AMICIZIA

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MARTEDI' 16:10

Suonò il campanello nel civico 45 della via più rinomata della città. Un ampio stradone circondato da grandi palme si affacciava su palazzi alti come grattaceli. Una voce robotizzata le rivolse la parola dalla piccola scatolina sopra le numerose etichette dei campanelli. Di sottofondo una voce conoscente ordinava di aprirle il portone. Uno spazioso ascensore specchiato la portò al quindicesimo piano accompagnata da una musica classica. Le maniglie per appoggiarsi erano color oro e un lampadario di pietre trasparenti ondeggiava sopra la sua testa. Non aveva mai visto tanto lusso per un ascensore. Alla porta dell'appartamento l'attendeva scalza Ming avvolta in una felpa larga. Immediatamente la invase un odore di detersivo alla vaniglia.

<<Ce l'hai fatta!>> urlò sorpresa agitando i suoi capelli corvini.

<<é bastato seguire le palme>> rise Irene. Era stata invitata a casa sua per un compito di storia latina a cui Ming era molto preparata. Una grande libreria regnava nella parete difronte l'ingresso, mobili in marmo bianco, una finestra luminosa, per terra disteso un ampio tappeto con disegni tradizionali coreani, al soffitto lumetti a forma di campana. Avrebbe immaginato una casa arredata in modo molto sofisticato ma appariva quasi spoglia come se dovessero ancora completare un progetto. Le sembrò strano che non ci fossero divani o poltrone, televisori, accessori d'arredamento sopra i mobili o quadri appesi alle pareti ma non chiese per non sembrare scortese. <<Siamo solo noi due e-e ci sarebbe anche Jordan il custode del palazzo>> le bisbigliò all'orecchio coprendo la bocca con entrambe le mani. <<Perché c'è il custode?>> ricambiò il bisbiglio. <<Beh, mia madre non vuole lasciarmi sola a casa e non vuole pagare una babysitter così Jordan gli fa un favore in cambio di una scatola del nostro sciroppo d'acero>> rispose imbarazzata. La signora Wang doveva essere una mamma fin troppo protettiva verso sua figlia, forse era dovuto alla poca presenza del padre, non aveva mai sentito nominarlo ma addirittura un Babysitter per una diciasettenne diligente, non l'aveva mai sentito. Ming aveva ereditato il cognome della madre che portava sulle spalle una marca famosa di uno dei migliori sciroppi d'acero importato in tutto il mondo ma a quanto pare non era l'unica ragione per la quale non avesse tenuto il cognome paterno. << Ho preparato diversi spunti per il nostro compito, vieni sediamoci>> Indicò un angolo del tappeto dovesi trovavano già in postazione portacolori, evidenziatori e penne colorate. Sedeva tranquillamente a gambe incrociate mentre smanettava qualcosa al computer con fronte corrugata. Pensò che fosse un abitudine per lei stare in quella posizione, Irene aveva già i crampi alle ginocchia. <<Mi sono portata avanti mentre ti aspettavo, manca solo la traduzione del testo, ti va di provarci? Io nel frattempo preparo una cioccolata calda>> Irene annuì prendendo il suo posto. Non aveva mai studiato la lingua latina nella scuola precedente e quelle lettere gli parvero impossibili da decifrare ma si armò di dizionario per non deludere Ming, anche lei doveva metterci la sua parte per il compito o non sarebbe stato un progetto di coppia. Le lettere somigliavano molto a quelle della lingua degli angeli. Ripensò al libro che le diede suo padre, dimenticato sotto al letto insieme ad un pacco di patatine stropicciato. Era un periodo impegnativo, i professori li bombardavano di compiti in classe e interrogazioni a sorpresa e non aveva avuto molto tempo per scoprire cosa ci fosse all'interno di quel libro. In lontananza sentì il rumore di un pentolino poggiare sul fornello. La casa appariva molto silenziosa e la stanza era illuminata da una lampada ad angolo con un alto gambo che aveva rubato la scena alla luce esterna che penetrava dalla finestra. Nonostante l'ampio salone fosse apparentemente spoglio non c'era alcun tipo di eco e l'atmosfera era stranamente accogliente dovuta, forse, all'aria calda che si percepiva nella pelle. D'un tratto, intenta a tradurre delle frasi, ebbe la sensazione di essere osservata, percepì la pesantezza di due occhi posati su di lei. Si girò di scatto verso la porta. Due iridi nere la stavano fissando da un piccolo spiraglio. Subito dopo sentì una voce cupa schiarirsi la gola. Un uomo di mezza età, smoking, scarpe lucide e capelli brizzolati le si avvicinò. Rimase in silenzio controllando che la situazione fosse tranquilla, assicurandosi che tutto fosse a suo posto . Cosa avrebbe potuto rubare da una stanza senza neanche un vaso? Pensò fosse una misura di sicurezza abbastanza esagerata. Irene lo ignorò mantenendo lo sguardo sul dizionario. Nello stesso momento in cui il custode uscì dalla stanza, un odore di cioccolato fuso le raggiunse le narici, proprio come una scia immaginaria. <<Fammi vedere un pò >> disse trionfante, porgendole una tazza fumante. << Non credo di essere brava a tradurre il latino>> Ming si mise a ridere, come se avesse appena letto una battuta divertente.

