CAPITOLO II

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Quando Alberto parcheggia sotto casa dei miei ci salutiamo con un abbraccio: lui sa che, anche se in questi momenti sono prevalentemente arrabbiato e poco lucido, in realtà mi è di grande aiuto con la sua compagnia e le sue riflessioni.

Mia madre mi accoglie in casa con un sorriso insicuro, il suo modo per testare il mio stato d'animo: dopo serate come quella di ieri, sa che il mio umore è imprevedibile.
Oggi è uno di quei giorni in cui non le rispondo mostrandole a mia volta un sorriso, quindi lei spegne il suo, intuendo che sono più nervoso del solito.

La abbraccio tuffandomi nei suoi capelli e  il profumo del suo shampoo alla vaniglia, una essenza che rievoca i ricordi felici di quando la mia famiglia era più unita e mio padre più presente.

«Come ti senti, tesoro?»
«Sto bene» dico telegrafico.
Ci spostiamo quindi in soggiorno, dove io comincio a guardarmi intorno nervosamente. Aspetto di vedere mio padre comparire nella stanza, quindi inizio a sentirmi più agitato.

«Andrea, questa storia non può più andare avanti, dovete trovare un punto di incontro...» Inizia a dire mia madre, ma io la interrompo parlandole sopra.... E questo è un altro aspetto del mio carattere che devo smussare.

«È lui che non vuole un dialogo con me!»
«Andrea...»
«No, mamma... No! Sai che ho ragione, che è come dico io... Non difenderlo un'altra volta!» In un attimo tutta la calma che avevo ritrovato con Alberto sfuma e mi sento di nuovo furioso.

Mia madre prova ancora a parlare, ma io di nuovo le parlo sopra. E mi odio per questo... Lei è solo più mite, mentre io mi sto pian piano trasformando in una versione più giovane ma altrettanto prepotente di mio padre. La mia voglia di ritornare ad avere un rapporto con lui, però, denota che almeno io ho ancora un cuore.

«Non lo farò, Andrea, non difenderò tuo padre. Ma voglio provare a farti capire il suo punto di vista. Non è un uomo cattivo, questo lo sai. Vuole responsabilizzarti...»
«Vuole indurirmi! Farmi diventare come lui!» Le ringhio contro.
«Tuo padre ti ama, Andrea...»
«Ma per favore...» Adesso rido in modo sprezzante.
«Non aveva tutte le tue possibilità, alla tua età, lo sai. Non vuole perdere quello che si è conquistato con fatica e tenacia. E vuole che per te la strada sia spianata.»
«Sai anche tu che ho ragione, mamma. Ti ricordi come era solo pochi anni fa, e come eravamo felici?»
«Me lo ricordo, e mi fa male pensarci, Andrea, è vero. Ma le cose non possono tornare come erano prima. Sono cambiate e dobbiamo adeguarci. Dobbiamo restare uniti e sostenerlo. Sai che per lui la fusione con l'altro brand sarebbe stata importante, che ci teneva molto... L'azienda avrebbe acquisito maggior prestigio e lui si sarebbe sentito più sicuro.»

«È stato proprio quello che ha cambiato tutto! Non ci è riuscito e ha riversato la sua frustrazione su di me!»
«Sai bene che non è così. Vuole dimostrare che la sua famiglia è più forte, nonostante la mancata fusione, che lui è più capace perché ha te. Ecco perché è così insistente, Andrea, perché sa che insieme potrete realizzare grandi progetti.»

Mia madre espone le sue ragioni con tono retorico e occhi tristi.
Anche questo mi fa male, la consapevolezza che anche lei si è un po' spenta a causa del cambiamento di mio padre. Le parole che ripete ormai da anni sono un triste copione che mette in atto ogni volta che il divario fra il punto di vista di mio padre e il mio si allarga.

Inizio a credere che faccia così solo per riconquistare un po' di stima da parte di mio padre, che spesso incolpa lei per  la mia indole da sognatore inconcludente.
Ha lentamente perso il compagno di vita che ha sposato, rimanendo pian piano sempre più sola e inaridendosi. Intravedo però una piccola fiamma di speranza nei suoi occhi, una flebile fiducia che ancora le lascia credere che le cose potrebbero tornare ad essere quelle di un tempo. E mi fa male sapere che quella piccola fiamma non viene mai alimentata, né da me né da mio padre.

Il tempo che restaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora