Capitolo 44. Esplodere.

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Mi sveglio con un brivido.

In un primo momento non riesco a capire come mai sono in auto, per strada, in una zona residenziale che non mi è particolarmente familiare e nel cuore della notte.
Poi ricordo.

Ieri sera ho percorso davvero tanti chilometri senza una meta precisa, con la musica alta nelle orecchie, nella speranza di riuscire a trovare un po' di pace. Credevo che guidare avrebbe aiutato: mesi fa, dopo essere stata a trovare mia madre in istituto, mi facevo giri assurdi prima di tornare a casa cercando di ritrovare la serenità. Funzionava sempre.
Ieri però non è stato così e ad un certo punto mi sono dovuta fermare perchè le lacrime avevano avuto la meglio e tutto il dolore che provavo era talmente forte che non riuscivo più a contenerlo. Mi stava divorando da dentro, mi sentivo esplodere.
Anche piangere però non mi ha dato un gran sollievo. L'ho fatto per tanto, chiusa nella mia auto, forse per ore. Più versavo lacrime più sentivo la tensione alleggerirsi, è vero... ma sentivo anche che iniziavo a sbriciolarmi in mille pezzi, come se quelle goccioline salate fossero state la colla che mi teneva insieme. Avevo l'impressione quasi fisica che il mio cuore già crepato stesse pian piano cedendo.

Solo molto più tardi, quando il cielo si era scurito e stelle invisibili avevano preso il posto del sole, ormai esaurite le lacrime avevo piegato la testa all'indietro, contro il poggiatesta, ed avevo chiuso gli occhi, stanca.
Deve essere stato in quel momento che mi sono addormentata.

Cerco il telefono che ore fa ho abbandonato sul fondo della mia borsa, accendo lo schermo e mi stupisco vedendo che sono già le quattro del mattino. Ho dormito parecchio e sorprendentemente bene visto il mio animo tormentato e la scomodità del sedile.

Poi il mio occhio cade sulle chiamate perse. Solo ora ricordo che avevo appuntamento con Penny ieri sera, deve essersi preoccupata, sono completamente sparita dai radar.

Cazzo. Ventitré chiamate dalla mia migliore amica, quindici da Cora, persino dieci da Alex.
E i messaggi!

"Dove sei?"

"Perchè non rispondi?"

"Cosa stai facendo?"

"Dove sei finita?"

"Rispondi!"

Tutti così, ripetuti infinite volte dalle mie due amiche.
Da parte di Alex invece solo un messaggio.

"Mi spiace tanto. Torna a casa, non fare cazzate. Ti prego."

Non fare cazzate? Quindi è cosciente di quanto mi abbia ferita e, a quanto pare, è preoccupato che io possa farmi del male.
Per fortuna, seppure io stia davvero una merda, non ho mai pensato di fare gesti così estremi.

Nonostante sia notte fonda decido di rispondere per messaggio a Penny e Cora rassicurandole sulle mie condizioni e spiegando loro che sto per tornare a casa.
Dopo un attimo di esitazione mi convinco a rispondere anche ad Alex con un sintetico "sto bene".
Non corrisponde assolutamente a come mi sento in realtà ma sul piano fisico è così, sono tutta intera, e questo è ciò che a lui interessa.

Premuto il tasto invio cerco di scacciare il ricordo di Alex dalla mia mente ed avvio la macchina, pronta per tornare a casa.

Già dal parcheggio vedo la luce del salotto accesa il che significa che Penny deve aver letto il mio messaggio e mi sta aspettando.

Salgo le scale fino al nostro appartamento senza saper bene cosa aspettarmi da lei, se una strigliata per essere sparita, un abbraccio per il sollievo di riavermi a casa o la ramanzina per essere stata così stupida da farmi prendere ancora una volta in giro da Alex.
Conoscendola credo farà le tre cose insieme.

Non faccio in tempo a girare la chiave nella serratura che la porta si apre dall'interno. Penny mi salta addosso, ancora sulla soglia, mi stringe come credo non abbia mai fatto e, allo stesso tempo, inizia ad imprecare ed insultarmi.

