Mentre continuava a fisssarmi il suo respiro era cambiato, ora era più veloce e aveva dischiuso le labbra per potervi immettere maggior ossigeno. Si avvicinò a me ancora di più di come eravamo, lentamente, maledizione troppo lentamente. Le mie mani ancora arpionate alla sua giacca stavano leggermente tremando, tradendo il bisogno che avevo di lui. Con uno scossone deciso lo attirai verso di me e lo baciai con tutta la passione che richiedeva di essere espressa, stuzzicando e mordendo il suo carnoso labbro inferiore, volevo fare sul serio e me lo tirai ancora più vicino. Enrico insipiró di colpo e intromise la sua lingua nella mia bocca e contemporaneamente portó la sua mano sul mio collo e inizió a massaggiare quella parte sensibile vicino all'orecchio con il pollice deciso e ruvido. Sentì che una sensazione stava crescendo dentro di me, non sapevo cosa fosse, ma assomigliava tanto alla libertà e io volevo tanto assaggiarla. Spostai la mano sinistra dalla giacca e cominciai a farla scendere verso il bordo della sua maglia, per poi infilarla sotto e sentire la sua pelle liscia e soda sugli addominali a dir poco scolpiti. Appena mossi la mano gentilmente sulla sua pelle, lui emise un gemito roco e basso che mi fece correre una corrente per tutto il corpo. Non volevo staccarmi da lui, ma la mia solita vocina mi ricordò quei brevi attimi di terrore quella notte alla festa. Mi staccai da lui e in quel momento lo osservai, tutto scompigliato e con gli occhi adombrati dalla passione sembrava un angelo nero uscito direttamente da un dipinto dell'apocalisse. Era quel tipo di distrazione che non avrei dovuto permettermi, ma che volevo. Non resistetti e mi rituffai sulle sue labbra che sapevano di passione, libertà e pizza , accantonando la sensazione di disagio di poco prima.
Non mi ero mai sentita così scatenata eppure lui mi faceva questo effetto. Tutta la rabbia che mi aveva acceso dentro poco prima era stata riconvertita con facilità in questa sensazione accecante, inebriante. Ci trascinava entrambi e non ci lasciava il tempo e né la voglia di respirare.
Mi sentivo al di fuori di me stessa, ma continuavo a sentire un fastidioso campanellino che mi implorava di ascoltarlo, di prestargli attenzione. Era così frustrante. Faceva apparire tutto così dissonante e sbagliato.
Mi fermai e scrollai giù di dosso Enrico quando ormai non lo sopportavo piú.
Eravamo entrambi distesi sul prato e avevamo il fiatone. Per riprendere il controllo avevo piantato le mani fra i ciuffetti d'erba e li stavo sradicando rabbiosamente, mentre enrico si girava verso di me con sguardo ancora stralunato.
<< wow! >> esclamò reggendosi su un braccio e guardandomi soddisfatto << ecco cosa intendevo quando dicevo che avevi un caratteraccio. >> concluse divertito.
Tirai un lungo sospiro e mi coprii gli occhi con le mani,emettendo un sonoro grugnito infastidito. Volevo farmi da scudo da quello che avevo fatto. Come potevo essere stata così sconsiderata da non vedere a più di un palmo dal naso. Per lui era stato solo un momento come tanti altri. Chissa quante altre ragazze gli erano cadute fra le braccia come me. Sicuramente sarebbe stato motivo di altre prese per il culo. Sentì una lieve pressione ai polsi. Enrico stata cercando di aprire la mia barriera invalicabile a forza.
<< lasciami stare >> gli dissi sconsolata dandogli le spalle ma restando nella stessa identica poizione.
<< ma che ho fatto adesso!? >> chiese impaziente << stava andando tutto bene e io non ti ho costretta a fare nulla. >> scattò arrabbiato.
<<Appunto. Sono stata così stupida da cadere fra le tue braccia senza che tu facessi assolutamente nulla e così ti ho dato un altro motivo per prendermi in giro! >> esclamai esasperata.
Mi alzai velocemente per risalire il piccolo pendio e prendere la mia borsa. Volevo andarmene velocemente. Ma appena mi rialzai venni strattonata indietro da Enrico. Mi girai di scatto << lasciami andare >> affermai.
<< no che non ti lascio. Senti io non ho fatto nulla di sbagliato e tu sei impazzita lo stesso. Adesso tu rimani qui e mi spieghi che cavolo ti frulla in quella testa, oppure te ne vai e io non ti cercherò mai più. >> spiegò offeso.
Rimanemmo in silensio per qualche secondo in cui ci studiammo intensamente. Stavo valutando le possibilità attentamente.
Quello che volevo era scappare e nascondermi, mi stavo vergognando da matti per ciò che avevo combinato. Era stato un gesto istintivo e affrettato anche se alla fine ne ero rimasta profondamente imbrigliata. Era come un ragno che tesseva la sua tela con attenzione e precisione estrema e io ci finivo ogni volta irrimediabilmente in mezzo.
Sapevo che dietro l'angolo poteva esserci un altro imbroglio ma non riuscivo ancora a pensare lucidamente.
<< senti io non ho intenzione di cadere nella tua trappola. Qualunque essa sia...>> aggiunsi.
<< ma che cazzo stai dicendo? >> chiese furioso << prima ti fiondi addosso a me e mi baci e poi mi accusi di complottare in qualche modo assurdo contro di te. >> urlo fissandomi dritgo negli occhi con i suoi che emettevano scintille.
<< io.. >> cercai di spiegare.
