La nuova città

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Ancora un altro giorno nuvoloso in un altra nuova città. La sveglia segna le 6.50 e decido di alzarmi lasciando il mio caldo giaciglio per infilarmi in doccia e lavarmi velocemente prima di andare a scuola. Un'altro primo giorno di scuola in una nuova scuola a me del tutto sconosciuta, nn so piú quante ne ho cambiate in questi anni ormai ne ho perso il conto. Dalla morte della mamma io e papà abbiamo continuato a cambiare città come una persona normalmente cambia gli abiti nell'armadio. Ogni volta che cominciavo a farmi degli amici o ad affezzionarmi alla città in cui vivevo dovevamo fare le valige e andarcene. Ogni volta papà diceva che sarebbe stata l'ultima e questa frase puntualmente veniva ripetuta ogni volta ad ogni nuova sistemazione. Quando ero piccola tutte le volte che facevamo i bagagli di volta in volta i vestiti piegati e gli oggetti a cui tenevo diminuivano e venivano accompagnati da infinite lacrime che mio papà cercava in ogni modo di arginare. Col passare del tempo però quegli stessi bagagli, amici e città divennero sempre meno importanti fino a che cominciai ad avere valigie sempre piú leggere e nessun amico, sostitituiti questi ultimi da una valanga di libri e dallo studio. Anche se mi dispiaceva cambiare cosí frequentemente città, era necessario e papà cercava sempre di alleggerire l'atmosfera con tante dolci creazioni.

Finita la doccia decido di truccarmi in modo molto leggero perché nn ho mai amato truccarmi con chili e chili di fondotinta e ombretti, cosí metto una sottile linea di yleiner nero e uno strato di mascara. Dopodiché passo ai vestiti e decido di vestirmi in modo semplice e comodo con una camicia nera a rose e dei leggins neri, mi infilo le mie snikers nere e prendendo la borsa corro al piano inferiore. In cucina prendo al volo uno dei deloziosi muffin di papà e gli lascio un veloce bacio sulla guancia uscendo di fretta dalla porta. Infilo le chiavi nella borsa e respiro la fresca aria mattutina guardando i nuvoloni grigi che sin da stamattina promettono pioggia, mi stringo nel mio cappotto rabbrividendo e a passo spedito mi dirigo verso il garage dove la mia fidata bicicletta viola mi sta aspettando pronta per una nuova avventura.
Mi avvio senza fretta verso scuola e mi lascio cullare dai tanti odori e profumi che mi circondano e spostando lo sguardo di pedalata in pedalata nel orizzonte che si sussegue sempre piú rapido man mano che aumento di velocità.
Sono solo le 7.30 e decido di fermarmi in uno dei tanti parchi che so saranno la mia seconda casa durante la permanenza a Verona.
Mi siedo su una panchina e tiro fuori la mia nikon dalla borsa inserendo con calma un nuovo rullino e togliendo il copri obbiettivo pronta per catturare qualche prezioso scatto di questa meravigliosa città già sveglia a quest'ora del mattino.
Punto l'obbiettivo verso quelle case laggiú e comincio a scattare qualche foto.

Mi stacco dall'obbiettivo e quardo l'orologio che ora segna già le 7.57, maledicendomi mentalmente per essermi persa nel mio mondo salgo in fretta verso la mia biciletta e corro verso la mia nuova scuola, prima di arrivare in ritardo e farmi notare.

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