22. Malumore e pace

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Nota autrice:  so che nessuno di voi si offenderà🤣
Questo capitolo sarà di Jamie per recuperare i due di Jillian.
Buona lettura❤️

Jamie:

«Mamma, non c'è bisogno che venga tutti i giorni. Papà sta vivendo praticamente da solo, dal giorno del mio incidente.»
La guardo mentre è in cucina a lavare i piatti della cena e lei scuote la testa, voltandosi solo un secondo. «Ma smettila, tuo padre se la cavare benissimo anche senza di me.»
«Sto solo dicendo che da una settimana stai venendo per colazione, pranzo e cena. Stai praticamente vivendo con me.»

Sono seduto sul divano e anche se volessi aiutarla, non potrei in ogni caso. Appena provo ad alzarmi, mi costringe a sedermi e stare praticamente immobile senza fare movimenti bruschi. O per meglio dire, nessuno.
Mi chiede se ho bisogno di aiuto persino quando devo andare in bagno, quindi per sicurezza quando vado mi chiudo a chiave. Sarebbe capace di entrare a tenermi la mano!

«Jillian è al lavoro fino alle sei quasi tutti i giorni e tu non puoi stare qui da solo, senza che nessuno si prenda cura di te. Sono tua madre, quindi non brontolare.»

Incrocio le braccia al petto, guardandola storto e mi appoggio alla spalliera del divano, scocciato. «Devo stare fermo come una statua.
Non posso lavorare, non posso allenarmi, non posso ridere, e nemmeno respirare come si deve, non posso cucinare e cazzo, non posso nemmeno fare sesso» mi sfogo.

«Jamie! Santo cielo, stai parlando con tua madre» dice, scioccata.
Non ci faccio nemmeno caso e sbuffo. «Non ne posso più.»
«Lo so tesoro, ma passerà. Devi avere solo un po' di pazienza. Giorno dopo giorno, ti sentirai meglio.»

Stiamo in silenzio per un po'. Io continuo a guardare un programma che ho messo alla TV e lei nel mentre pulisce la cucina fino a renderla uno specchio.
Sono di malumore. Vorrei solo ritornare alla mia solita vita, invece sembra che il tempo stia passando lentissimo.

Mia madre viene al mattino e va via la sera, Jillian viene la sera e poi rimane a dormire da me.
Si fanno i turni per non lasciarmi mai da solo e tutto questo mi sta pesando tantissimo.
Per di più non sono uscito nemmeno per fare una passeggiata fuori.

Oggi però non ne posso più.
Ho bisogno di prendere aria, altrimenti impazzisco.
«Ho finito, la cucina è pulita. Tra poco dovrebbe arrivare...»
Due colpi alla porta fanno sorridere mia madre. «Puntuale come un orologio svizzero! Uguale a Bryan.»

Corre ad aprire e saluta Jillian con un bacio sulla guancia.
Quest'ultima si gira verso di me con un sorriso, io rilasso le braccia lungo i fianchi, sospirando piano.
«Ciao» dice, allegra, ma quando vede la mia espressione, aggrotta la fronte.
«Cosa è successo?» chiede, un po' preoccupata.
Mia madre fa una scrollata di spalle. «Lascialo stare. È solo nervoso.»
«Oh, be', allora tutto normale» si rilassa con una risata, mentre chiude la porta e viene a sedersi sul divano, appoggiando la sua borsetta accanto a quella di mia madre.
Guardo male entrambe. «Guardate che sono ancora qui, eh» commento, acido.

Mia madre rimane in piedi e rotea gli occhi, rassegnata. «È tutto il giorno così, non gli si può rivolgere la parola» continua, come se non fossi presente. «Spero che ora che sei arrivata, riesca a sorridere un po'.» Mi guarda in modo dolce e materno e io in risposta, sbuffo.
Jillian fa una risatina divertita.

«Ragazzi ora devo andare. Voi passate una bella serata. Ci vediamo domani.»
Prende la borsetta da sopra il divano, poi le chiavi che ha lasciato sul tavolo, insieme al cellulare e dopo averci salutato una seconda volta con annessi baci, ci lascia soli.

Jillian a questo punto si volta verso di me con un sorriso, io verso di lei, più serio.
Ci guardiamo negli occhi in silenzio,  finché alla fine prende parola.
«Vuoi che ti prepari qualcosa? Una camomilla, per esempio?» mi chiede, mordendosi le labbra per non ridere.
«Voglio uscire» rispondo invece, perentorio. «Andiamo da qualche parte, basta che non stia più dentro, sono incazzato perché gli unici movimenti che faccio sono divano e letto, letto e divano. Che cazzo. Basta.»
Sbuffo, incrociando le braccia al petto.

