Capitolo 7

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Grace



Penso che mi mancherai per sempre.

 Come alle stelle manca il sole nel cielo mattutino.

Lana Del Rey




Erano tre anni che non avevo un attacco d'asma, tre anni che la mia corazza non veniva abbattuta e la cosa peggiore era che, ero stata io stessa ad abbatterla, in un eterno secondo.

La canzone del giorno prima aveva continuato a risuonarmi in testa per tutta la notte, nella quale non avevo chiuso occhio e l'attacco d'asma era stato la ciliegina sulla torta, come quella che stavo finendo di preparare per quella sera.

Sarebbe stato il mio ultimo servizio, la mia ultima sera di lavoro e poi, come era successo con tutti gli altri lavori, sarei andata via, avrei lasciato tutto e rimesso da parte il mio sogno...chi è causa del suo mal pianga se stesso...ma io non avevo più la forza nè la voglia di piangere, avevo lasciato che succedesse il giorno prima, mi ero sgretolata pezzo dopo pezzo ed ero stata io stessa a raccogliere i cocci e a riunirli con lo scotch, affinchè non cedessero di nuovo.

<<Tesoro, è da quando sono arrivata stamattina che sei taciturna, si può sapere cos'è successo>> era la verità, le avevo solo chiesto di sua figlia, che era stata in osservazione in ospedale, ma da quello che avevano detto i medici era stato un falso allarme; dopodichè non avevo aperto bocca, mi ero dedicata alla cucina senza neanche alzare gli occhi per vedere se il cielo avesse cambiato colore o fosse rimasto azzurro;

<<Dominic è andato via prestissimo stamattina, ci siamo incrociati quando sono arrivata, pensavo che ti avrei trovata in piedi per la colazione, ma non c'eri, così sono venuta in camera tua, ma il letto era intatto...che cosa hai combinato Grace>> mi ero rattoppata da sola

<<Mary, ti prego, vorrei solo finire questa cena in pace, prima di andare via>> dissi tutto d'un fiato <<cosa, che hai detto>> sospirai, per poi alzare finalmente lo sguardo su di lei

<<sono stata licenziata, questa è la mia ultima sera qui, dopo la cena, andrò via>> vidi Mary guardarmi sconcertata, dopotutto lei non poteva sapere cosa avevo combinato, cosa fosse scattato nella mia testa il giorno prima, ma non feci in tempo a darle spiegazioni, perchè Dominic Silbergh e la sua maschera di freddezza fecero ingresso in cucina.

Era vestito come al solito, in giacca e camicia e trasudava superiorità ed eleganza da tutti i pori, eppure io continuavo a ricordare i suoi occhi, quelli del giorno prima, quel vuoto, quel rammarico quella tristezza io li conoscevo; distolsi rapidamente lo sguardo da lui non appena iniziò a parlare

<<arriveranno alle otto, perciò siate puntuali, non voglio errori di nessun genere>> disse, chiaramente riferito a me, fece per andarsene ma poi si voltò di nuovo <<Mary, vorrei che fossi più chiara riguardo alle regole di questa casa, perchè la prossima volta butto fuori anche te, infischiandomene della mia famiglia e del resto>> in quel momento la rabbia cieca assalii me, Mary non aveva colpe per quello che era successo, la responsabilità era solo mia...quella notte avevo rattoppato la mia anima, rimesso insieme i cocci e ricostruito una corazza che mi sarei impegnata a difendere con più grinta e coraggio, avevo già perso il lavoro dopotutto, perciò sti cazzi, non poteva fare più nient'altro

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