"Cazzo non lo fare mai più! Sei una cretina! Mi hai fatto perdere dieci anni di vita! Ho immaginato di tutto! Che avessi fatto un incidente, che ti fossi buttata da un ponte, che ti avessero rapita gli alieni! Merda, non ho mai avuto così paura."

Quando sembra essersi leggermente calmata cerco di sciogliere il suo abbraccio, quantomeno per poter rientrare in casa.

"Mi spieghi dove accidenti sei stata??" Chiede una volta che ci siamo richiuse la porta alle spalle.

"In giro in auto. E poi mi sono addormentata come una scema sul sedile." Mentre lo dico sento la mia pancia brontolare. Mi rendo conto che effettivamente ieri sera non ho cenato, presa com'ero dalla mia disperazione. E questo la dice lunga sulle mie condizioni emotive perchè io non dimentico mai di mangiare, né mi passa mai l'appetito. Anzi, di solito se ho dei problemi mangio di più.

"Mi ha chiamata mille volte anche Cora." Dico dirigendomi in cucina per prepararmi un panino al volo.

"Ma va?! L'ho chiamata subito dopo aver sentito quel pezzo di merda di Alex, quando ho visto che non arrivavi."

"Vai, sfogati." Le do il permesso vedendo che non aggiunge altro ma sapendo quanto si stia trattenendo.

"Io te l'avevo detto che non dovevi fidarti!" Esplode. "Quello scemo non è affidabile! Io sapevo che in qualche modo ti avrebbe fatta soffrire di nuovo! Quel pezzo di merda lo ammazzo se mi capita a tiro."

"Ok, puoi fare di lui quello che vuoi." Le concedo.

"Si può sapere cosa è successo? Mi ha detto solo che non eri con lui e che vi eravate lasciati."

"Francamente non lo so nemmeno io. Mi ha mollata. Fine."

"Si ma perchè? Ha un'altra?"

Il pensiero di Alex con un'altra ragazza per un attimo mi ferisce. In realtà però non credo sia questo il motivo per cui mi ha lasciata.

"Non so, non credo. Ma non ho idea del perchè. Giuro che non lo capisco, andava tutto così bene."

"Non hai detto che era strano in questi giorni?"

"Si ma non con me, con me era sempre il solito, dolce, carino, romantico, passionale. Sembrava più che altro avere qualche preoccupazione di cui non voleva parlarmi. Non mi sarei mai aspettata questo." Mi siedo con il mio panino ormai pronto e lo addento, affamata.

"E con il lavoro ora come fai?"

Eh, bella domanda. Ha detto che cercherà di farmi cambiare ufficio ma io non credo di riuscire a presentarmi di nuovo alla Blunt's Company. Solo il pensiero di avvicinarmi di nuovo a quell'edificio rischiando di incontrarlo nel parcheggio, in ascensore o in qualche corridoio mi manda nel panico.
Comunque ho un week end intero per decidere cosa fare visto che domani è sabato. Bhe, oggi in realtà, dato che è quadi mattino.

"Non ne ho idea." Dico, rendendomi conto di non aver ancora risposto a Penny. "Ma ti prego non ci voglio pensare ora. Voglio solo finire questo panino e andare a letto. Mi spiace di averti tenuta sveglia fino a quest'ora. E mi spiace per la nostra serata andata a puttane."

"Non dirlo nemmeno."

Penny non parla più e si limita ad osservarmi mentre finisco di mangiare e risistemo velocemente piatto e bicchiere che ho utilizzato.
Non distoglie lo sguardo per un attimo, sembra studiarmi.

"Che c'è?" Le chiedo.

"Sono preoccupata."

"Perchè?"

"Sei troppo calma."

"Dovrei urlare come una pazza? Incazzarmi? Piangere disperata?"

"Una cosa del genere."

"L'ho fatto già. Ora... bo. Sto così."

Mi dirigo verso la mia stanza con Penny alle calcagna, le auguro la buona notte e mi chiudo dentro.

Penny ha ragione, sono stranamente calma.
Il fatto è che non so dire come mi sento. Forse "vuota" è il termine che si avvicina di più a descrivere la mia attuale condizione: mi sembra di non avere più dentro niente, di non sentire più niente.
Ogni emozione sembra lontana, sfocata, sbiadita.

Non provo più nulla e, tutto sommato, mi va bene così.









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