<< ti rifaccio la domanda se non l'hai capita. Cosa ci fai a casa mia? >> chiesi avvicinandomi alla porta e tenendola con una mano.
La persona sull'uscio sembró soppesarmi prima di rispondere << posso entrare? >> chiese decisa fissandomi. Era completamente bagnaga fradicia e i capelli, raccolti in uno chignon alto, sparavano da tutte le direzioni. Guardai dietro di lei, sul marciapiede, la sua moto parcheggiata. Semprava una pantera dormiente mentre la poggia la rinfrescava.
Tornai a guardarla, le gocce le scorrevano sul viso scendendo dai capelli e sul corpo e decisi che non avevo proprio voglia di altri casini.
<< no non puoi. Ciao Margherita. >> le risposi veloce e le chiusi la porta in faccia, o meglio ci provai. Infatti, sulla soglia, il suo piede oppose resistenza e mi impedì di chiudere la porta.
<< non voglio mica ucciderti cavolo! >> esclamó spingendo l'uscio contro di me dal suo lato.
Ed era abbastanza forte da riuscire a vincere la mia resistenza. Quindi entró agilmente mentre io la fissai incredula.
<< ma cosa vuoi? >> chiesi frustrata allontandomi.
<< parlare >> risponse avvicinandosi.
Istintivamente mi passai le mani sulla pancia a spianare delle pieghe invisibili del tessuto per nascondere il disagio e la fissai.
<< e di cosa? >> chiesi ostentando noncuranza.
<< l'altra sera >> cominció lasciando la frase a metà. Oh, non ti aiuterò a continuarla pensai e la guardai in attesa. I suoi occhi sembrava mi chiedessero di comprendere, ma io non ne avevo alcuna intenzione.
Tuttavia non sembrava ancora convinta a continuare.
Si passò le mani sui capelli mentre i sui vestiti, una goccia dopo l'altra, bagnavano il pavimento in linoleum. Osservai l'ingresso dove si potevano distinguere chiaramente le sue impronte.
<< cavolo stai facendo un disastro! >> esclamai. L'acqua che scendeva dal suo corpo, intanto, si era accumulata in tante altre piccole chiazze anche nel posto in cui si era fermata.
Margherita, seguendo il mio sguardo guardó i suoi vestiti umidicci e mi rivolse un sorriso di scuse. Poi si tolse il giubbino di pelle e lo appoggiò accuratamente sul portabiti nell'ingresso. Seguito dagli anfibi neri che appoggiò con cura sul tappeto,vicino alle mie converse.
<< ok. Ora che ho sistemato questa cosa possiamo parlare. >>
<< veramente mi sembrava di essere stata abbastanza chiara prima. >> risposi incrociando le braccia sul petto.
<< si ma tu hai qualcosa che mi appartiene e io lo rivoglio. >> concluse.
<< non so di cosa stai parlando >> mi girai e presi uno straccio dal gancio della cucina. Le girai attorno e cominciai a raccogliere quel disastro chinandomi sul pavimento.
<< sono sicura che lo sai invece. >> mi venne incontro con un altro straccio e me lo tese. Figurati se piteva aiutarmi.
Lo presi e continuai a strofinare finché non c'era più alcuna traccia per terra.
Mi alzai e appoggiai lentamente tutto in un angolo per terra.
<< senti >> mi avvicinai a lei e la guardai fissa negli occhi puntandole un dito contro << oggi non è stata una giornata delle migliori e non ho voglia di discutere con te ok? Quindi per favore vattene. >> le indicai la porta.
<< prima ridammi il ciondolo >> disse seria avvicinandosi. Alzai lo sguardo per guardarla negli occhi.
<< so che ce l'hai trovato. L'ho cercato dappertutto e poi mi è venuta in mente casa tua. >> rifletté <<sicuramente devo averlo perso qui l'altra sera. >>
Distolsi lo sguardo colpevole. Ero certa che quel ciondolo per lei avesse un valore affettivo quando lo avevo trovato fra le coperte, ma non volevo cedere subito. Lei non mi aveva neanche ringraziata per quello che avevo fatto per lei.
<< e io che pensavo fossi tornata per scusarti >> rabbrividii leggermente.
Stava riflettendo e le sue soppracciglia si erano aggrottate fino a formare un unica linea tesa. Si grattó la nuca e poi mi fissò dalla testa ai piedi e uno strano senso di irrequietezza mi avvolse. Mi sentivo osservata. Sotto esame. I suoi occhi abbracciavano la mia intera figura. Studiavano, analizzavano,sondavano.