<<ci penso io, tranquilla>> la rassicurò. Iniziò a trascrivere le frasi tradotte senza consultare il dizionario, come se conoscesse quella lingua a memoria.

<<mi spieghi come fai?>> rimase sbalordita Irene dalla sua rapidità e conoscenza. Ming non rispose, la tastiera era il suo unico interesse in quel momento. La pagina del power point continuava a contare il numero delle parole senza una fine.

<<i libri mi sono stati vicini quando non c'era nessuno>> rispose chiudendo il computer. I suoi polpastrelli sembravano emanare del fumo. Irene guardò la grande libreria nella parete difronte, immaginò una bambina rinchiusa in questa stanza spoglia, sola, con una specie di maggiordomo dal naso troppo lungo e come unica compagnia delle pagine che odoravano di giornale antico. Il suo carattere introverso doveva essere dovuto a questo, non era abituata a confrontarsi con i suoi coetanei. << Si proprio loro, so che può sembrare triste ma adesso so parlare una lingua morta, non è da tutti>> cercò di rassicurarsi da sola Ming indicandole i libri e subito dopo aggiunse << e poi adesso ci sei tu >> sorrise. Irene pensò che fosse quasi un infanzia illegale da poter far vivere ad una bambina. Non era tardi per fare nuove esperienze e Irene si promise che qualunque cosa fosse accaduta, avrebbe fatto di tutto per mantenere questa amicizia, lo doveva ad una ragazza che non sapeva come fossero fatte le feste tra amici o le risate tra ragazze. Le strinse il polso con la mano, per confermare la sua frase. Una vibrazione accese lo schermo del telefono di Ming che nascose subito dietro la schiena, trattenendo un piccolo sorriso. <<Cosa stai nascondendo?>> le chiese Irene incuriosita. <<Mi prometti che se te lo dico non mi ripudierai come amica?>> <<Non dirmi che è John>> trattenne il respiro Irene. Ming annui e le porse il telefono. " Quando ci vediamo Mei?-John" Ming divenne rossa come un peperone. <<Ancora non gli hai detto che eri tu? Ming ti scoprirà e non finirà bene>> cercò di farla ragionare.


<<Ma lui è interessato a Mei non a me>> <<Sai che eri sempre tu e non un'altra persona vero?>> << si...ma a lui non è mai stato interessato alla vera Ming>> disse mordendosi l'unghia dell'indice. Irene percepì un tono di insicurezza. <<in realtà io credo che la vera Ming sia uscita quella sera, eri raggiante come non mai e Johnny era interessato a te, non ad un altra persona>> la rassicurò <<ma non potrei mai, mia madre non mi permetterebbe di uscire in quel modo, hai visto com'è >> le bisbigliò. << non credo che possa arrabbiarsi se scegli dei vestiti della tua taglia.>> Ming rimase in silenzio, dubbiosa. << ti va se sabato andiamo a fare un giro nei miei negozi preferiti? Se non dovessero piacerle li restituiremo e proveremo con qualcos'altro>>propose Irene. Una luce le si accese negli occhi, come fari. Le si gettò tra le braccia e le sussurrò <<davvero lo faresti per me?>>                          

Girasoli Sotto La Neve.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora