IL FALO'

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Domenica 20:32

Avvolta nel suo accappatoio lilla, frugava nervosamente tra i vestiti dei cassettoni del mobile bianco di fianco alla porta da cui sbucava un musetto curioso. Non era in ansia e non si preoccupava di fare una brutta figura ma non usciva con un essere umano da un paio di mesi e ci teneva a curarsi un po' più del solito; le uniche uscite trasgressive erano le brevi passeggiate con Briciola e infatti i vestiti ne risentivano, una platina di polvere ricopriva i vestitini eleganti. <<Eccoti>> esclamò soddisfatta. Optò ad un vestitino casual e a degli anfibi accompagnati da un giubbotto di jeans nero. In realtà non sapeva cosa aspettarsi da questa serata ma sicuramente ci sarebbe stato tanto alcool o almeno così aveva visto nei film. Una notifica accese lo schermo del telefono sul lavandino del bagno, pensò fosse Thomas e si apprestò con una piccola corsetta. " Iosto per scendere, ci vediamo lìì -Ming" Era più elettrizzata di un lampo. Ming era nella stessa situazione, la sua vita sociale era al quanto sottile e non capiva perché non avesse un'amica di infanzia o una persona con cui condividere il pranzo in mensa. Era una ragazza intelligente, simpatica e molto disponibile. Non era sbagliata Ming ma il pensiero di quella scuola, il dare importanza a dei vestiti, ai social e puntare alla popolarità. Irene non dava peso a queste discriminazioni ma una persona sentimentale come Ming poteva restarci male. Controllò la chat di Thomas, ma nulla, non si erano più scritti dopo l'ultima volta, sperava che non si fosse dimenticata di lei ma in quel caso non gli sarebbe importato, avrebbe chiamato un taxi. Thomas o taxi, doveva sbrigarsi, a lei non piaceva aspettare e di certo non voleva far aspettare Ming. I capelli umidi le poggiavano sulla schiena. Ne prese una ciocca per pettinarla. Uscì del fumo bianco. Era vapore. Riprese la ciocca di capelli ormai asciutta. Tra la chioma gonfia di capelli si nascondeva una ciocca liscia. Controllò avvicinandosi allo specchio. Si era lisciata i capelli con un semplice gesto, com'era possibile? Guardò le mani, delle piccole bolle erano appena comparse. Iniziò a sentire la stessa sensazione di quel orribile giorno. Il corpo era come in fiamme, gradevole ma doveva assolutamente placarla, non poteva permettersi di diventare una torcia di fuoco. Pensò a una soluzione, l'acqua sul viso aveva già costatato che fosse un azione inutile ma forse più quantità avrebbe spento quel fuoco ardente. Scese in cucina percorrendo le scale come una macchina da corsa. Sul pavimento in legno la seguivano passo passo degli aloni di impronte bruciate. Aprì il cassetto del frigorifero stracolmo di ghiaccio e ci ficcò le mani all'interno. Un bollore risuonava, il ghiaccio iniziava a sciogliersi e il calore dentro di lei si affievoliva. Una sensazione di piacere le percorse il corpo come una doccia fresca dopo ore sotto il sole cocente. Socchiuse gli occhi godendosela ma un rumore assordante la riportò alla realtà. Il campanello alle sue spalle risuonò nella casa silenziosa. Era sola, Willy e Rosa erano andati al teatro e Mark non era pervenuto dalla mattina. Terrorizzata dall'idea che fosse Thomas e dalle sue condizioni ancora in accappatoio, smise dire spirare, fingendo di non aver sentito ma il campanello rimbombò nuovamente. Si avvicinò alla porta d'ingresso in punta di piedi e sbirciò dallo spioncino. Dei ricciolini rossi sbucavano come funghi. Girò lo sguardo verso l'orologio in salone, erano appena scoccate le 21:00. Sentì dei passi allontanarsi difronte a lei. Thomas stava andando via. Doveva fermarlo. Aprì la porta e da una piccolissima fessura lo chiamò. << Thomas! >>urlò. Si girò verso la porta sorridendo, come se fosse sorpreso della sua presenza. << Pensavo mi avessi dato buca >> Rispose grattandosi la testa. << Avevo la musica alta e non ho sentito il campanello>> inventò una scusa e pure sembrava crederci. Dopo qualche secondo di silenzio, Thomas sforzò la vista per cercare il suo viso dietro la piccola fessura. << Vuoi rimanere nella penombra?