Il tempo scorreva lentamente fuori dalla finestra e nel cielo le nuvole, spinte dal vento, si inseguivano sporcando l'azzurro limpido con brandelli di grigio-bianco. Mentre ammiravo pigramente ogni dettaglio del paesaggio assorta nei miei pensieri, il tempo per me si era come ghiacciato, e uno strato di vetro mi divideva dalle persone all'esterno, dove il mondo scorreva normalmente: una donna sgridava il figlio in lacrime, per aver fatto cadere il gelato, per poi abbracciarlo un attimo dopo; nella casa di fronte un giovane ragazzo usciva in tutta fretta dalla porta di casa saltando in una fiammante auto e sgommando a tutto gas sul vialetto, mentre due passeri si inseguivano senza sosta nascosti fra le fronde dell'albero all'angolo.
Era in quei momenti in cui tutto quello che mi circondava era immerso nell silenzio della mia solitudine, che la mia testa cominciava a sbriciolare un pensiero dietro l'altro senza mai fermarsi finche nn fosse stata soddisfatta. Quasi ogni sera perdevo abbondanti manciate di minuti utili al sonno, mentre il mio cervello si sbizarriva a creare un pensiero dopo l'altro, su temi che spaziavano dai film ai libri, dalla morte alla vita. Il tormento piú grande era riuscire a far tacere tutta la gran confusione che si affollava nella mia testa, per chiudere gli occhi e spegnere il sistema. Le poche volte che cedevo al sonno senza inutili congetture sprofondavo in un buco nero senza sogni fino alla mattina successiva, dove però ricominciavo con le mie riflessioni.
Tuttavia anche se ora nn mi trovavo a letto, ma bensi seduta alla scrivania che dava alla finestra, sembrava che la situazione fosse la stessa, certo, con l'unica eccezzione che ogni mio pensiero si concetrava a due persone soltanto, che per motivi differenti mi avevano stravolto la giornata.
Ero sul punto di ropere in due la matita con cui picchiavo nervosamente il quaderno, quella situazione mi innervosiva, una specie di limbo carico di promesse e aspettative.
Nn ero sicura di che ropporto avvessi attualmente con Enrico, dopo il bacio che ci eravamo scambiati e la successiva tregua che ne era scaturita. Nn sapevo cosa aspettarmi, speravo solo di nn essere caduta in un tranello, altrimenti presto o tardi avrei avuto una delusione cocente. Se la faccenda"Enrico" poteva considerarsi momentaneamente archiviata nn sapevo ancora come affrontare l'argomento
Margherita, daltronde nn l'avevo sentita per tutto il giorno e il suo silenzio nn avrebbe dovuto farmi tutto quell'effetto, era solo una questione di rispetto, di maleducazione mi dicevo, volevo semplicemente sentirmi riconosciute la fatica e la gentilezza che le avevo riservato la sera prima. Con un tonfo picchiai la matita sulla scrivania e la lanciai lontano nella stanza facendola atterrare sul parquet con un rumore sordo e mi alzai piú infastidita di quando mi ero seduta per provare a studiare. La verifica mi andrà sicuramente malissimo domani pensai. Contro ogni pensiero mi avvicinai al portagioie e ne estrassi il ciondolino del sole e della luna stringendolo con forza nel palmo della mano, come se potesse formirmi una qualche risposta. Se nn fosse venuta a prenderselo entro fine settimana lo avrei tenuto per me pensai pigramete tracciando con l'indice la piccola S incisa sel retro, chissa cosa rappresentava per lei.
Nn mi andava di fare niente se nn oziare tutto il pomeriggio, sicuramente nn studiare, ma l'idea di pensare ancora una volta al "magnifico duetto" mi faceva impazzire. Dovevo trovare qualcosa per distrarmi e fortunatamente conoscevo un metodo a prova di bomba.
In due minuti mi ero già messa la borsa della Nikon sulla spalla, e le cuffiette avevano già trovato i familiari solchi in cui le alloggiavo nelle orecchie, stavolta cantando ad un ritmo allegro e divertente, nel tentativo di cambiare il mio umore. Dopo quattro minuti sentivo il vento scompigliarmi i capelli, con le ruote della bicicletta che divoravano l'asfalto con un ritmo veloce dettato dalle mie gambe senza una metà precisa. Le vie che avevo imparato a conoscere che si allontanavano sempre di piú in un sussegursi di alberi, condomini e case indistinte.
Si sentiva nell'aria già il profumo del cibo che di li a poco sarebbe stato preparato per la cena.
Un'ora dopo o forse due continuavo ancora apedalare, insinuandomi in strette viuzzole, di tanto in tanto mi fermavo per scattarre qualche foto ad angoli particolarmente pittoreschi e in una delle ultime tappe avevo trovato una bambina dolcissima, che attratta dalla mia macchina fotografica, si era avvicinta e allegramente si era fatta fare qualche scatto con facce buffe e qualche sorriso sdentato. La mamma era arrivata pochi minuti dopo scusandosi per l'invadenza della figlia e l'aveva presa per mano e portata via, lasciandomi sola ad ammirare gli scatti particolarmente espressivi che Carlotta, cosí si chiamava, mi aveva lasciato. Doveva essera una bambina davvero pestifera anche se lo nascondeva bene dietro quegli occhioni azzurri grandissimi, mi ricordava me da piccola, durante le passeggiate con la mamma. Nonostante tutto ero piú felice di quando ero partita e con un sorriso, finalmente, montai nuovamente in sella, stavolta nn piú per allontanarmi da casa mia ma per tornarci, magari prima dell'arrivo di papà.
La città era immersa in una semioscurità rischiarata solo da qualche sporadico lampione che cominciava ad accendersi vista la tarda ora e io pedalavo come una furia, lasciandomi dietro una scia di capelli rossi, come una stella cometa.
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