É da qualche ora che continuo fissare il soffitto poco illuminato dalla luce dell'alba, lacrime secche mi tirano ancora la pelle e mi bruciano gli occhi ,ricordandomi che questa notte nn ho chiuso occhio, come ogni anno in questo giorno.
Ieri sera sono rimasta seduta davanti alla finestra a vedere la luna fare la sua comparsa con le stelle nel cielo, con le lacrime che mi rigavano le guance cullandomi con i pochi ricordi che ho di mamma, fino a quando stremata nn mi sono distesa a letto.
La tristezza mi stringeva il cuore come una morsa rompendolo in tanti piccoli frammenti e sentivo un vento freddo dentro, cercavo disperatamente di tenermi insieme abbracciandomi le gambe al petto, aspettando che un 'altra ondata di dolore mi facesse singhiozzare.
Papà nn mi ha detto niente ,ma anche lui soffre molto, nn riesce ancora a dimentrlicarla e ad andare avanti, pochi minuti fa é andato a lavorare lasciandomi la casa tutta per me. Oggi ho deciso, nn andrò a scuola, voglio coccolarmi e prendermi cura di me stessa.
Di malumore e con la caviglia ancora dolorante mi alzo dal letto e il mio sguardo si sofferma sul quadro che avevo fatto ieri e un'idea mi si forma nella mente, lo prendo e lo appendo al muro sopra al mio comodino.
É per te mamma penso tristemente guardando la figura femminile di spalle.
Scendo in cucina e prendo una tazzina ancora fumante di caffé sperando di svegliarmi un po e lo sorseggio con calma guardando il lento avanzare del sole nel cielo, che pian piano viene però adombrato da delle nuvole grigie, come il mio umore.
Sono ormai le sette quando decido di farmi una doccia per lavarmi via un po del dolore di quella nottata.
Mi infilo sotto il getto caldo d'acqua che mi accarezza con dolcezza la pelle, sciaquando via il residuo delle mie lacrime sulle guance ,con calma mi insapono con abbondante docciaschiuma alla vaniglia, il mio preferito e mi prendo il mio tempo per massaggiare per bene anche la cute dei capelli. Dopo mezz'ora abbondante mi avvolgo in un grande asciugamano e mi pettino con cura i capelli davanti allo specchio che rimanda il mio disastroso riflesso con delle tremende occhiaie violacee sotto agli occhi gonfi e rossi dovuti alla notte insonne, nn sembro neanche piú io.
Tolti tutti i nodi lego i capelli in uno shignon morbido che lascerà delle delicate onde quando mi si asciugheranno, indosso la biancheria intima e mi metto una tuta calda e confortevole.
Mi stravacco sul divano e guardo un vecchio dvd che la mamma adorava, mangiando una vaschetta di gelato al cioccolato e deprimendomi al massimo finche finalmente nn mi addormento e cado fra le braccia di morfeo.Quando mi sveglio sono già le due del pomeriggio e ricuorata dal sogno appena fatto decido che sono stufa di stare a casa a piangermi addosso.
Cosi spengo la televisone, raccolgo i fazzolettini sparsi sul divano e sul mavimento e mi vado a cambiare in camera per uscire. Prendo dei comodi pantaloni da yoga neri ,un soffice maglione di lana grigio sfumato e delle ballerine grigio perla.
Controllo un attimo il mio aspetto e decido di nn truccarmi, prendo la borsa della nikon, le chiavi di casa, il cellulare e sono pronta per uscire.Arrivata al parco che avevo scoperto qualche giorno fa poso la bicicletta ad una panchina e la lego con la catena, dopodiché estraggo la borsa dal cestino e mi avvio sul sentiero del parco verso il folto degli alberi.
Circondata dalle piante finalmente ricomincio a respirare perché mi sento piú vicina alla mamma anche lei amava essere circondata dalla natura.
Un movimento fra le foglie di un albero attira la mia attenzione, velocemente ma con movimenti silenziosi estraggo la nikon e cominciò a scattare qualche foto al pettirosso che zampetta allegro sul ramo di un pesco. Sotto all'obbiettivo della mia macchina fotografica gli alberi vestiti del fogliame arancione e rosso si mostrano in tutta la loro bellezza, lasciando cadere di tanto in tanto qualche foglia, che, danzando dolcemente, si appoggia alle altre creando un variopinto tappeto.
Le nuvole nel cielo si rincorrono veloci nella luce del sole che precede il tramonto.
Un rumore improvviso fra i cespugli davanti a me spezza la magia e mi spaventa, sono nel fitto degli alberi, potrebbe attaccarmi chiunque industurbato perché tanto nessuno potrebbe mai sentirmi se urlassi, lentamente retrocedo verso il sentiero da cui sono venuta ,tenendo d'occhio il punto da cui proviene il rumore che continua ad aumentare, segno che l'ospite indesiderato si sta avvicinando sempre di piú.
All'improvviso il rumore tace, facendomi pietrificare sul posto, maledicendomi per esseremi allontanata cosí tanto. Qualche secondo dopo l'intruso con un gran salto esce dal cespuglio mostrandomi finalmente la sua identità.
Tirando un rumoroso sospiro mi avvicino dolcemente al cane che ,spaesato e spaventato , si guarda attorno con i sensi in allerta e arretrando d'istinto quando provo ad avvicinarmi.
<< devi esserti perso. >> mormoro piú a me che al cane che comincia piano piano ad avanzare fuori dall'ombra, illuminando cosí il suo corpo di Golden Retriver.