>> le rispose ridendo. << In realtà devo finire di prepararmi>> Irene rivolse lo sguardò sulle sue mani, erano rosse ma nessuna bolla e nessun calore. Il ghiaccio aveva bloccato quell'incendio dentro di lei. Thomas alzò le spalle per un brivido di freddo rimpicciolendosi dentro il suo piumino color panna. <<tranquilla, ti aspetto qui>> si appoggiò al muretto incrociando le braccia. << Dai entra se no mi darai la colpa se ti becchi la febbre>> Se ne pentì subito dopo averlo invitato ad entrare per le sue condizioni ma soprattutto perché i suoi genitori potevano arrivare da un momento all'altro e la situazione poteva risultare davvero sbagliata. Irene aprì la porta nascondendosi dietro e Thomas entrò zoppicando. La caviglia era coperta da fasce, non era rotta ma sicuramente doveva far male e le sue espressioni trapelavano la conferma. Si sedette sul divano nocciola del salone e briciola lo accolse scodinzolando. Irene si coprì il più possibile, allungando la fine dell'accappatoio sulle gambe. Thomas distolse lo sguardo per non sembrare maleducato ma ormai le guance rosse avevano tradito il suo imbarazzo. <<Vuoi una limonata?>>gli chiese nascondendosi dietro una tenda di seta. <<No grazie >> rispose distratto dalle leccate di Briciola. Silenziosa sgattaiolò al piano di sopra, lanciò l'accappatoio sul letto, infilò il vestito, legò i capelli ormai asciutti lasciando sciolti due ricciolini davanti il viso, un velo di trucco sugli occhi, afferrò la giacca e infilò gli anfibi di corsa scendendo le scale col rischio di cadere. In meno di dieci minuti era dietro le spalle di Thomas che giocava come un bambino con il cucciolo. Il suo riflesso sulla parete a specchio difronte al divano mostrava la sua bellezza. Un abitino nero aderente risaltava le sue forme delicate e il gloss leggermente rosso rendeva le labbra più carnose. Thomas alzò lo sguardo e ne rimase ipnotizzato. Briciola abbagliò stranita dall'assenza improvvisa di attenzioni. Si alzò mantenendo lo sguardo sulla figura riflessa davanti ai suoi occhi, dopo qualche secondo si girò e senza dimenticare nessun centimetro del suo corpo sussurrò<<sei bellissima>> Irene accennò un sorriso. Non le dispiaceva essere guardata e lo lasciò fare. <<Andiamo o faremo tardi>> rispose Irene. Con sguardo impacciato, acchiappò frettolosamente delle chiavi dentro la tasca del pantalone a quadretti grigio scuro. <<Guidi tu con una caviglia così?>> domandò corrugando le sopracciglia. <<Ho preso la macchina di mia madre che ha il cambio automatico così non sforzo la gamba>> rispose con autoconvinzione. <<Non mi sembra molto sicuro, non potevi dare il tuo biglietto da visita anche ad un tassista?>> rispose tagliente come una lama aprendo la porta d'ingresso. << Sapevo che avresti visto quel gesto in modo negativo, non l'ho mai fatto con nessuno ma ero in ritardo per andare a lezione e volevo lasciarti il mio numero, l'unica cosa che mi è venuta in mente è stato darti il biglietto>> la superò sfiorandole il viso con il petto, uscendo dal ingresso in pietra e aggiunse <<non mi sembra sia stato un gesto così negativo, guarda dove ci ha portati >> Irene rimase in silenzio, aveva criticato tanto quell'azione egocentrica. Nessun ragazzo di 17 anni ha dei biglietti da visita e va in giro a regalarli, eppure, in una frase le aveva dato una risposta plausibile ed effettivamente un biglietto da visita per un campione olimpico è una cosa sensata, magari per gli sponsor o per possibili pubblicità. Aveva giudicato troppo in fretta la copertina di quel libro e le sembrò strano, non si sbagliava mai sulle persone. Quella risposta la sorprese, non se l'aspettava, aveva ribaltato tutte le carte in tavola. La macchina emise un suono all'accensione. Prima di chiudere la porta di casa, Irene afferrò i guanti in pelle lucida di sua madre sopra il mobile di fianco e li indossò. Non poteva permettersi disciogliere bicchieri di plastica o procurare bruciature di terzo grado a chiunque la sfiorasse.

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