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Bellamy

Ci fermiamo mentre il rover non può proseguire ulteriormente lungo il terreno accidentato. Scendiamo con cautela, cercando di stabilire la prossima mossa.

La terra è ruvida sotto i nostri piedi, e il suono distante dell'acqua ci invita a esplorare.

«Dobbiamo procedere con cautela. Questo terreno non è proprio il massimo per il rover». Dico con fermezza».

Octavia e Clarke si precipitano verso il suono dell'acqua, ignorando il mio avvertimento sul possibile pericolo.

«Potremo incontrare ostilità».

Li avverto, ma sembrano determinati. Occhi risoluti, mia sorella ribadisce la sua fede nella gentilezza di Luna e mi chiede di abbassare l'arma.

Seguiamo il corso del fiume, i nostri passi sincronizzati con il suono dell'acqua che scorre. Di colpo il paesaggio si apre davanti a noi.

Invece del villaggio sperato, ci troviamo di fronte a un anello di pietre su una piccola penisola.

La delusione si dipinge sui nostri volti, mescolata con una confusione crescente. Non siamo arrivati al nostro obiettivo, e la speranza vacilla.

«Cosa facciamo ora?» domando, guardando i miei compagni con incertezza.

Octavia e Clarke si scambiano uno sguardo, e anche loro sembrano smarrite. La nostra ricerca sembra aver raggiunto un punto morto.

Il crepitio del fuoco accende l'accampamento, e mentre mia sorella dà inizio al fuoco, raccolgo braci e rami per alimentarlo. La notte scende rapidamente su di noi, e con essa il silenzio carico di tensione.

«Domani mattina dovremo cercare la linea costiera».

Suggerisce Octavia, la sua voce risuona nell'aria notturna. La sua proposta ha senso, e annuisco in accordo.

«Lincoln non avrebbe segnato questa posizione sulla mappa se non fosse importante.

Mi avvicino al diario di Lincoln, ma mia sorella lo afferra prima che io possa toccarlo.

«Non toccare».

Mi avverte con un tono carico di emozioni.

Le sue parole mi feriscono, ma cerco di non farlo trasparire.

«Per quanto tempo rimarrai così?»

Chiedo, cercando un segno di pace tra di noi.

Ma Octavia non cede.

«Non riesco nemmeno a guardarti senza vedere Lincoln morire».

Ammette, la sua voce soffocata dall'angoscia.

«Non ho ucciso Lincoln».

Ribatto, difendendomi con fermezza.

Ma le sue parole risuonano con rabbia.

«È proprio per questo che è stato ucciso».

Mi accusa.

Mi sento impotente di fronte alla sua furia.

«Sono venuto qui per aiutarti».

Replico con un filo di voce.

«Doveva esserci fiducia reciproca».

Quando ottengo solo il silenzio come risposta, decido di prendere una pausa, uscendo dall'accampamento per una passeggiata solitaria lungo la spiaggia.

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