18 ~ Absences

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"Look to the clock on the wall,
Hands hardly moving at all.
I can't stand the state that I'm in,
Sometimes it feels like the walls closing in.

Try to bury my troubles away,
Drowns my sorrows the same way.
Seems that no matter how hard I try,
It feel like somethings just missing inside."

Ashton fa risalire lentamente la mano lungo la coscia di Nora, che lo lascia fare, ingoiando la paura e fingendo di sentirsi a suo agio. I suoi denti le mordono il collo, le sue labbra scendono fino alla clavicola, per poi risalire, seguendo una linea immaginaria che porta alla bocca, dove le lascia un bacio prepotente e lei fa quasi fatica a stargli dietro. Non l'ha mai baciata così, il sapore è lo stesso, sì, ma qualcosa di diverso c'è e Nora se ne rende conto, anche se non saprebbe dire cosa. Non saprebbe nemmeno dire di chi sia la colpa.

Il ragazzo cambia posizione, facendo scricchiolare sotto al suo peso il letto di Nora. Da sdraiato com'era, si porta seduto sul corpo supino di lei, che chiude gli occhi, continuando a ripetere a se stessa che è quello che vuole. Come un mantra: "E' quello che voglio. Questa volta vado fino in fondo." Ed è come se queste parole le scorressero dietro alle palpebre serrate, scritte col bianco puro sul nero.

Sono le stesse parole che ha detto ad Ashton quando le ha proposto, per l'ennesima volta, di fare un passo in avanti, anche se a Nora sembra di star percorrendo un'autostrada in retromarcia. "Questa volta fino in fondo." Gli aveva promesso.

Ed ora si ritrova bloccata sotto al suo peso, a sentirsi quasi costretta ad andare avanti. Le viene da piangere, ma ancora non lo ferma, perché sa che si arrabbierebbe davvero tanto, se si tirasse indietro proprio ora. Quindi cerca di controllare il suo respiro e di rilassare i muscoli, ma fallisce appena sente il palmo della mano di Ashton stringere il suo seno. Sussulta, le fa male, ma sta ancora zitta.

Nora apre gli occhi, e vede il sorrisino che fa Ashton quando le infila due dita sotto l'orlo della maglietta. La tira lentamente in su e il modo in cui la spoglia la fa sentire peggio, le fanno male al cuore i suoi gesti che sembrano studiati, come se lo avesse fatto un miliardo di volte, come se avesse dipinto migliaia di cerchi immaginari sfiorando la pelle con dita distratte, nello spogliare una ragazza.

"Ti amo, Nora." Le accarezza il viso e non si accorge che non è così che si ama. Che la sta soffocando con la sua fredda fretta.

"Anche io ti amo." Risponde subito, ma le parole che butta via le lasciano un sapore amaro sul palato. Non sa perché, ma le suonano un po' come bugie, e per la prima volta da quando sta con Ashton, si sorprende a chiedersi se è davvero amore quello che prova per lui. Solleva lo sguardo e incrocia quello suo, e potrebbe giurare che in qualche modo le mura della sua stanza si stiano stringendo.

Dovrebbe sentirsi bene, tra le braccia del suo ragazzo. E non dovrebbe essere nervosa o a disagio, dovrebbe voler fare l'amore con lui, amarlo finché ne ha la possibilità. E non dovrebbe sentire la mancanza di qualcos'altro mentre è stretta nell'abbraccio forte di Ash.

E invece è così, invece la sente. Dolorosa, incessante, tremenda mancanza. Cosa significa questo?

Cosa significa sentire la mancanza di Luke ogni secondo della giornata? Che brucia come unghie conficcate nella pelle, come sale negli occhi. Cosa significa pensarci ogni istante? Dal primo battito di ciglia del mattino fino all'ultimo sbadiglio della sera.

Ashton si toglie la maglietta e la getta per terra, poi le sbottona i jeans e mentre glieli sfila, Nora si chiede come sarebbe se al suo posto ci fosse Luke. Magari lui avrebbe fatto tutto più delicatamente, magari l'avrebbe messa a suo agio o magari si sarebbe fermato non appena avesse visto lo sguardo impaurito nei suoi occhi. Magari l'avrebbe fatta davvero sentire amata, e non solo un oggetto con cui avere un rapporto.

Allora prova ad immaginare che le mani che le stringono i fianchi siano le sue, e un mezzo sorriso nasce sul suo viso, senza che se ne renda conto. Immagina che la pelle che preme contro la sua sia quella pallida di Luke, immagina che i capelli che le solleticano il collo siano biondi e le labbra calde che le baciano il petto siano più rosee.

Poi i suoi polsi vengono stretti e il suo sorriso si trasforma in una smorfia di dolore, ed è qualcosa che Luke non farebbe, quindi torna alla realtà, dove Ashton le fa male e lei non dice nulla. Magari non ne ha intenzione, ma lo fa. E Nora non ha più la forza di lasciarlo continuare, non sopporta più lo stato in cui è, ed è come se pensare a Luke in quel modo l'avesse spinta a reagire, ad ambire a più amore.

"Ashton, basta..." A mezza voce, ma lo dice. Lascia galleggiare le sue parole nell'aria, mentre il ragazzo sopra di lei ferma i suoi baci prepotenti e la guarda intontito.

"Cosa?" Dice, e la sua espressione cambia, le sopracciglia si inarcano e le sue labbra diventano una linea dritta.

"Non me la sento più." Confessa, senza guardarlo. L'eco del suo battito le risuona nelle orecchie e riesce a sentire il respiro di Ashton cambiare, diventare pesante.

"Me lo avevi promesso, Nora." Non urla, ma la sua voce gela tutta la stanza.

"Lo so, ma non ci riesco. Scusami." La ragazza si mette a sedere, costringendo Ashton a scendere dal suo corpo. Senza guardarla, si alza dal letto e recupera la maglietta che aveva buttato per terra. Senza dire niente, si riveste. "Ashton, davvero... Scusa." Ma lui non risponde ancora, allaccia le scarpe e l'ultima cosa che gli rimane da fare è indossare il giubbotto, ma appena afferra il pomello della porta della stanza di Nora, lei scoppia. "Non puoi essere arrabbiato per questo, Ash! Non puoi costringermi a fare niente che io non mi senta di fare!" Lui si gira e i suoi occhi sono freddi ed estranei.

"Non l'ho fatto, infatti." E se ne va. Se ne va sbattendo la porta e prendendole a calci il cuore.

Però, in qualche modo, Nora si sente sollevata che lui se ne sia andato. E non si tratta solo della paura di fare l'amore per la prima volta, no. C'è qualcosa di più.

Che forse, in qualche modo, riguarda quella mancanza...

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Traduzione: "Guardo l'orologio appeso al muro, le mani si muovono appena. Non sopporto lo stato in cui sono, a volte sembra che le mura si stringano. Ho provato a seppellire i miei guai, ho affogato il dolore allo stesso modo. Sembra che non importi quanto duramente ci provi, è come se qualcosa mancasse all'interno."

What can I say - Brandi Carlile

Woven ~ Luke Hemmings (in sospeso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora