccio.

Quando morì mio padre stetti del tempo indefinito da solo. Non volevo avere alcun tipo di contatto col mondo esterno. Ma Noah...Noah era con me. E mi aiutò ad uscire da quel limbo soffocante che minacciava di tornare per trascinarmi nuovamente verso il fondo.

Ero rannicchiato sul letto con il telefono posto accanto al viso. Speravo in qualsiasi messaggio o chiamata da parte loro.

Non avevo il coraggio di prendere iniziativa, mi sentivo colpevole. Quel senso di vuoto e colpevolezza che lentamente mi divoravano le interiora finivano per mangiarmi anche all'esterno.

Allungai il braccio verso il cellulare e lo tirai lentamente sù. Digitai la password e andai sulla rubrica telefonica.

I loro nomi erano i primi fissi sulla cronologia delle chiamate. Fissai quei nomi con le stupidi emoji accanto per qualche secondo.

In quel preciso istante tutti i suoni circostanti svanirono. Eravamo solo io e il mio telefono.

Udivo solo il mio respiro come se qualcuno mi avesse tappato le orecchie con le mani e mantenevo lo sguardo fisso su quei due numeri.

Allungai il pollice verso il nome di Noah, poi verso quello di Kyle.

Iniziarono a tremarmi le mani e il cuore batteva così velocemente che pensai di star avendo un infarto: Noah mi avrebbe preso in giro per questo, dice sempre che esagero. E pure Kyle lo avrebbe detto.

Cosa avrebbero fatto loro al mio posto, in questo momento?

Stavo per cliccare il numero di Noah, poi, il rumore di una mano che bussava alla porta mi riportò in me. Distolsi lo sguardo e abbassai il telefono. Era sicuramente mia madre che cercava di portarmi nuovamente da mangiare.

Ma mi sbagliai.

« Axel » mi chiamò una voce maschile. Non troppo vecchia per essere di Brandon ma nemmeno troppo giovane per essere di Aaron.

Un lungo brivido mi attraversò la spina dorsale, fino ad arrivare alle braccia e facendomi venire la pelle d'oca.

Tutto intorno a me per qualche secondo si fermò nuovamente, la terra smise di ruotare.
Non poteva ess-

« Sbrigati apri la porta » continuò lui.
Senza pensarci mi alzai dal letto scaraventando le coperte sul pavimento. Quasi inciampai in preda all'emozione.

Oltrepassai quei pochi metri che separavano il letto dalla porta e poggiai la mano sulla maniglia, l'adrenalina era decisamente alle stelle.

Forse...forse mi ero sbagliato? D'altronde era da troppo tempo che non lo vedevo.
Ma decisi di mettere di lato le mie inutili paranoie per una buona volta e aprii.

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