Ormai alla luce del sole si avvicina e si siede davanti a me, mostrandomi il suo collare rosso, lo prendo in mano e leggo sulla targhetta il nome, "Max" , che con un rumoroso WOUF-WOUF attira la mi attenzione reclamando un po di coccole sdraiandosi di schiena.
<< vuoi giocare é? >> chiesi allegra alla bestiola accarezzandole la pancia facendolo dimenare come un' anguilla sotto il mio tocco.
Un uggiolio di approvazione usci dalla sua bocca quando cominciai a fargli i grattini sul collo.
<< MAX! MAX! DOVE SEI!? >> ad un certo punto urlò qualcuno nel bosco, facendo subito alzare le orecchie in quella direzione al cane. Attento a cogliere qualsiasi rumore si immobilizzò restando ancora accucciato a terra, ma piú vigile rispetto a qualche minuto fa.
Avvicinandomi cautamente << mi porti dal tuo padrone? Sarà preoccupato. >> sussurrai gentile alla bestiola che si rialzó sulle quattro zampe cominciando a correre forsennatamente verso quella voce. A fatica riuscií a seguirlo addentrandomi fra erbacce e arbusti e superando con fatica l'ultimo cespuglio finalmente riusií a trovare l'uscita districadomi da quel groviglio di rami e il cane che nel frattempo si era ricongiunto con il suo padrone che lo stava coccolando allegramente, evidentemente felice di averlo ritrovato.
Appena il cane si accorse di me mi venne in contro abbaiando rumorosamente, facendomi inginocchiare per accarezarlo meglio.
<< hem, l'ho trovato prima in mezzo al boschetto o meglio é stato lui a trovare me. >> spiegai accarezzandolo sulla schiena.
<< Aurora? >> chiese il ragazzo, con una voce piú che familiare.
Alzandomi lo vidi in faccia e sbalordita chiesi << Enrico? Max é tuo? >>.
<< veramente si e vedo anche che hai fatto colpo su di lui. >> disse divertito.
<< si, beh, quando é sbucato fuori dai cespugli mi ha quasi fatto prendere un infarto credevo fosse qualche mal' intenzionato. >> raccontai ridendo.
<< ah, il mio brigante é riuscito dove io nn sono arrivato eh? >> esclamò scompigliando fiero il pelo a Max.
<< cosa intendi? >> chiesi interessata.
<< ma é logico, lui ti ha conquistata. >> disse avvicinandosi di piú a me con sguardo intenso.
Completamente a disagio mi accucciai verso max che osservava la scena e dissi << va bene Casanova, se é quello che credi. Comunue ora devo andare é tardi e devo ancora studiare. A domani Enrico. É stato un piacere conoscerti Max. >> lo accarezzai un ultima volta prima di avviarmi verso il punto da cui ero venuta.
<< allora a domani!? >> sentií dire a Enrico, ormai dentro al boschetto e prossima all'uscita sul sentiero.
Incredibilmente in quel parco le ore erano volate leggere facendomi dimenticare del dolore di questa mattina e facendomi stare bene come nn mi succedeva da tanto.Erano le sette di sera quando mi chiusi la porta di casa alle spalle, la casa era come l'avevo lasciata, triste e silenziosa e papà era ancora al lavoro.
Svogliatamente presi una bottiglietta d'acqua e andai in camera mia per caricare le foto sul computer, di tutte quelle che avevo fatto quel pomeriggio ne salvai solo una ventina e le altre le cancellai.
Un gorgoglio allo stomaco mi avvisò che é ora di cena. Scendendo in cucina affamata aprií il frigo dove ci sono i soliti piatti da scaldare che papà mi lascia quando é via, ma stasera voglio qualcosa di diverso.
Prendo due uva del latte, sale e dei wüstel e appoggio tutto sul tagliere, dove affetto minuziosamemente a rondelle due wüstel e rompo le uova in una scodella. Sbatto con forza il tuorlo e l'albume finché nn diventano un solo liquido arancione con qualche bollicina in superficie, aggiungo un po di latte e un pizzico di sale e mescolo il tutto fino a raggiungere la consistenza desiderata. Rovescio il composto nella pentola e la faccio cuocere, dopo qualche minuto con una mossa da vera chef faccio saltare la frittata sulla padella, che atterrando, si posa con il lato ancora crudo alla base della padella. Aspetto qualche minuto ancora e poi faccio scivolare dolcemente la frittata sul piatto, cercado di nn romperla, appoggio il piatto sulla tavola e comincio a prepararla e taglio anche qualche fetta di pane.
Mi siedo e addento il primo boccone gustandolo fiera del risultato ottenuto, dimostrando che sono la degna figlia di mio padre. Se avvesse visto con che maestria ho girato la frittata sarebbe stato entusiasta che ho ereditato qualcuno dei suoi geni del "bravo cuoco". Finisco tutto e faccio anche la scarpetta anche se nn c'é sugo e bevo l'ultimo sorso d'acqua, sparecchio e metto tutto in lavastoviglie e la faccio partire.
Anche se sono stanca mi avvio in camera e comincio a fare i compiti come mi ero ripromessa al parco. Quando sento di aver assorbito il piú possibile dell'argomento da studiare, mi corico nel letto e dopo aver caricato la sveglia e dato un' ultimo sguardo al quadro sopra al comodino, dirigedo a lei i miei pensieri, spengo la luce e comincio a dormire.