CAPITOLO 10

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KYLE

Non appena entro in casa quel pomeriggio sul tardi, corro al divano e mi sdraio. Non vedevo l'ora che arrivasse questo momento. Prendo il telecomando dal tavolinetto di legno difronte a me e accendo la tv, mentre sento che Sam richiude la porta di casa.

Cambio canale finché non trovo una partita di hockey.

«Sono esausto!» esclamo, quando Sam posa la borsa sul tavolo. Mi raggiunge poi al divano e mi abbraccia al collo dall'alto, appoggiandosi sullo schienale. I suoi capelli biondi e profumati ricadono difronte al mio viso e approfitto per darle un bacio.

«Anche io, ho un mal di testa pazzesco» mi dice, tirandosi su e muovendo la testa lentamente a destra e sinistra «Vado a prendere qualcosa».

Si allontana verso il bagno, la sento trafficare nel cassetto dove teniamo i medicinali e torna con una pastiglia in mano. Va in cucina e la prende insieme ad un bicchiere d'acqua.

«Non ti senti bene, piccola?» le chiedo, tirandomi subito su dal divano «E' da quando ci siamo riuniti tutto dopo la prova degli abiti che sei un po' strana».

Lei si siede sul divano, accanto a me, e scuote la testa stringendo gli occhi. «Sono solo un po' frastornata».

Si porta una mano alla tempia e si strofina piano la pelle, facendo poi passare la mano tra i capelli per buttarseli indietro.

«Ne sei sicura? Caroline ha detto che, a un certo punto, sei uscita dal negozio in preda al panico. Ti va di dirmi cosa è successo?».

Lei sbuffa, chiude gli occhi e dice a bassa voce «Avevo detto a Caroline di non dirti niente».

«Quindi è successo qualcosa che ti ha fatto stare così» giungo a conclusione. Ma, in realtà, avevo intuito che c'era qualcosa di strano nel suo comportamento già da oggi.

Quando siamo usciti dai rispettivi negozi abbiamo deciso di andare tutti insieme a pranzo in un piccolo ristorante di quella via, per poi passare il resto del pomeriggio a fare un po' di commissioni.

Mentre noi altri eravamo tutti intenti a parlare come al solito e l'atmosfera era decisamente allegra, Sam è rimasta per tutto il tempo in disparte. È stata come assente, tanto che sia io, sia gli altri abbiamo dovuto riprenderla più di una volta per farla tornare con la testa tra noi.

Mi avvicino di più a lei e le scosto una ciocca ribelle di capelli dietro l'orecchio, accarezzandole piano una guancia. «Ehi, lo sai che puoi dirmi qualunque cosa. E sai che mi preoccupo quando qualcosa ti fa stare male».

«In realtà ti preoccupi sempre per me» ridacchia piano lei, rivolgendomi il suo bel sorriso.

Gliene rivolgo uno a mia volta, divertito dal suo commento. «E' vero, ma quando stai di più naturalmente. Che ti succede?».

Lei sospira un'altra volta poi, di colpo, si butta tra le mie braccia, stringendomi forte a sé. Mi dice soltanto «Abbracciami».

Faccio come ha detto senza farmelo ripetere neanche mezza volta e la stringo a me. Ci mettiamo comodi sul divano e rimaniamo in quel modo, in silenzio, con la mia mano che le accarezza piano la testa per un po' di tempo. Il necessario per farmi capire che la cosa che la preoccupa è abbastanza seria.

Improvvisamente riprende la voce e dice secca «Ho visto mia madre».

A quelle parole, la mia mano smette di muoversi e sbarro gli occhi.

«Cosa?» riesco a dire soltanto in un unico piccolo sussurro. È come se qualcuno mi avesse strappato le corde vocali a mani nude.

«Oggi, mentre stavamo provando gli abiti, mi è sembrato di vederla fuori dal negozio» mi spiega lei, stringendosi di più al mio corpo.

Il Nostro Fantastico Errore 3 - Per Sempre, Io e TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora