Capitolo 27 - le regole del gioco

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Damian fermò la Ducati davanti alla Smart di Ani. Lei era seduta nell'abitacolo, impegnata a digitare sul cellulare. Appena lo vide issare la moto sul cavalletto, scese e indicò l'interno col mento.

«I vestiti e gli accessori che mi hai chiesto sono nella stanza della troupe.»

«Deja?»

«Dentro. Legata. Ha fatto un po' di storie all'inizio quando le ho detto quello che ti aspettavi da lei e anche dopo, quando le ho messo la gag ball, ma poi si è calmata.»

Damian annuì. «Per domani sera, il poker, tutto confermato? Fabrizio mi ha detto che abbiamo tre invitati questa volta. I biglietti sono stati recapitati?»

«Sì, uno dei ragazzi li ha consegnati questa mattina.»

«Robbi l'ha ricevuto?»

«Sì, come da tua indicazione, anche se non capisco perché l'hai invitato di nuovo dopo la cazzata che ha fatto l'ultima volta.»

«Diciamo che mi ha fatto un favore, così ho deciso di dargli un'altra possibilità. Inoltre, è un pivello a poker ed è pieno di soldi. Il tipo di giocatore che voglio al mio tavolo.»

«Per "favore" intendi che ti ha permesso di ripulire il coglione e così hai potuto comprarti lei?» domandò Ani, indicando di nuovo con la testa verso l'interno del capannone. Era colpa di Robbi se Jack era riuscito a entrare in possesso dell'invito.

«Anche» disse Damian. Robbi aveva trovato Sorce permettendogli di fare con lui un accordo sui futuri debiti del coglione, ma non intendeva parlarne con Ani né con altri.

«Ora puoi andare» la liquidò. «Non ho più bisogno di te per stasera.»

Ani lo guardò. Si vedeva che avrebbe voluto domandargli altro, forse qualcosa a proposito di quella sera, della festa al Enchaîné a cui non era stata invitata, ma non lo fece.

Damian annuì, approvando che ricordasse il suo posto, e le fece cenno di montare in macchina.

Ani ubbidì, avviò la macchina illuminando con i fari Damian e il piazzale dissestato. Si scambiarono un cenno di saluto. Guardò la Smart varcare il vialetto che l'avrebbe riportata sulla strada. Rimase in ascolto del suono del motore che si allontanava e scompariva in lontananza prima di entrare nel capannone.

Voleva restare solo con la sua schiava, essere l'unico da cui dovesse dipendere, e inoltre l'attesa era parte stessa del piacere. Pensava a quel momento da molte ore e voleva goderselo fino in fondo.


Richiusa la porta del capannone, sentì i suoi mugolii soffocati provenire dal grande ambiente principale, ma non andò da lei. Prima voleva cambiarsi d'abito.

Si liberò dei vestiti, indossò una camicia bianca e il completo pantaloni e giacca neri con scarpe in tinta. Una controllata veloce allo specchio, una sistemata ai capelli e fu pronto.

A passo lento si avvicinò alla porta, pregustando quello che avrebbe visto.

Appesa per i polsi, nuda e inerme, Deja era lì per lui.

Anche lei lo vide.

Per un lunghissimo attimo si guardarono immobili, in assoluto silenzio. Damian non si aspettava l'impeto di desiderio che provò nel vederla. L'immagine vivida di lui che la prendeva lì dove si trovava, senza tante cerimonie, gli passò dietro gli occhi, provocandogli un formicolio nei pantaloni.

Si mosse verso di lei, cercando di controllarsi.

Come riscossa dal suo avvicinarsi, Deja prese a protestare e a contorcersi. Nonostante l'impedimento della gag ball, era abbastanza intuibile che non fosse niente affatto contenta di essere rimasta così a lungo in attesa ed era chiara anche la netta opinione che aveva di lui.

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