<< no. Non mi va più di ascoltarti. Sei ingiusta. >> affermò serio mollando la presa sul mio braccio. Si voltò e cominciò a risalire il pendio da cui eravamo rotolati.
Non volevo lasciarlo andare così. Nonostante tutto eravamo diventati amici. E così presi una decisione.
<< non riesco a dimenticare il tuo comportamento alla festa. >> dissi titubante tutto d'un fiato.
Per quanto lo avessi detto a bassa voce, sembrò comunque sentirmi e infatti si fermò e parve riflettere per qualche secondo. Tornó allora indietro e si fermò poco lontano da me.
<< cosa? >> chiese cupo.
<< ho avuto paura di te. Mi hai trattata malissimo. >> continuai.
Rimase in silenzio. Sembrava meno arrabbiato di prima, ma volevo essere comunque pronta per una sua eventuale risposta tagliente. Ero sicura che sarebbe arrivata da un momento all'altro.
Abbassò la testa e disse semplicente << scusa >> sembrava vergognarsi mentre continuava << sai, facevi bene ad avere paura di me. Quando bevo sono più cattivo. Mi dispiace di come ti ho trattata e so che non puó essere una scusa. Hai ragione se non vuoi avere niente a che fare con me. Ma penso che tu debba sapere che mi piaci. >> concluse a fatica come un cano bastonato. Aveva persino la coda fra le gambe.
<< non mi sono mai sentito come quando sto con te. È come se la tua sola compagnia annullasse ogni problema. >> spiegó avvicinandosi serio.
Continuai a restare zitta. Mi sentivo proprio strana. Nessuno mai mi avevo detto una cosa simile. Ero in totale subbuglio. Del resto dovevo pur abituarmi prima o poi a questa sensazione.
Le sue parole ancora una volta mi avevano colpita. Mi avevano mostrato anche un altro lato di lui, più umano. Per la prima volta lo guardai per quello che era e non per quello che dava sempre a vedere e mi sembrava davvero bello quello che vedevo. Era più fragile. Un guarriero che si toglieva la sua armatura dopo aver lottato e mostrava quallo che c'era sotto.
<< ti spiacerebbe dire qualcosa? >> chiese un po impacciato.
Lentamente mi costrinsi a rispondere << perché mi tratti sempre così male? >> chiesi invece.
<< non ti tratto male. Ma tu mi sfidi sempre e mi costringi a contrattaccare. Non sono mai stato costretto a ribattere ad una donna per tenerle testa. >> rispose un po turbato.
<< beh, se non lo avessi notato primo non sono come tutte quelle oche che ti ronzano sempre attorno e secondo non ho bisogno che tu mi tenga testa. Non se per farlo devi comportarti da vero idiota. >> finii infastidita.
<< pensavo che avessimo risolto quel giorno a scuola. >> si giustificó schietto.
<< ci siamo baciati e abbiamo fatto una tregua. Non abbiamo mai chiarito gli eventi della festa. >> risposi tagliente come una lametta.
<< ok ok. Ascoltami bene perché non lo ripeterò di nuovo ok. Scusa, mi dispiace di essermi comportato come un idiota. Ma non mi scuseró più per come sono. >> disse << se mi vuoi mi accetti così. >> concluse come se fosse un puro dato di fatto.
<< ok >> risposi esitante.
Sorrise leggermente, come se ormai fosse tutto sistemato. Si sentiva certamente sollevato. Senz'altro aveva lasciato a me la patata bollente da pelare, ma io non mi sentivo affatto tranquilla. Ero irrequieta e mi sentivo un po a disagio, ma accennai ugualmente un piccolo sorriso. Non avevo mai fmdovuto fingere con qualcuno per potermelo togliere di dosso. Com'era possibile che in soli cinque minuti mi aveva fatto cambiare opinione già tre volte. Non era davvero possibile.
Tuttavia sembró rassicurarlo abbastanza da convincerlo a chiedere << allora ti va di stare con me? >> chiese più sicuro, col volto indurito come solo a lui veniva.
Quasi non mi soffocai con la mia stessa saliva. Annaspai per qualche secondo in cerca d'aria e poi lo guardai negli occhi come se gli fossero appena spuntate 8 teste. Ma che diavolo gli saltava in testa. Solo perché avevamo fatto appena un po di chiarezza su una questione, subito lui si buttava e mi chiedeva di stare con lui. Mi sentivo travolgere, come solo qualche attimo fa. Questa volta però speravo che qualcuno avesse un salvagente da lanciarmi per salvarmi dalla marea, per salvarmi da lui.
<< stare con te come tua fidanzata?? >> chiesi con gli occhi che quasi mi uscivano dalle orbite.
<< e come se no. >> chiese ovvio.
<< io non lo so. >> risposi incerta.
<< come non lo sai? Hai bisogno di chiedere alla tua mamma? >> mi prese in giro.
Ecco. Era tornato il solito odioso. Mi aveva ferito ancora una volta e nemmeno se n'era accorto.
<< senti devo tornare a casa ora. >> tagliai corto risalendo la collinetta verso la mia borsa. Stavolta quando cerco di trattenermi per la mano lo scostai rabbiosamente un attimo prima che riuscisse a stringere la prese.
Afferrai le mie cose e mi allontanai a passo di marcia.
<< Auroraaa >> mi sentii chiamare.
E feci qualcosa che sicuramente non mi aspettavo avrei fatto giusto qualche ora prima.
Cominciai a correre. Veloce. Con il vento che mi spostava i capelli. Per allontanarmi da lui. Dalla sua bocca pericolosa. Dalla sua voce insolente. E da quegli occhi che sembravano sempre troppo sinceri, anche quando mi colpivano nel profondo e mi facevano soffrire.