Ancora una volta mi sentii a disagio. Spostai il peso da un piede all'altro e fissai il pavimento.
Il silenzio pareva condensarsi fra noi come vapore. Si sentiva solo il ticchettio dell'orologio e i nostri respiri. Nessuna delle due però sembrava voler parlare né voler spezzare quella situazione di stallo.
<< tu sai di che ciondolo sto parlando vero? >> chiese più dolcemente << io devo riaverlo >> affermò decisa.
Alzai lo sguardo. Finalmente si era decisa a dire qualcosa. Ma non risposi, mi limitai a far scorrere lo sguardo verso le scale e poi lo riportai su di lei.
Quando tornai ad osservarla però una strana luce brillava nei suoi occhi e un sorriso furbo le si apriva sul viso.
Avanzò di un passo, poi di un altro e un altro ancora e in breve me la trovai di fronte. Stava sogghignando e sembrava uno scienziato che ha appena svelato il segreto degli alieni al mondo intero.
<< sai qualche tempo fa ho visto un film >>
<< e questo cosa centra scusa? >> la interruppi laconica.
<< dicevo, che ho visto un film. In questo film il cattivo voleva nascondere il pulsante per aprire la porta segreta del suo laboratorio al poliziotto. Ma alla fine lui la scopre lo stesso e lo manda in galera. Comunque non é questo l'importante. >> mi anticipò.
Non capivo. Incurvai le soppracciglia confusa. Non avevo proprio idea di cosa c'entrasse adesso questo, ma sembrava piuttosto convinta di quello che stava dicendo. Quindi sorrisi e la lasciai continuare.
<< vedi, quello che ha fregato il cattivo era una breve occhiata verso il suo nascondiglio e si dal caso che tu abbia appena fatto la stessa cosa. >> concluse soddisfatta, prendendomi per un braccio.
Il sorrise mi scomparve subito dalla faccia e fissai la sua mano sul mio avambraccio e il suo sorriso sardonico.
<< se non sbaglio camera tua l'ultima volta che sono stata a casa tua era di sopra, dico bene? >> chiese.
<< smettila. Lasciami andare! >> mi divincolai dalla sua presa e un ciuffo mi ricadde sullo zigomo.
Margherita allentó appena un po la presa e mi scostò dietro l'orecchio la giocca, sfiorando con i polpastrelli la pelle del collo. Il suo sorriso si rabbuoió un poco e non smise di fissarmi negli occhi. Dal canto mio nemmeno io riuscivo a smettere di fissare i suoi. Aveva una macchiolina marrone che galleggiava in quel mare verdazzurro. Sola. I suoi occhi toglievano il respiro.
Mi morsi l'interno della guancia e tornai in me. Approfittai di quel suo attimo di distrazione e corsi verso le scale più in fretta che potevo, ma subito sentii i suoi passi veloci dietro ai miei. Anzi in un attimo sembrava aver recuperato terreno e ora era ad un metro da me.
Scivolai con i calzini dentro la stanza con un passo davvero da gran maestra e sentii la sua risata vibrante dietro alle mie spalle. Un battito del mio cuore saltó il suo corso.
Quando mi fermai, appoggiata con la schiena alla scrivania, avevo il fiatone e più di un ciuffo ora mi copriva gli occhi. Mi aggrappai con le mani al bordo.
Mentre Margherita avanzava lenta, studiandomi, come una pantera. Io accennai un sorrisetto vittorioso, con aria soddisfatta.
Sapevo di essere stata piuttosto infantile, ma era stato divertente batterla sul tempo e ora lei sembrava essere divertita quanto me, forse.
<< furba >> sussurrò avanzando con occhi felini, silenti. I calzini bianchi che attutivano i suoi movimenti misurati, come se camminasse sul velluto. Era elegante come un gatto.
Mi accorsi solo ora dei suoi vestiti. La t-shirt blu scuro appiccicata al petto e i jeans che ricadevano nel modo giusto anche se erano zuppi di pioggia.
Mi sentivo davvero ridicola io con dei semplici leggins e un canottiera.
Il sorrisetto impertinente di prima scomparve.
Mi sentivo piccola piccola come un topolino. Il suo sguardo mi intimidiva. Non mollai la presa sulla scrivania anche se le mani mi cominciavano a sudare.
Un altro battito mancò di adempire il suo dovere. Strano. Quella sensazione era davvero strana in effetti, pensai.
Chissà perché, ma ero convinta di essere finita dritta dritta dentro le fauci del gatto.