CAPITOLO XVII

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La sera successiva seguo di nuovo mio padre in auto, lui ancora una volta non si reca nel mio appartamento accompagnato da Simone, ma guida da solo la macchina, dirigendosi verso lo stesso bar dell'altra sera.

Poco prima che lasciasse l'ufficio, infatti, ha ricevuto in messaggio da Corrado, in cui  lo invitava a passare la serata insieme.
Con stupore ho notato che mio padre ha sorriso nel leggere il nome del mittente, mentre i ricordi dei racconti sul suo amico hanno iniziato a riaffiorare nella mia mente: lui e Corrado si conoscono da sempre, sono abituati a condividere tutto insieme e hanno sempre potuto contare l'uno sull'altro.

Per questo sono contento che mio padre veda ancora Corrado: magari dopo una serata trascorsa insieme a lui, rientrerà a casa con la mente più leggera.

Sull'ingresso del locale io avverto un suono familiare tornare a farmi compagnia.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Il suono del mio cuore mi fa subito voltare verso l'enorme palestra vicino al bar. Mi ricordo del ragazzo di cui non so il nome, anche l'altra volta il suono del mio cuore ha preso a farsi sentire quando ero vicino a lui.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Prendo il suono come un richiamo, quindi, senza neanche sapere bene perché, inizio a camminare verso la palestra.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Mi fermo sull'ingresso e sembra quasi che il suono del mio cuore sia un segnale, che mi stia suggerendo dove andare. Entro quindi dentro, ancora una volta curioso di capire cosa ci faccio qui.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

All'interno della reception non c'è nessuno, quindi supero i tornelli e mi dirigo verso un lungo corridoio, guidato dal suono del mio cuore.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Arrivo in una enorme sala piena di attrezzi, dove diverse persone sono intente ad allenarsi.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Non individuo subito il ragazzo misterioso, ma, quando lo faccio, noto che indossa una canotta molto larga, che lascia intravedere che il suo corpo è quasi interamente ricoperto di tatuaggi.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Non si sta allenando, piuttosto aiuta un altro ragazzo spiegandogli un esercizio. Quindi lavora qui. Mi avvicino cercando un cartellino col nome sulla sua maglietta, ma non ne trovo nessuno.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Il ragazzo che si allena non lo chiama mai per nome e questa cosa inizia a darmi sui nervi. Ho davvero bisogno di dare un'identità al ragazzo che il mio cuore voleva farmi incontrare!

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Come attratto da una misteriosa ed invisibile forza, trascorro qui tutto il tempo che il ragazzo impiega ad allenarsi, mentre studio quello tatuato provando a cercare nella mia mente qualche altro ricordo dell'incidente.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

In che modo ne è stato coinvolto? E cosa ha a che fare con mio padre?

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

C'è un legame anche con Sienna?

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

L'allenamento termina e il ragazzo saluta il suo istruttore. Non lo chiama per nome e io quasi inizio a credere che questo ragazzo un nome non ce l'abbia affatto.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Il ragazzo tatuato si incammina nel corridoio e io lo seguo. Mi viene in mente che l'ho già osservato di spalle, che so chi è... Sì, l'ho già visto, ma non ricordo quando.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Si ferma davanti allo spogliatoio, apre la porta e raggiunge una postazione più isolata, davanti ad uno specchio.
Lì si toglie la canotta e quello che vedo mi spiazza: sul suo petto scolpito e tatuato, c'è una vistosa cicatrice di colore rosso vivo.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Riflesso nello specchio, il ragazzo porta una mano sulla cicatrice, accarezzandola piano. La sua espressione si fa più cupa e io mi ritrovo all'improvviso nei suoi pensieri.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Mi ritrovo a correre per strada, ma so che non sono io a correre. È il ragazzo tatuato, ma è come se io fossi nel suo corpo.
È una giornata soleggiata  ed è in strada, fermo ad un semaforo. Approfitta del rosso per riprendere fiato, poi appena scatta il verde scende in strada.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Lo stridio prodotto dalle ruote di un'auto catturano la sua attenzione, ma ormai è troppo tardi.
L'auto lo prende in pieno, facendolo balzare in aria per poi atterrare sull'asfalto.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Il colpo è violento e veloce, il ragazzo all'improvviso non può muoversi.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Adesso le immagini cambiano.
Sento di uscire dal corpo del ragazzo, o meglio... Rivivo la scena da entrambi i punti di vista, il mio  e il suo insieme.
E sono piegato in due dal dolore... Sempre lo stesso dolore mentale, che fa più male che se fosse stato fisico.
Sono intrappolato in queste atroci immagini, in questi ricordi strazianti, senza sapere se avranno mai davvero fine.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Sono esausto... Sono stanco di continuare a rivivere questo momento.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Come una misteriosa e indulgente risposta alle mie preghiere, ecco che le immagini – o meglio, i ricordi – assumono un ritmo diverso, susseguendosi in maniera molto più veloce.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Nello stesso momento in cui il ragazzo viene balzato in aria, io balzo fuori dal finestrino, rompendo il vetro e procurandomi una spaccatura sul lato posteriore del cranio.
Atterriamo vicini, tanto che io riesco per un istante a leggere la dicitura di uno dei suoi tatuaggi.
Le persone iniziano ad accorrere, qualcuno urla, c'è parecchio sangue intorno a noi.
Mio padre è incredulo, esce illeso dall'auto e osserva la scena restando immobile.
Qualcuno lo strattona, altre auto si fermano.
C'è una vera e propria folla ad assistere alla scena.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Qualcuno chiama l'ambulanza, mio padre rinsavisce e accorre in mio aiuto.
Lo bloccano, gli intimano di non muovere il mio corpo, né quello dell'altro ragazzo.
Dell'altro ragazzo nessuno si cura, e forse neanche di me.
Sono tutti intorno a mio padre, che, preso dal panico, inizia a sragionare.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Mio padre mi urla di resistere, che andrà tutto bene.
Il mio cuore si ferma, nello stesso istante si ferma anche quello dell'altro ragazzo.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta.