Jillian sospira e si avvicina di più, fino a farmi sentire il suo profumo che tanto amo. Afferra le mie braccia, me le fa allargare e dopo appoggia il viso sulla mia spalla, accoccolandosi contro di me.
«Ti faccio male se sto così?»
Appoggia entrambe le mani sul divano, mettendosi tutta di lato, le gambe accovacciate tra loro.

Non le dico nulla, ma stringo gli occhi e trattengo un gemito di dolore appena mi sfiora all'altezza delle costole per sbaglio. In quel punto sono tutto rosso e diamine, fa un male cane.
Sospiro appena.
Metto una mano dietro la sua schiena e la appoggio sulla sua pancia, felice che mi stia così vicina in un momento così di merda.
«No, non mi fai nulla» dico, più dolce.

In questi sei giorni non ce n'è stato uno in cui non sia stata presente e non è affatto scontato.
Non ci sono sempre i momenti belli, ci sono anche quelli dove tutto ti sembra andare storto, come oggi.
In queste giornate la sua presenza, per me, è sacrosanta.
Non importa che sia nervoso o intrattabile. Lei c'è, conta solo questo.

«So che vorresti uscire, ma resisti ancora qualche giorno. Ti prometto che poi andremo dove vuoi, quando starai meglio. Adesso sei ancora troppo a rischio. Non voglio che ti portino di nuovo in ospedale.»
«Sono abituato a non stare quasi mai a casa, e ora non vedo altro che queste mura» mi sfogo. «Sono veramente stanco. Non posso nemmeno fare le scale per venire da te» Alzo gli occhi al soffitto, appoggiando la testa alla spalliera. «Che diamine» borbotto. 

«Vengo io, non ti preoccupare» Solleva il viso per darmi un bacio sulla guancia.
«Il mio cucciolo» fa una vocina piccola, da bambina quasi. E mi fa ridere.
Primo, perché non parla mai così.
Secondo... cucciolo?

«Ti senti bene?» rido e alzo la testa.
«Ti ho fatto ridere» esulta, orgogliosa e sorride.  «E comunque, sì. Benissimo. Ti sembra strano che ti dia nomignoli del genere?»
«Per la verità, sì» dico, divertito.
«Be', non importa» scrolla le spalle, poi il suo viso si illumina all'improvviso, come se si fosse ricordata qualcosa.
Si gira dall'altra parte e mentre io la guardo sorpreso, apre la borsetta e controlla qualcosa all'interno.

La vedo di spalle, quindi non ho idea di cosa stia cercando, ma appena finisce si gira verso di me.
Abbasso lo sguardo e nella sua mano vedo un Kinder Bueno che involontariamente mi fa subito sorridere.
«Questo è per te» sorride.
Questo cioccolato ha qualcosa di speciale per noi.
«Perché? Non abbiamo mica litigato.»

Ride, e scuote la testa. «Lo so. Questi giorni no, ma in generale.
Se ci pensi, sono tornata solo un mese fa. Quante cose sono successe in un mese? Tante...»
Sospira.
«Ecco, questo è solo per ricordarti che siamo ancora qui, insieme. E che nonostante tutto, saremo sempre uniti, anche adesso che le cose non stanno andando benissimo. Ci sarò sempre, Jamie.»

Inclino la testa di lato e la fisso attentamente. «Se lo stai facendo per il discorso che abbiamo avuto prima dell'incidente...»
Non mi lascia finire e diventa improvvisamente seria. «Mi fido di te»
dice, semplicemente. «E per dimostrartelo, voglio solo che prendi questo Kinder Bueno, lo dividi insieme a me e lo mangiamo nello stesso momento. Sarà come fare pace, a modo nostro.»
Dentro di me provo una felicità che non so spiegare e il cuore me lo dimostra, accelerando i battiti improvvisamente.
È un momento stupendo, perché non solo mi sta dicendo che si fida di me, ma anche che stiamo mettendo il passato da parte per far spazio soltanto al presente e al futuro.

«In condizioni normali, avrei preferito il sesso, ma oggi mi accontento così» ci scherzo su, e lei scoppia a ridere.
Apre la confezione, poi mi fa cenno di prendere la mia metà e la dividiamo insieme. Lo porto alla bocca, guardandola negli occhi, mentre lei fa la stessa cosa. Mastico e inghiottisco senza mai staccare lo sguardo dal suo. Fa la stessa identica cosa.

Lo mangiamo in assoluto silenzio, a parte il rumore della TV in sottofondo. 
E quando finiamo, sorridiamo nello stesso momento e non diciamo nient'altro.
Le faccio cenno di avvicinarsi e la abbraccio, immergendo il viso nei suoi capelli sciolti che sanno di shampoo.

Probabilmente ci saranno un'infinità di ostacoli da superare, ma stiamo crescendo e lo faremo insieme.
Ogni giorno percorriamo un gradino alla volta, ma oggi in particolare, abbiamo superato un'intera scalinata.
































Io, tu e un lavoro. (Vol. 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora