Capitolo 4

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Grace


Lasciate ogne speranza, voi ch'intrate.

(Inferno, canto III, v. 9)




Avevo cominciato a lavorare a sedici anni; la mia ambizione, la testardaggine e la convinzione di una stupida adolescente che non conosceva nulla del mondo, mi spinsero a credere che, presentandomi come una persona con alte capacità culinarie, mi avrebbe fatto ottenere un posto come cuoca...ma ripeto avevo solo sedici anni, ero una ragazzina testarda che non conosceva il mondo, che non conosceva la crudeltà del mondo e cosa ben più importante, non aveva la minima idea di cosa significasse sentirsi soli.

<<Ok, ho caricato le ultime cose in auto, gli ultimi due scatoloni li ho messi nel cofano, mentre sul sedile posteriore ho messo il resto della roba, compresa la scatola rossa>> alzai lo sguardo dalla foto che avevo in mano, incorniciata qualche giorno dopo averla scattata, durante il primo e unico viaggio che io e la mamma ci eravamo permesse...Chicago; la riposi dentro lo zaino, per poi chiuderlo in maniera definitiva, dopodichè mi concentrai su Arya, che aveva passato gli ultimi giorni a sistemare roba e a preparare scatole.

Non era un trasloco definitivo, mi dicevo, sarebbe potuta accadere qualsiasi cosa, sarei potuta essere licenziata prima di mettere da parte tutti i soldi di cui avevo bisogno...ma nonostante ciò, sembrava stessi facendo un enorme trasloco, nonostante non avessi molta roba, eppure non intendevo separarmi da nulla di ciò che era rimasto ad Ann Arbor, così avevo preso tutto, non nella speranza di rimanere a Chicago per sempre, ma in quella di non tornare più in quella minuscola catapecchia dove ero andata ad abitare e cosa ben più importante, per non tornare a vivere ad Ann Arbor mai più.

Mi soffermai a guardare la mia migliore amica, mia sorella e sentii per un attimo affiorare le lacrime...non era un addio, non stavo andando dall'altra parte del mondo, anzi, stavo per cominciare una nuova vita nella sua stessa città, ma nonostante ciò, questa nuova vita che aspettavo da tanto, un po' mi spaventava...in quella nuova casa sarebbe stato più difficile nascondermi, la mia corazza sarebbe dovuta rimanere ben salda;

<<ehi>> avanzò un passo verso di me, per poi appoggiarmi le mani sulle spalle <<niente pianti, ricordati che stai andando a lavorare di ciò che ti piace e soprattutto guadagnerai un sacco di soldi, che ti permetteranno di realizzare il tuo sogno; non pensare al passato, pensa al tuo futuro, pensa a come potremmo essere tra un paio d'anni>> sorrisi istintivamente; mi concentrai a pensarci, solo per un momento, me lo permisi...vidi il mio ristorante, un ristorante tutto mio, con un'enorme terrazza...io dietro ai fornelli a cucinare e a dirigere un intero team di lavoro, Arya seduta al suo tavolo con un'enorme pancia di 9 mesi pronta ad ingozzarsi di cotolette...

Lo sognavamo sin da bambine, forse da ancora prima di sapere cosa realmente volessimo dalla vita <<il badget del sogno permette un figo astronomico come marito>> mi misi a ridere

<<a patto che mi faccia un nipotino bellissimo da poter sbaciucchiare, si>> chiarii

<<se è così, anche io voglio un nipotino, anzi, una nipotina e voglio un altro super figo come cognato>> scossi ripetutamente la testa, cercando di non dare a vedere quanto realmente quella frase mi avesse colpita in faccia <<sei sempre la solita>>

<<perchè, abbiamo detto che potevamo sognare e anche se tu non sogni una famiglia e un marito strafigo, lascia che sia io a sognarlo per te>> una famiglia...che parolone, non avevo la benchè minima idea di cosa fosse, anzi, probabilmente lo sapevo, ma la mia idea di famiglia era molto diversa da quella del mondo, da quella di Arya.

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