La corsa in ospedale è veloce e disperata, durante l'intero tragitto cercano di rianimarci entrambi.
Mio padre non è vicino a me, qualcuno lo scorta con un'altra auto.
L'altro ragazzo è da solo, nessuno sa cosa gli è successo, anche se il suo cuore fatica a lavorare, la sua mente pensa a suo fratello, a tutte le persone che non ha avuto il tempo di salutare.
Pensa a sua madre, che crede lui sia al sicuro. Pensa che qualcuno prima o poi dovrà dirle che cosa gli è successo, perché lui sente di non farcela più... Qualcuno dovrà dire al suo fratellino che lui sta per morire.
Entrambi sospesi fra la vita e la morte, io e il ragazzo arriviamo insieme in rianimazione.
Il suo corpo è più forte del mio, e si riprende.
Per il mio non c'è nulla da fare.
Ma il mio cuore ha ancora una speranza, a differenza di quello dell'altro ragazzo, irreparabilmente danneggiato dall'impatto violento al suolo.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Di nuovo il suono del mio cuore, adesso più violento e prepotente.
Batte più forte ma non è più nel mio petto, sento che mi ha abbandonato.

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Tum-ta... Tum-ta... Tum-ta...

Adesso riprende a lavorare regolarmente, in un nuovo petto: quello del ragazzo tatuato.
È in una stanza, con una profonda cicatrice che attraversa il suo petto dall'alto fino  all'ombelico, accanto a lui ci sono un uomo e una donna, presumo i suoi genitori, increduli e speranzosi che possa riprendersi al più presto.
Nella stanza accanto, mio padre è seduto sul pavimento, da solo, davanti al mio corpo martoriato e violaceo, esanime. Ha il viso stanco e gli occhi gonfi, indossa un'espressione che non ho mai visto prima sul suo viso.

Mia madre non crede che sia capitata una cosa simile, non la accetta, e quindi non l'ha raggiunto in ospedale.

Non c'è lieto fine per me, né per la mia famiglia.

Le immagini si dissolvono e mi ritrovo in piedi, davanti allo specchio, ad osservare la cicatrice del ragazzo nel cui petto batte il mio cuore.

«Come ti chiami?» Domando sentendo di avere gli occhi pieni di lacrime.

Lui si accarezza il vistoso segno rosso, probabilmente adesso anche la sua mente sta viaggiando verso ricordi tristi e lontani.

«Io... Mi dispiace... È stata solo colpa mia...» Farfuglio piano.
Che controsenso... Sono io che ho perso la vita, eppure sto qui a chiedere perdono a questo ragazzo.
Ma non posso farci niente, continuo a sentire su di me il peso di tutto quello che è successo... Fatico ad accettare la realtà.

Il ragazzo si riveste velocemente, poi mette delle cuffiette alle orecchie e si avvia verso l'uscita.
Sulle prime penso di seguirlo, poi, preso da un'improvvisa tristezza, mi metto seduto sul pavimento, a tormentarmi nervosamente le mani, sfregandole energicamente fra loro.

Il tempo che restaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora