Atto VII

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Violet's Pov
Fire si fermò davanti ad una siepe, dai fiori rossi e bianchi, ed iniziò ad ululare, così mi precipitai per vedere cos'avesse trovato. Mi sporsi per vedere oltre le foglie verdi della siepe e intravidi un'oggetto luccicare. Presi il piccolo oggetto tra le mani e sorrisi a Fire per fargli capire di aver fatto un buon lavoro, lui in tutta risposta scodinzolò felice.

Spostai lo sguardo su quello che avevo in mano. Si trattava di una collana con un ciondolo a forma di fiamma con una goccia d'acqua che la spegneva. Quello era il mio simbolo. Il simbolo che mio padre mi disegnava sempre sul polso per ricordarmi che più ero speciale degli altri. Lo faceva sempre quando i bambini mi escludevano e non volevano giocare con me.

Il pick sapeva chi era realmente mio padre, come avevo sospettato quando l'aveva menzionato. Sapeva chi ero io e molto probabilmente sapeva che ero una maga. Ciò potrebbe mandare in aria la mia copertura ed anche la mia vendetta. Dovevo impedire ad Hunter di scoprire la verità. Avrebbe potuto dirgliela Weteed se gli avesse parlato del mio passato. In ogni caso, se Hunter scoprisse cosa nascondo ogni cosa crollerebbe e il mio viaggio fino al labirinto sarà stato inutile.

"Cos'ha trovato?" sentì la sua voce a qualche metro da me.

In fretta e con circospezione, feci scivolare la collana nella tasca dei miei pantaloni verdi, per poi voltarmi nuovamente verso Hunter.

"Niente" mentì senza la minima esitazione.

Dovevo escogitare un piano ben accurato, ma ci voleva tempo per farlo. Ma soprattutto non dovevo avere gli occhi di Hunter Harris puntati addosso mentre pensavo.

"Niente? Ne sei sicura?" corrugò la fronte per nulla convinto.

"Sì. Forse dovremmo dividerci e cercare in giro per il labirinto. Oppure cercare insieme mentre tu mi dai delle spiegazioni su come funziona questo gioco" mi avvicinai a lui assottigliando lo sguardo.

In tutta risposta lui fece una smorfia e tornò a camminare intorno al grande spazio cercando con gli occhi qualcosa che potesse farci uscire di qui.

"Questo labirinto è stato creato per far impazzire la gente. Il suo creatore, Amilcare Hegrove ama vedere la sofferenza negli occhi delle persone. È per questo motivo che ha creato questo gioco" lo sentì mormorare, mentre rovistava tra un cespuglio con delle more rosse come frutti.

"Ma questo non spiega come ci sia arrivata la pietra di cui tutti parlano in suo possesso" affermai in tono scettico, incrociando le braccia all'altezza del petto.

"Non sono un libro di enciclopedia della magia Lilith" si voltò appena per fulminarmi con i suoi occhi verdi.

"Sei così simpatico faccia da rospo" sputai in tono acido, arricciando il naso.

"Ti diverte insultarmi?" chiese camminando verso il prossimo cespuglio.

"Non so, a te diverte così tanto chiamarmi Lilith?" lo incalzai.

"Più che altro amo vederti infastidita" ammise, e se non lo stessi imparando a conoscere, crederei che fosse sincero.

"Solo io o tutti?" chiesi, inarcando un sopracciglio, anche se lui era di spalle e non poteva vedermi.

"Stai alludendo a qualcosa?" anche se non potevo vederlo, pensai che stesse sorridendo divertito dalla piega che stava prendendo la conversazione.

"Non so, tu pensi che io stia alludendo a qualcosa?" rigirai la domanda, ma lui non mi rispose, si limitò a stare in silenzio rovistando tra i cespugli e le siepi che ci circondavano.

Dovevo pensare a qualcosa. Testai la collana dentro alla tasca dei miei pantaloni e arrivai alla conclusione che, quando si sarebbe distratto, l'avrei tirata fuori fingendo di averla appena trovata.

SOLDATI DI CRISTALLO.                          IL LABIRINTO DI HEGROVE.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora