Capitolo 19

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Grace


I love you in every universe

Doctor Strange





Ciascuno di noi vive di emozioni, diverse, simili, caotiche...emozioni che determinano il corso della nostra vita, da quando nasciamo, fino al momento della nostra dipartita; emozioni in continuo contrasto tra di loro, all'interno di uno spietato sistema di controllo...il cervello.

E' qui che si mischiano e alternano per dare vita a chi siamo e chi dovremmo essere, le emozioni dovrebbero sempre guidarci sulla retta via, ma la verità e che sono delle grandissime stronze, capaci di imprigionarci all'interno del nostro stesso corpo, impedendoci di esercitare il nostro libero arbitrio.

"Io non sono una tua proprietà...sono una persona libera..." questo gli avevo detto, ma la verità era che, pur non essendo una sua proprietà, ero tutto, fuorchè libera, perchè la forza delle mie emozioni, il flusso costante dei ricordi, le immagini ancora vivide e i suoni indimenticabili, erano parte integrante della mia mente, della parte conscia e anche di quella inconscia, come mi ricordavano puntualmente i miei incubi.

"tu sei esattamente come me, prigioniera di un corpo che ti ricorda tutti i giorni che sei condannata in eterno"... lo ero, il mio vivere era diventato di colpo sopravvivere, era diventato una lotta costante tra presente e passato e il mio futuro era unicamente ancorato ad una fottutissima promessa, ma il vero problema era un altro...perchè nella mia lotta tra passato e presente, si stava insediando un altro esponente che non avevo pensato minimamente di calcolare...colui che sembrava essere così freddo da aver vissuto insieme alla morte per anni, calcolatore, perfezionista, maniacale...eppure così simile a me. Il nostro corpo non era solo un ricordo costante, era anche un'arma, la più potente del mondo, capace di farci dimenticare solo per un attimo il nostro passato, per poi ricordarcelo il secondo dopo, capace di farci provare emozioni diverse da quelle che abitualmente abitano nella nostra mente, capace di convertirsi in uno scudo, nella muraglia più alta del mondo, sgretolabile solo dall'interno.

Non potevo più negarlo, se prima era la lussuria e la mia costante ricerca di una valvola di sfogo a guidarmi verso di lui, nell'esatto momento in cui ci eravamo seduti giardino, incamerando quella conversazione, la mia prospettiva era diventata variegata, perchè ora desiderio e bisogno, si erano mischiati a curiosità e dubbi; perchè per quanto tu voglia rimanere distaccata da una persona, quando vivi sotto il suo stesso tetto, è impossibile non prendere parte ai suoi segreti.

Continuai a guardare davanti a me, quasi come se potessi vedere oltre quella parete chiara, che insieme alle altre tre, circondava la mia stanza, mentre me ne stavo seduta sul letto, indecisa sul da farsi. Mi dicevo che potevo lasciarla lì, che non avrei avuto il tempo di usarla a mia favore e che non ci sarebbe stato bisogno di usarla per altro, perchè in un certo senso ero al sicuro; sarei andata ad Ann Arbor, sarei rimasta a casa di Arya, saremmo uscite a far festa e poi me ne sarei tornata a Chicago.

Accarezzai l'impugnatura, proseguendo verso l'alto, fino ad arrivare al foro sul davanti, d'istinto la impugnai, senza caricarla, una mano sotto, quella dominante sull'impugnatura, dito sul grilletto, occhio vigile e reattivo. 

non mi serve...

non mi serve...

non mi serve...

Questo continuavo a ripetermi e dopo aver puntato il muro per minuti interminabili, l'abbassai, per poi nasconderla dentro un maglione ingombrante e riporla nel cassetto. Sarebbe rimasta lì, perchè non ne avevo bisogno, perchè non avrei avuto tempo di usarla per sfogarmi, perchè non c'erano più pericoli...

Skyfall: Secrets and LiesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora