Capiloto 4 - Sushi e ceretta

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Spaventata e incapace di reagire a quella situazione aberrante, Deianira si rivestì.

Cosa voleva da lei Damian? A quale gioco perverso intendeva obbligarla a prendere parte? Era un gioco? Era solo un modo di umiliarla? E quanto tempo intendeva tenerla sua ostaggio? Una settimana in più. Aveva evitato di essere zittita con quell'affare inquietante in cambio di una settimana. Si era potuta rifiutare, ma aveva aumentato la durata di quell'incubo.

Damianle aprì la porta e le indicò di uscire. La bionda Ani e il suo uomo, Fabrizio, se ne erano andati, ma gli altri erano lì. Mihail e Lazare bevevano al tavolo, Camila sedeva con loro.

Mihail le strizzò l'occhio «Ciao tette di burro.»

«Porto Deja a casa» disse Damian alle sue spalle. «Quando ve ne andate dite a Sorin di chiudere tutto.»

Estrasse un mazzo di chiavi, aprì una porta di ferro tra due scaffali pieni di scatole e le fece cenno di muoversi. Entrarono in un secondo deposito, questo completamente ingombro di scatoloni e scaffalature. Attraverso un'altra porta, si ritrovarono in quella che si rivelò essere una ferramenta.

Uscirono dalla porta d'ingresso del negozio.

Damian le fece strada verso un grosso suv bianco. Le aprì la portiera.

«Entra.»

Deianira si sedette sul sedile di pelle guardando gli interni eleganti dell'auto. Doveva costare una fortuna.

Damian fece il giro dell'auto e si andò a sedere al posto di guida. L'auto si accese.

«Ho fame. Ordino del sushi per entrambi.» Avviò la chiamata dal vivavoce dell'auto, poi la sorprese. «A te piace il sushi? O preferisci altro?»

Era la prima volta che la trattava in maniera gentile.

«Il sushi va bene.»

Non aveva fame in quel momento, anche se non aveva cenato.

Lo ascoltò ordinare e dare l'indirizzo di una strada che non aveva mai sentito.


Non si dissero altro. Il potente motore dell'auto li portò verso l'esterno della città, su per le colline. I palazzi si diradarono, alberi e spazi aperti presero il posto dell'asfalto, intervallati da edifici solitari e schiere di villette col giardino. La macchina rallentò, uscì dalla strada principale e dopo un ultimo tratto, si fermò davanti un grande cancello. Oltre c'era un piazzale lastricato e una scala che saliva fino a una grande casa immersa nell'oscurità.

Il cancello si aprì, Damian parcheggiò nel piazzale, scese di macchina e venne ad aprirle lo sportello.

«Scendi.»

Deianira scese guardandosi attorno. Alle loro spalle il cancello automatico si stava richiudendo; una fila di segna passi illuminava i gradini che portavano verso la casa.

Damian le fece strada, fino a una massiccia porta di legno. La aprì per lei. Deianira entrò in uno spazioso soggiorno immerso nella penombra, illuminato dalla soffusa luce che si diffondeva da una intera parete a vetri sul lato opposto della stanza. Oltre, all'esterno, c'era un giardino e una piscina.

Damian accese la luce. Quella casa sembrava essere uscita da una rivista di architettura.

«Vivrai qui fino a quando il nostro accordo non sarà concluso.»

Deianira non disse niente mentre si guardava attorno. Non era mai stata un posto simile.

«Ti mostro la casa mentre aspettiamo la cena.»

Alla sinistra del soggiorno c'era una grande cucina, un bagno di servizio e lo spogliatoio per uscire in piscina. Sul lato opposto, a destra, un piccolo ufficio e la camera degli ospiti con un bagno privato.

D.D.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora