Capitolo 16 - JULIAN

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«Allora, cosa succede?»
Noah non stacca gli occhi dal romanzo, lo stesso che aveva questa mattina. Un libro talmente grosso che sembra un mattone, e lui è quasi alla fine. Come faccia, a leggere così tanto in così poco tempo, per me è un mistero.
Mi sistemo di fronte a lui, sul pavimento gelido, in attesa di una risposta.

«Che vuoi dire?»
Io sospiro, perché non otterrò niente da lui, a meno che non faccia dei tentativi a casaccio, cercando di cogliere qualche segnale sul suo viso. «Sei arrabbiato, Noah.»
«Non è vero» ribatte con tranquillità.
«Invece sì. Ti prego, non voglio trasformarmi in tuo fratello Aaron. Non mi riesce bene la parte del poliziotto cattivo» dico esasperato.
«Non è necessario che tu faccia il poliziotto cattivo.»

Socchiudo gli occhi e lo studio in silenzio. La sua postura è rilassata, ma non me la bevo. In cucina era chiaramente irritato, e anche Aaron, per qualche motivo, era teso. Deve essere successo qualcosa fra loro due, ma Aaron non ha minimamente accennato alla cosa e, ogni volta che ho cercato di prendere l'argomento, ha cambiato discorso.

E poi, non è da Noah restarsene tutto questo tempo per conto suo. Cioè, è un tipo strano che ama la solitudine, ma è troppo anche per lui isolarsi così.
«Tu e Aaron avete litigato?» domando alla fine.
«Perché pensi che abbiamo litigato?» chiede di rimando, sfogliando un'altra pagina.
«Non lo so, forse perché ci stai evitando?» Non riesco a nascondere il sarcasmo.
«Ma allora dovrei aver litigato con tutti voi, secondo questa logica.»
«Noah, smettila con questi giochetti. Hai litigato o no con Aaron?»
È un attimo, ma la mascella di Noah si tende, prima di tornare rilassata.

«Avete litigato» ripeto io.
Quando non risponde, so di aver fatto centro. «Perché?» insisto, ma so che non otterrò risposta. Comincio a battere il piede, impaziente, e mi chiedo se dovrei giocare la carta della disperazione, quella in cui inizio a lamentarmi di loro due che mi escludono, che non mi dicono mai niente, che mi lasciano in disparte, eccetera. Di solito gli faccio pena e funziona. Ne vado fiero? No, ma Noah e Aaron sono esasperanti.

Decido di fare comunque un tentativo, anche se Noah, qualche ora fa, è stato inflessibile. «Va bene, tieniti i tuoi segreti» dico infatti con voce tagliente. «D'altronde, perché mai dovresti confidarti con me? Io sono una persona qualunque, non il tuo migliore amico. Non sono affari miei» concludo in tono greve. Mi sento un'idiota, perché dovevo fare finta di essere offeso, e invece mi sento davvero ferito. Perché è sempre stato così. Possono pur farmi credere di essere un fratello per loro, ma fino a quando mi terranno a distanza in questo modo, non farò mai parte seriamente della loro famiglia. Resterò un semplice amico. Fanculo, penso mentre mi alzo da terra.

«Aspetta.»
Noah, finalmente, alza gli occhi dal libro. Un lampo di indecisione passa sul suo viso, ma poi mi invita a sedermi di nuovo.
Io riprendo il mio posto e lo scruto diffidente. Non sono sicuro che mi abbia chiesto di restare perché voglia aprirsi con me.
Chiude il libro che ha in mano e lo mette da parte, poi si passa le dita tra i capelli dorati e fa una smorfia. «Hai ragione, abbiamo litigato» ammette infine.
Resto in silenzio, mordendomi la lingua. Vorrei fare tante, troppe domande, ma potrei scoraggiarlo. Perciò, con uno sforzo enorme, tengo la bocca chiusa e inizio a tamburellare il piede, in attesa che parli. 

«Aaron è un ipocrita» dice in tono freddo.
Io aspetto, ma non aggiunge altro. «Tutto qui?» chiedo con un sopracciglio alzato.
Noah sospira. «Mi urta che mi menta in faccia. Preferirebbe morire piuttosto che dirmi la verità.»
«Mi pare il solito Aaron» dico. «Niente di strano. Tu, invece, preferiresti morire piuttosto che dire le cose chiaramente in faccia senza girare per ore intorno al discorso» dico esasperato, perché conosco bene Noah e so che sta prendendo tempo.

Stuck in the snow. Bloccati nella neve 🔞 [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora