8. Non seguirmi

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Jamie:

Venire a trovare i miei genitori significa sempre dover sorbirmi tutte le domande che riguardano la mia vita; come va il lavoro, cosa ci racconti, hai sentito Jillian ultimamente?
L'ultima è quella che non si risparmiano nemmeno una volta.
Mio padre adora Jillian come se fosse sua figlia e mia madre la stessa cosa.
Oggi papà è al lavoro, ma mamma curiosa più che mai, non manca di domandarmelo.
Anche se oggi è un po' diversa: «Tesoro! Ho sentito da Ashley che Jillian è di nuovo a New York! Mio Dio, vi siete visti? Come è stato???»

Esulta felicissima con un sorriso che va da un orecchio all'altro. «Spero venga a trovarci! Mi manca tanto!»
Quasi saltella nel dirlo, io invece, che me ne sto seduto sul divano, alzo le spalle con fare quasi annoiato, facendole credere che non mi importa niente.
Non voglio si faccia illusioni su noi due. 

«Sì, è tornata quattro giorni fa. Lavoriamo nello stesso ufficio.»
I suoi occhi si sgranano, illuminandosi di speranza, ma prima che dica qualsiasi cosa la interrompo. «Non farti strane idee, mamma. Non torneremo insieme!»
Siamo solo noi due, mio padre è al lavoro e lei smette di pulire per terra, solo per sciogliere quel sorriso e sostituirlo con un'occhiataccia.
«Perché lo dici in questo modo?
Sembra quasi che la odi! Jamie, siete cresciuti insieme, siete stati amici tutta la vita. Lei è importante per te, o sbaglio?

Dannazione, se lo è.

Sbuffo e mi sistemo sullo schienale appoggiando la schiena. Odio questi discorsi, li odio perché non mi piace che qualcuno si intrometta tra me, lei, e quel che è successo tra noi.
«Non sono cazzi tuoi, mamma! Smettila di intrometterti in cose che non ti riguardano!» alzo un po' la voce, infastidito e nervoso.

«Calmati!» mi punta un dito contro, arrabbiata quanto me e forse di più. La mano sinistra, intanto, occupata a tenere il bastone saldamente. È già molto non mi abbia puntato quello addosso, oppure sbattuto contro. Cosa più probabile.
«Non provare più a parlarmi così, lo dico solo perché voglio bene a entrambi e vorrei che trovaste un punto d'incontro per riavvicinarvi!»

Sospiro, rendendomi conto di aver esagerato. Quando si tratta di Jillian perdo il controllo, in tutti i sensi.
Come giovedì, tre giorni fa. Mi sono fermato giusto in tempo prima di fare una cazzata enorme.
Quando l'ho messa di spalle al muro ed ero così vicino, non so come ho fatto a trattenermi, limitandomi solo a provocarla.

So quanto mi desiderasse anche lei, come so, che se avessi iniziato qualcosa, entrambi non saremmo mai riusciti a fermarci.
Mi trattengo dal sistemarmi Ector, che all'improvviso si solleva di scatto come richiamato all'appello. Duro come una pietra, per colpa del ricordo. 
Sono con mia madre, cazzo. Ritorna al tuo posto!

Per non far notare un'erezione di proporzioni epiche, scosto la schiena e appoggio i gomiti sulle ginocchia, tenendomi il mento con la mano. Chinato su me stesso, nascondo tutto.
Fingo di non provare niente, nemmeno un desiderio insopportabilmente fastidioso per una ragazza che è venuta a picchiarmi perché il fidanzato se n'è praticamente scappato via.
È single, adesso.
Ma quanto mi dispiace...

Reprimo il mio ghigno di soddisfazione, per farne uno dispiaciuto a mia madre, che attende le mie scuse. «Scusa.» Ammetto le mie colpe, ricevendo in cambio un'alzata di mento. Un segno che mi fa capire si sia appena calmata. Odia quando mi rivolgo a lei con certi termini; secondo mia madre io devo essere un santo. Peccato che di questa parola non abbia niente. Nemmeno un briciolo.

«Va bene, scuse accettate.» Respira e riprende a pulire, passando lo straccio sul pavimento lucido. «Spero però che davvero tra voi risolviate, prima o poi. Non voglio mettervi fretta, è solo che...eravate così carini!» di nuovo le si illuminano gli occhi.
«Mamma, smettila!» la rimprovero ancora una volta, nel tentativo se ne faccia una ragione.

Io, tu e un lavoro. (Vol. 2)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora